Un regalo più grande non potevi farmi, uno zampillo d’acqua fresca dopo giorni e giorni in un deserto che sai bene quanto arido. Sarò all’altezza di questo dono, lo prometto a me stessa.
Etty Hillesum

Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!
Caterina da Siena

martedì 31 dicembre 2019

I BENEVOLI PROPOSITI DI DIO FATTI CARNE

NATALE - 31 DICEMBRE


Dio ha mostrato misericordia perdonandoci i nostri peccati. Ma non solo il perdono è misericordia di Dio. L'intera opera di Dio è misericordiosa. La creazione stessa fluisce dall'amore generoso e dalla misericordia di Dio. È già un'opera di misericordia il fatto che Dio abbia pietà di ciò che non era, al fine di portarlo ad essere. La creazione stessa è partecipazione all’esistenza propria di Dio, alla vita, alla saggezza e all'amore di Dio. Dio non aveva bisogno di crearci e l’averlo fatto è un dono generoso. La creazione avviene attraverso i benevoli propositi di Dio.

Sono questi benevoli propositi di Dio che disegnano questo mondo e guidano la sua storia. Quegli stessi benevoli propositi ci chiamano a vivere con Dio e a condividere una felicità oltre i nostri sogni. Quei benevoli propositi hanno condiviso con il popolo di Israele i doni della saggezza e della legge di Dio. I suoi benevoli propositi sono giunti al culmine a Natale con la nascita di Gesù - la Parola, e la sapienza, e la legge, di Dio. Gesù di Nazareth è il benevolo proposito di Dio in persona.

Misericordia significa dono o grazia, qualcosa che si è ricevuto per pura generosità. La venuta di Gesù riguarda questa generosità: 
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto

e grazia su grazia (Giovanni 1,16). 
La parola latina per misericordia è la stessa, ‘misericordia’, che si riferisce sia alla miseria che al cuore. La misericordia è una compassione che è sincera, e Gesù viene dal cuore di Dio: 
Dio nessuno l'ha mai visto:
proprio il Figlio unigenito,
che è nel seno del Padre,
lui lo ha rivelato (Giovanni 1,18). 

Tutto ciò che sappiamo dell'amore ci dice che l'amore sarà misericordioso. Tutto ciò che sappiamo dell'amore ci dice che l'amore sarà gentile e generoso. Tutto ciò che sappiamo dell'amore conferma che esso è vissuto come immeritato e liberamente dato. Tutto ciò che sappiamo dell'amore ci dice che si tratta di un’unione di cuori.

L'amore e la misericordia rimarrebbero solo un meraviglioso, ma impossibile sogno se non fosse per Gesù Cristo. Ha combattuto contro i nemici dell’amore, dell'egoismo, la disperazione, la malattia, il peccato e la morte. Alla fine non è stato un bello spettacolo, questo bambino nato in semplicità e gioia che è morto in lacrime e sangue sulla croce. Ma era sempre Dio che rivelava in questo modo i suoi benevoli propositi e la vittoria della misericordia divina. È stato il trionfo della grazia e della generosità di Dio su tutta l’avarizia, l'egoismo, l'orgoglio, la crudeltà, l'inganno, e la paura (le armi dell'Anticristo) che possono essere dispiegate contro quella grazia e quella generosità.


Il benevolo proposito di Dio è che il cuore umano - guarito e liberato – sia reso uno con il cuore di Dio. Lo splendore infinito della misericordia di Dio risplende attraverso il cuore spezzato del bambino nato a Natale, quel bambino nel cui cuore Dio e l'essere umano sono per tutti i tempi resi uno nell’amore.

giovedì 26 dicembre 2019

IL VERBO SI FECE CARNE PERCHÈ ANCHE NOI POSSIAMO VIVERE NEL MONDO REALE

26 Dicembre - SANTO STEFANO


In The Stolen Child, una delle prime poesie di W.B.Yeats, troviamo il seguente ritornello:

'Vieni, fanciullo umano!
Vieni all’acque e nella landa
Con una fata, mano nella mano,
Perché nel mondo vi sono più lacrime
Di quanto tu non potrai mai comprendere'.

È una poesia funesta, bella e suggestiva. Parla della seduzione della mistica e dell’attrazione del soprannaturale. Quello angelico, quello filosofico, qualsiasi religione naturale: queste cose sono potenti e attraenti. Da giovane Yeats stesso era molto coinvolto nello spiritualismo esoterico, pseudo-mistico. Il bambino umano rubato dalle fate, sedotto dal loro mondo, vivrà in eterno, ma non sarà una vita umana. Il prezzo che deve pagare è quello di rinunciare a tutte le esperienze propriamente umane del mondo. Egli non godrà più dei piaceri dei sensi nel modo in cui gli esseri umani fanno. Né soffrirà nel modo proprio degli esseri umani. Abbandonando la sofferenza ordinaria, il dolore e la desolazione, alla ricerca di emozioni, distrazione e compagnia, si ritrova invece in un mondo crepuscolare, disincarnato, libero dal legame del tempo e dello spazio, ma vuoto, alla deriva, inutile. Il mondo perde i suoi colori ed i suoi profumi, il suo sapore, sensazioni e suoni.

La commercializzazione del Natale è così volgare ed esplicita che non pone gravi minacce al vero significato della festa cristiana. È chiaro, infatti, che non è quello il suo senso.  Più pericolosa è la ‘sentimentalizzazione’ del Natale, quando lo si trasforma in qualcosa di dolce ed emotivo che può essere scambiato con la realtà. Non è di questo che si tratta, la nascita di un bambino nel buio dell'inverno? Ahh! Sì, a condizione che diciamo molto di più del bambino e dell'oscurità che è venuto a disperdere. La celebrazione del martirio di Santo Stefano sulla scia del Natale ci salva dal troppo sentimentalismo.

L’Infante Cristo è nato in questo mondo reale che vive i propri problemi e le proprie ansie, pianto e lotta, depressioni e delusioni e tradimenti, discorsi di guerra e ostilità, dimenticanza di Dio e dei poveri, culto degli idoli e spaccio di miti. Vieni, fanciullo umano, vieni all'acque e nella landa, con una fata, mano nella mano. C'è troppo pianto, troppa sofferenza, troppo dolore. Non è forse questo ciò che la religione dovrebbe assicurare, conforto nel dolore, consolazione nella sofferenza, sicurezza per chi è nel disagio psicologico? La grande fuga.

Gesù prepara i suoi discepoli per situazioni nelle quali saranno odiati da tutti. Stefano deve affrontare persone infuriate che digrignano i denti. Coloro che cercano di essere fedeli a Gesù e al suo insegnamento saranno consegnati ai tribunali, flagellati nelle sinagoghe, trascinati davanti a governatori e re. Essi saranno portati nei tribunali e rilasciati, respinti e detestati, scherniti e temuti. In tali circostanze, si è tentati di tradurre il tutto in qualcosa di 'spirituale', forse anche di 'mistico'. Non politico, o fisico, o storico. Qualcosa di gradevole, elevato, facendo un passo indietro da tanta roba torbida, invece di esserne immersi e andare al sodo. Le persone criticano la Chiesa accusandola di essere troppo distaccata dal mondo 'reale' e di essere troppo coinvolta nel mondo 'reale'. Deve mettersi più in gioco. Non deve ficcare il naso.

La morte di Stefano, sulla scia del Natale, ci salva dai mondi fatati del sentimentalismo, della falsa spiritualità e dello pseudo-misticismo. Il Principe della Pace è nato in un mondo che è sempre in guerra. La sua presenza sposta i termini di quella guerra su un altro piano perché egli è venuto con una spada, portando il fuoco. Il fuoco è lo Spirito che possiede il bambino umano e che lo conduce, non nel paese delle fate, ma più in profondità nel mondo umano, ancora di più nelle sue complessità e difficoltà, nel fondo del calice bevuto dal Figlio dell'uomo, il luogo di amarezza e lacrime, il luogo dell'amore e della pienezza della vita umana. Perché lo Spirito è Spirito dì verità e quindi di vita, giustizia e dignità.

mercoledì 25 dicembre 2019

BELLEZZA DELLE PAROLE, BELLEZZA DELLA PAROLA DI DIO

NATALE - MESSA del GIORNO

Queste sono tra le più belle letture che si possano scegliere in tutte le Scritture. 'Come sono belli sui monti i piedi di coloro che recano una buona notizia', le sentinelle che annunciano il ritorno del Signore. 'Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio'. 'In principio era il Verbo, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, che era la vita e la luce degli uomini’: l'essere, la vita, la comprensione. E 'anche se la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo'. 'Il Verbo si fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi e noi abbiamo visto la sua gloria'.

Come perle o diamanti preziosi si può permettere allo splendore di queste frasi di illuminare le nostre menti e lentamente nutrire i nostri pensieri. La loro lettura pubblica deve sicuramente toccare anche il nostro cuore. Forse hanno il potere che hanno non solo perché sono testi bellissimi in se stessi, ma per la funzione che hanno nella lunga tradizione centenaria della Chiesa. Mentre li ascoltiamo, sappiamo che anche i nostri antenati hanno ascoltato queste parole, si sono chiesti il loro significato, sono stati incoraggiati e animati da ciò che esse rivelano.

Possiamo sperimentare reazioni simili di fronte alla grande letteratura di ogni genere, un sonetto o soliloquio di Shakespeare, un passo di Dante o Milton, nei tempi moderni una poesia di Seamus Heaney, o alcune pagine di Sebastian Faulks, o la visione di un meraviglioso film ... la letteratura ha questo potere, di evocare sensazioni e identificazioni, di porre a noi le questioni di senso e fine. Tutte le parole di valore, parole che portano la verità, o che sono belle, o parlano di bontà, sono scintille della Parola. Vengono da e puntano verso la Parola increata originale che era con Dio all'inizio e era Dio. Ogni verità, tutta la bellezza, tutta la bontà si manifestano nel pronunciare quella Parola. Tutto l'essere, tutta la vita, tutta la conoscenza e la comprensione, sono stabilite nel proferire quella Parola.

Tutto ciò potrebbe costituire un problema per qualcuno, così meraviglioso come sembra! Se Dio non esiste, per esempio, allora non ci può essere il Verbo increato originale di Dio. I filosofi e gli scrittori ancora oggi stanno sollevando la questione della finalità delle cose, che descrive il livello tipicamente umano della nostra esperienza e il modo in cui il mondo sembra aver bisogno di un destino, un principio di forma e di guida che evoca, forma e disegna progressivamente le cose. La gente parla della spiritualità che c'è nell'arte, nella musica e nella poesia, ciò che evoca e tira fuori in loro, il senso di qualcosa di misterioso al cuore della nostra esperienza.

Alcuni potrebbero avere problemi in un altro senso: cosa può significare che 'il Verbo si fece carne', questa identificazione del Verbo increato originale con un essere umano, Gesù di Nazareth, Gesù chiamato il Cristo? Quel nome che compare nel grande prologo del vangelo di Giovanni dovrebbe scuoterci e disturbarci. Sappiamo che sta arrivando: Giovanni ci prepara a lui parlando del suo omonimo, Giovanni il Battista, che testimonia la luce che è venuta dopo di lui. In un certo senso, quindi, non siamo sorpresi quando la dimora di Dio con noi si identifica con Gesù Cristo. In un altro senso, come può la pienezza della divinità essere trovata, essere contenuta in un solo individuo umano?

Questa è la domanda che Gesù pone più avanti ai suoi discepoli: chi dite che io sia? La grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo, Giovanni ci dice. 'Grazia e verità' è l'amore saldo e fedele così ben attestato, nell'Antico Testamento, come il carattere del Signore, il Dio d'Israele. Abbiamo percorso una lunga strada dal momento in cui il Signore è stato inteso come un Dio tribale in lotta per il suo popolo eletto, che caccia via gli altri popoli e i loro dei. Abbiamo percorso una lunga strada anche dall'universalismo del profeta Isaia, che prevedeva l'arrivo di tutti i popoli in Sion per adorare il Dio di Israele. Abbiamo qui un compimento delle profezie di Ezechiele, secondo le quali Dio sarebbe venuto lui stesso per pascere il suo popolo, per cercarlo, per guarirlo, per prendersi cura di loro e riconquistarli con la sua tenerezza e il suo amore. 'La grazia e la verità', in altre parole la natura divina, sono venute nel mondo per mezzo di Gesù Cristo.

La nostra fede, allora, non è solo una spiritualità. La nostra è una religione fisica, ci chiede di credere in eventi e persone in carne ed ossa, che vivono e agiscono nel nostro spazio e nel nostro tempo. In un certo senso, la spiritualità è facile. Paradossalmente, è a portata di mano. Siamo in grado di passare facilmente dal sentimento all'emozione, al sentimento profondo e alla compassione, a un senso di qualcosa di misterioso che si apre attraverso ciò: è ciò che la musica, la poesia e la grande arte fanno in noi.

Più difficile da credere è la presenza del Dio creatore nell'impotenza di un bambino appena nato. Non solo nel senso che ogni neonato è, come giustamente crediamo, un dono di Dio. Ma la convinzione che in questo particolare neonato, figlio di Maria e come si suppone anche di Giuseppe, il Verbo increato originale, immutabile con il Padre nell'eternità, diventa uno di noi.

Una rapida riflessione ci assicura che questa è l'unica cosa che vale la pena di credere. Tutte le altre interpretazioni delle letture, come quelle che sentiamo oggi - più razionaliste, più intellettuali, più spirituali, le interpretazioni più letterarie - tutte queste ci lasciano esattamente dove eravamo prima. Con sentimenti ammirevoli e domande, sì. Ma la convinzione che in Gesù Cristo Dio diventa visibile, che il mistero al cuore della realtà si è rivelato in forma umana: questo è qualcosa che vale la pena di credere e ha implicazioni immediate per il modo in cui valutiamo noi stessi, la nostra carne, la nostra animalità, il nostro corpo, la nostra dignità di ciò che siamo. Egli non è un visitatore angelico da un altro piano così come non ci sono visitatori angelici intrappolati in corpi animali. Egli è un essere umano come noi, in realtà più umano di noi.

Ecco una poesia che lo esprime bene. È di Edwin Muir. Può essere letta come una bella descrizione dell’esperienza di incontrare un'altra persona e innamorarsi. Ma cerchiamo di interpretarla oggi, il giorno di Natale, nel registro delle letture della Scrittura che abbiamo appena ascoltato. Ascoltiamo questa poesia come se parlasse di Gesù Cristo, della nostra esperienza di incontro con Lui, del fatto che Egli è la Parola o Sapienza di Dio per mezzo della quale tutte le cose sono state create:

Sì, il tuo, amore mio, è il vero volto umano.
Lo avevo atteso a lungo nel mio animo,
Vedendo il falso e cercando il vero,
Poi ho trovato te come d’improvviso un viaggiatore
Trova un luogo accogliente in mezzo a sperdute
Valli e rocce e strade contorte. Ma te,
Come ti chiamerò? Una sorgente nel deserto,
Una fonte d’acqua in un paese arido,
O qualunque cosa onesta e buona, un occhio
Che rende tutto il mondo luminoso. Il tuo cuore aperto,
Semplice nel dare, dà l’atto primigenio,
Il primo mondo buono, il fiore, il seme alato,
Il focolare, la terra ferma, il mare errante;
Non belli né rari in ogni loro parte,
Ma simili a te, com’erano creati ad essere.

GESU - MESSIA, PRINCIPE DELLA PACE, SAGGEZZA DIVINA

NATALE - Messa di mezzanotte

I Vangeli, in particolare Luca, collocano la nascita di Gesù nel contesto più ampio di quello che stava accadendo nel mondo in quel momento. Ci viene detto che questi eventi sono accaduti nei giorni di Erode, re della Giudea (Luca 1,5). Questi era Erode il Grande che, quaranta anni prima della nascita di Gesù, era stato dichiarato Re dei Giudei dal Senato romano. Un uomo paranoico e spietato, rinomato per i suoi progetti di costruzione, in particolare il restauro del Tempio di Gerusalemme.

In relazione a ciò che stava accadendo a Roma, Luca ci dice che Gesù è nato mentre era imperatore Augusto (Luca 2,1). È stato descritto come il principe della pace, perché sotto di lui la guerra cessò e sopraggiunse ovunque la pax romana chiamata anche pax Augusta. Fu Cesare Augusto ad instaurare questa pace, e così venne chiamato il salvatore del mondo.

Questo è il contesto del giudaismo e di Roma. Potremmo essere tentati di chiedere che cosa stesse accadendo in altri luoghi significativi in tutto il mondo, al momento della nascita di Gesù. Che dire di Atene e la filosofia, per esempio? Sembra una domanda interessante per noi, che potremmo essere interessati alla filosofia, alla scienza e alla sapienza. I Vangeli non ci dicono chi fosse il successore di Platone nell'Accademia di Atene al momento della nascita di Gesù. È probabile che in realtà non ci fosse alcun successore, essendo stata distrutta l'Accademia da un generale romano circa ottant'anni prima della nascita di Gesù.

Ma seguendo l’esempio di Luca in relazione alla Palestina e a Roma, sembra una cosa legittima per noi almeno speculare sulla sapienza, la conoscenza e la filosofia e chiederci come la nascita di Gesù sia correlata a queste cose e come esse andassero nel mondo. Ci sono alcuni suggerimenti circa la sapienza nel brano evangelico che è stato appena cantato (Luca 2,1-14). Sono nascosti in quella semplice dichiarazione degli angeli ai pastori, il segno che essi danno ai pastori, ‘troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia (1,12).

C'è solo un altro luogo nella Bibbia in cui sono menzionate fasce. Si trova nel libro della Sapienza: è un testo attribuito a Salomone, ma in realtà scritto ad Alessandria circa un secolo e mezzo prima della nascita di Gesù. Il passaggio in cui sono menzionate le fasce non è poi così importante: l'autore sta parlando di re e di come essi siano soggetti alle esperienze ordinarie di nascita, invecchiamento e morte. Un re neonato è posto in fasce e ha bisogno di essere curato esattamente allo stesso modo di qualsiasi altro neonato umano (Sapienza 7,4). Quindi non c’è molto su filosofia o saggezza, ma questo passaggio stabilisce almeno un tenue legame per noi. 

Questo legame si rafforza nel riferimento alla mangiatoia. Che era una greppia, un luogo dove gli animali potevano trovare cibo. Nel vangelo di Luca c'è un chiaro legame tra la mangiatoia di Betlemme e l'ultima cena. Betlemme è la casa del pane. La locanda che non aveva spazio per la Sacra Famiglia (Luca 2,7) è chiamata con lo stesso termine che viene utilizzato per la stanza o pensione dove Gesù istruisce i suoi discepoli per la preparazione della Pasqua (Luca 22,11). L'ultima cena diventa allora la nostra Eucaristia, nella quale riceviamo Gesù come il pane della vita e il pane vivo. Tutti questi legami molto forti con la sapienza, con i modi con cui l'Antico Testamento parla della Signora Sapienza, che passa per le strade, invita la gente a trovare riparo e sostentamento con lei, a venire al suo banchetto di vino e mangiare il suo pane. Quel pane è la conoscenza, la comprensione e la sapienza che ella ha da offrire, una guida per la vita umana, un vero insegnamento, e così via. Nel bambino che nasce vediamo l'adempimento di tali promesse perché lui è la sapienza di Dio, ci alimenta con la Parola di Dio e ci nutre con il suo Corpo e Sangue.

Vi è un altro legame tra Betlemme e la filosofia: si può dire che la filosofia occidentale è cominciata in una grotta e che anche la storia cristiana è iniziata in una grotta (o in una stalla: in ogni caso, il rifugio in cui è nato Gesù). A tutti coloro che studiano filosofia è stato riferito molto presto della caverna di Platone, la sua allegoria sulla gente seduta incatenata che guarda le immagini e le ombre su una parete, pensando che sia la realtà; poi in qualche modo uno di loro si libera, si volta, trova lungo la caverna la propria via del ritorno verso la luce e nel mondo. Tutto ciò riguarda la realtà e la verità e la ricerca della filosofia per trovare la verità e vivere nella luce.

Con la nascita di Gesù, possiamo dire che anche la filosofia cristiana inizia in un “grotta”, a Betlemme. Ci sono due contrasti sorprendenti, tuttavia, tra la caverna di Platone e il luogo della nascita di Gesù. Uno è che nella storia di Platone il sole è fuori e colui che cerca la saggezza e la verità deve allontanarsi dal punto in cui si trova e andare alla ricerca di quella luce al di là o dietro la sua esperienza immediata. Con la nascita di Cristo, invece, il Sole di giustizia si trova all'interno, nella grotta. Il Verbo è nato per noi nel mezzo della nostra oscurità, nel luogo della nostra confusione, incertezza e irrealtà. La sapienza è venuta a noi per illuminare le nostre tenebre e ci conduce alla verità.

L'altro contrasto tra la storia di Platone e l'evento Cristiano è che l'energia che muove il filosofo di Platone alla ricerca della verità è, come dice Platone altrove, l’eros, un essere sedotti dalla bellezza che ci stimola, ci attrae e ci conduce. Per l'Ebraismo e il Cristianesimo è l’eros di Dio che origina le cose, prende l'iniziativa ed è la forza motrice della rivelazione e della salvezza. Questa può sembrare una cosa rischiosa da dire, parlare di eros di Dio, ma vi è abbondanza di supporto su ciò nelle letture bibliche che ascoltiamo in questi giorni. La vigilia di Natale abbiamo sentito Zaccaria, il padre di Giovanni Battista, proclamare che è la “tenera misericordia” del nostro Dio che ha portato a questi eventi (Luca 1,78). E, nella seconda lettura della Messa dell’Alba del giorno di Natale, Isaia ci ri-assicura che siamo un popolo “ricercato, una città non abbandonata” (Isaia 62,12).

L'eros in noi di cui Platone parla è pur sempre al lavoro, il nostro desiderio di conoscenza, comprensione e verità, ma la sua destinazione finale non è chiara. Come cristiani noi crediamo che il nostro desiderio è soddisfatto dall’eros di Dio, l’amore di Dio per l'umanità che non solo è venuto incontro al nostro desiderio, ma, in primo luogo, lo ha anche creato e lo sostiene.

La parte finale del segno dato dagli angeli ai pastori è che troveranno un bambino. Che questo bambino sia il nostro Creatore è la meraviglia del Natale spesso sottolineato dai predicatori e dagli insegnanti. Ha anche questo significato: che il Creatore è entrato nel nostro modo di crescere nella conoscenza, nella comprensione e nella sapienza. Egli non è solo un visitatore, un tipo di essere ultraterreno che decide di trascorrere un po' di tempo con noi e poi torna al luogo cui propriamente appartiene. No, il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Dio si è fatto uomo, assumendo la nostra natura, entrando nella nostra situazione, e sperimentando ciò che una generazione precedente di filosofi avrebbe denominato come la “condizione umana”. È entrato nel nostro modo di crescere nella conoscenza, nella comprensione e nella sapienza, ed è cresciuto nella nostra carne. Luca poi ci dice questo: che il bambino è cresciuto in forza, sapienza e grazia (Luca 2,40.52). Lo ha fatto in modo che possiamo entrare nel suo modo di conoscere, capire ed essere saggi. Egli è venuto per stabilire questa comunione con noi, condividendo il nostro modo di crescere in sapienza e grazia e così ci introduce alla sua sapienza e grazia. Il nostro amore per la sapienza, la nostra filosofia, trova in lui il suo termine, è la meta del nostro desiderio di verità, e lui è la conoscenza che cerchiamo. 

Così come sappiamo che non è Erode, ma Gesù di Nazareth, che è davvero il re dei Giudei, restauratore del Tempio e Messia di Israele, e proprio come sappiamo che non è Cesare Augusto, ma Gesù Cristo che è veramente il salvatore del mondo e il principe della pace, quindi sappiamo che la conoscenza, la comprensione e la verità si trovano, in ultima analisi, solo in Colui che è la sapienza e la via per la sapienza, la sapienza che viene da Dio a ordinare tutte le cose con dolcezza, che viene a insegnarci la via della prudenza.