Un regalo più grande non potevi farmi, uno zampillo d’acqua fresca dopo giorni e giorni in un deserto che sai bene quanto arido. Sarò all’altezza di questo dono, lo prometto a me stessa.
Etty Hillesum

Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!
Caterina da Siena

domenica 26 gennaio 2020

L'AMORE CREA PIÙ GRANDE INDIVIDUALITÀ, PIÙ GRANDE UNITÀ

III Settimana - Domenica (Anno A)


C'è stato un gran parlare negli ultimi anni circa la clonazione, la divisione degli individui animali (o anche esseri umani) in modo che il ragazzo accanto a me potrebbe essere un’esatta copia genetica di me stesso. Uno scienziato americano ha commentato che, se lui o i suoi colleghi riusciranno a clonare esseri umani, eserciteranno un potere equivalente a quello di Dio.

Ma il punto, e la meraviglia, del potere creativo di Dio è che, lungi dal fare cloni, Dio crea individui unici. Ci sono miliardi di esseri umani, ma non ci sono due facce che siano esattamente uguali. Non ci sono due serie di impronte digitali, non esistono due codici di DNA esattamente uguali. Certamente non ci sono due esperienze di vita e di amore che siano esattamente uguali. La creazione è per la varietà, il carattere distintivo, l’unicità e l’individualità, non per l’identità, l'uniformità, la ripetizione e la monotonia. Quando Dio crea te o me, butta via lo stampo. Non vi è alcun altro essere che gode quell'esistenza che è il dono unico di Dio per me.

Circa quarant'anni fa Teilhard de Chardin, gesuita francese, ha sviluppato una (un po' eccentrica) visione della creazione secondo la quale essa si evolve verso un adempimento che egli ha chiamato 'Punto Omega ', un momento o il livello di realtà in cui l'intero universo sarà assunto in Cristo. Per Teilhard, come per i Padri della Chiesa, l'umanità conduce tutta la creazione verso Dio. L’evoluzione fisica è seguita da un progresso morale e spirituale che implica una maggiore individualità e una maggiore unità.

A prima vista, ciò può sembrare strano. Forse che una maggiore individualità significa maggiore disunione dal momento che più ognuno di noi diventa se stesso e più siamo diversi da tutti gli altri? E una maggiore unità deve comportare il sacrificio dell'individualità dal momento che siamo d'accordo di lasciare andare alcuni dei nostri caratteri distintivi per il bene dell’unità? Non è così, dice Teilhard, perché il potere da cui la creazione si evolve continuamente è il potere dell'amore. Che cosa fa l'amore? Tiene insieme ciò che è uguale? Presenta i cloni, gli uni agli altri (in modo che ben note canzoni diventano 'la prima volta che ho visto il mio volto’ e ‘qualche sera incantata, puoi vedere te stesso, in una stanza affollata')? Anzi. La forza dell'amore tiene insieme e unisce le cose che sono diverse.

Teilhard è su un terreno solido qui, basandosi su quello che dice il Nuovo Testamento circa l’opera dello Spirito d'amore di Dio. In 1 Corinzi 12, San Paolo parla di una varietà di doni all'interno del popolo di Dio, ma un solo Spirito. Dice che ci sono tutti i tipi di servizio che si possano fare, ma sempre allo stesso Signore. Lavorare in tutti i tipi di modalità differenti in persone diverse, è lo stesso Dio che opera in tutti loro. Per San Paolo l’amore stabilisce le cose nella loro individualità unica persino mentre le unisce più fortemente a tutto ciò che è diverso. Nel testo suddetto, egli continua a parlare del corpo umano, un simbolo dell'unità di Cristo, un corpo composto da diverse parti e funzioni, ma animato e tenuto insieme in unità da un solo Spirito.

“Che tutti siano uno” è una preghiera centrale cristiana, ma questo sicuramente non può significare una sorta di collasso o di riduzione della varietà, unicità e individualità in una identità monotona. Siamo nel bel mezzo della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. Non è ancora chiaro che tipo di unità istituzionale possa essere possibile tra i seguaci di Cristo, che sono attualmente divisi gli uni dagli altri. Certamente non comporterà una sorta di 'clonazione religiosa' in modo che i diversi approcci alla preghiera e al culto, i diversi stili e le accentuazioni teologiche, spiritualità diverse e tradizioni della vita religiosa - non può significare che tutto questo finirà in un solo modo di fare cose.

Allo stesso tempo, ci deve essere qualche accordo fondamentale tra individui e gruppi, se si vuole essere in pace l’uno con l'altro. La spinta verso un maggiore rispetto e una più profonda comprensione di altre confessioni cristiane deve continuare a tutta forza. Un compito centrale del tempo in cui viviamo è quello di promuovere una maggiore comprensione tra le grandi religioni del mondo e un dialogo continuo con tutti coloro che 'cercano Dio con cuore sincero' (Preghiera Eucaristica IV).

Qualsiasi unità di cui possiamo godere risiede in primo luogo in Dio, fonte di ogni vita e amore. Ci è permesso, e siamo resi capaci, di condividere l'unità che è di Dio, di averne qualche assaggio nelle nostre esperienze di amore. Anche in Dio l'unità non significa uniformità noiosa e monotona identità perché dentro l'unità assoluta di Dio ci sono tre Persone, il Padre e il Figlio e lo Spirito d'amore che è il loro legame di unità. E all'interno della nostra esperienza è la realtà del matrimonio, che è un luogo privilegiato di amore e di unità in cui due che sono piacevolmente diversi, l'uomo e la donna, diventano uno pur rimanendo sempre se stessi.

domenica 19 gennaio 2020

LO CONOSCI?

II SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

DOMENICA (ANNO A)

'Io non lo conoscevo', dice Giovanni Battista nel Vangelo di oggi. Lo dice due volte e tuttavia indica Gesù anche come l'Agnello di Dio. Nel racconto di Matteo del battesimo di Gesù, che abbiamo letto la scorsa settimana, Giovanni lo riconosce molto bene. Quindi, come possiamo interpretare queste due dichiarazioni, 'Io non lo conoscevo'?

Devono significare qualcosa del tipo: 'Avevo bisogno che lui fosse indicato prima a me in modo che io potessi indicarlo a voi'. Oppure: 'Non conoscevo il pieno significato e il senso della sua venuta'.

Uno può avere la conoscenza di Gesù Cristo, sa molte cose di lui, e questa conoscenza può essere vasta e corretta. Una persona potrebbe sapere molto sui titoli biblici che sono dati a Gesù: Cristo, Agnello di Dio, Servo del Signore, Eletto di Dio, Luce delle Nazioni. È relativamente facile raccogliere questa conoscenza e capire come questi titoli sono utilizzati in tutta la Bibbia, come sono stati sviluppati dai cristiani, come potrebbero essere stati usati da Gesù stesso.

Forse Giovanni vuole dire 'non sapevo come avrebbe realizzato e compiuto e sviluppato il significato e il contenuto delle profezie e dei titoli antichi’. È solo da ciò che sappiamo già che siamo in grado di passare alla conoscenza di qualcosa di nuovo. Quindi, anche con la conoscenza di questi titoli biblici, non c'è nulla al di fuori dello Spirito di Gesù che possa consentire ad una persona di trarne la vicenda di Gesù, il suo lavoro, la sua identità.

Potremmo anche affermare di sapere più di Giovanni Battista, poiché sappiamo ciò che Gesù stesso ha rivelato e ciò che la Chiesa in seguito è arrivata a credere di Lui.

'Io non lo conoscevo' è una possibile traduzione. E poi sembra voler dire 'non l'ho conosciuto da me stesso', o 'io non lo conoscevo fuori di me stesso'. Giovanni aveva bisogno di una particolare assistenza dello Spirito Santo per riconoscere Gesù. E possiamo mettere sulle sue labbra anche queste parole: 'Non conoscevo la piena realtà del Suo mistero divino perché sarebbe come pretendere di conoscere Dio'. Qualunque conoscenza di Dio possiamo attribuirci, essa si ha soltanto attraverso segni, testimoni e l'insegnamento interiore dello Spirito Santo. In quale altro modo potremmo arrivare a 'vedere' non solo l'essere umano indicato da Giovanni, Gesù di Nazareth, ma chi Egli sia?

Ciò nondimeno, Giovanni lo ha indicato. L'imputato in un'aula di tribunale è quello indicato da testimoni, per essere sicuri della sua identità. È una particolare persona che viene indicata. C'è un famoso ‘dito puntato’ da parte di Gesù nella Vocazione di San Matteo del Caravaggio. Giovanni, senza sapere molte cose di Gesù, è stato tuttavia colui che lo ha riconosciuto, lo ha presentato alla società, potremmo dire. 

'Io non lo conoscevo'. Io non conoscevo, quindi, la sua importanza per la mia vita e per la vita del mondo. Conoscere di più non mi porterà mai a questa consapevolezza. Si tratta di un altro tipo di sapere che cerchiamo, un altro tipo di illuminazione, e cioè quella conoscenza che noi chiamiamo ‘fede’. Tutti coloro che credono possono confermare quello che dice il Battista: 'Io non lo conoscevo da me stesso'. Un particolare tipo di aiuto è necessario se vogliamo credere. È con altri occhi che vediamo Colui sul quale lo Spirito rimane e da cui lo Spirito viene elargito. Ma l’arrivare a credere, come avviene per tutti i modi di conoscere, esige insegnanti, segni e l’insegnamento interiore di Dio, di Colui che è la fonte della nostra capacità di apprezzare la verità. Tutti coloro che credono in Lui diventano figli di Dio, cioè testimoni nella potenza dello Spirito che illumina, chiarisce e porta alla luce: lo Spirito di verità.

lunedì 6 gennaio 2020

LUCE PER ILLUMINARE LE GENTI

EPIFANIA - 6 GENNAIO

Letture: Isaia 60,1-6; Salmo 71; Efesini 2,2-3a, 5-6; Matteo 2,1-12 

Dopo che si sono incontrati pubblicamente con i sommi sacerdoti e gli scribi, anche Erode è ansioso di incontrare i saggi ma 'in segreto'. È il modo con cui si tende a fare la politica, attraverso accordi segreti e incontri al di fuori delle assemblee. Ma la festa di oggi è circa l'opposto della segretezza. Il mistero nascosto in Dio dall'eternità è fatto conoscere al mondo nella nascita di Gesù. È un mistero di luce, una rivelazione e un’illuminazione. Come tutti i politici, Erode è ansioso di controllare gli eventi e sta già elaborando la sua strategia. Ma un'altra mano sta guidando questi eventi, un'altra mente si sta rivelando nel modo in cui si svolgono e un potere diverso è al lavoro qui per uno scopo al di là di qualsiasi cosa Erode possa immaginare. Il piano di Dio - perché è la mano e la mente e la potenza di Dio che si stanno rivelando - non sarà vanificato da Erode.

C’era sempre stato un filone universalista nel pensiero ebraico. Lo troviamo nei profeti, che riportano frequentemente alla memoria il fatto che la scelta di Israele, e il suo ristabilimento dopo l'esilio, non sono solo per Israele, ma sono, attraverso di lei, per tutte le nazioni. Quindi la prima lettura fornisce già gran parte delle immagini e del significato della festa di oggi: viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Nel buio della notte di questo mondo le nazioni vedono e sono guidate dalla luce che è sorta su Israele. Questo universalismo è lì fin dall'inizio, nella chiamata originale di Abramo. A lui viene promessa una terra e un popolo in modo che tutte le nazioni della terra possano essere benedette per mezzo di lui.

Con la nascita di Gesù, il mistero dell'amore di Dio per l'umanità si rivela definitivamente e in modo univoco. In questo mistero, le genti, rappresentate dai tre pagani che offrono i loro doni alla Sacra Famiglia, sono coeredi con il popolo eletto, membri dello stesso corpo e partecipi della stessa promessa. Dopo la loro migliore comprensione di come la verità vada cercata, trovano la strada verso Betlemme. Tutti coloro che cercano la verità con cuore sincero troveranno, prima o poi, la strada verso Betlemme. Il rumoroso mondo umano si raccoglie ai piedi di questo bambino, non solo il mondo ebraico di Maria, di Giuseppe, dei pastori, ma il mondo Gentile di Madian, Efa e Sheba. La rivelazione e la promessa sono per tutti.

mercoledì 1 gennaio 2020

LA LUCE DEL VOLTO DI DIO: LA SUA GRAZIA, LA NOSTRA VITA

1 GENNAIO - MARIA MADRE DI DIO


Tra le molte frasi strane nella nuova traduzione in inglese della Messa ce n’è una che sentiamo molto spesso perché si trova nella seconda preghiera eucaristica. Pregando per i morti ora diciamo 'accoglili nella luce del tuo volto'. Non è un modo familiare di parlare e tuttavia ha radici profonde nei modelli biblici di pensiero e di parola.

Lo vediamo, per esempio, nella famosa benedizione del Libro dei Numeri che viene letta oggi, il primo giorno del nuovo anno. Lo troviamo anche nel salmo di oggi. Nella Bibbia si parla spesso di grazia o benedizione in questo modo: Dio (o un altro essere umano) gira la propria faccia verso una persona, li guarda, li avvisa, li tiene sott’occhio e, quindi, nella mente e nel cuore. 'Il Signore vi benedica e vi custodisca'. In altre parole ‘il suo volto brilli su di te e ti sia propizio'. La preghiera è che Dio tenga le persone nella mente, si occupi di loro, vegli su di loro.

Uno dei termini ebraici per la grazia, chen, ha origine in questa comune esperienza di essere notato da un altro, essere visti o, come viene spesso tradotta, di trovare grazia agli occhi di un'altra persona. La grande benedizione di Numeri 6 conclude: 'Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace'. Il salmo 66 prega che Dio abbia pietà e ci benedica, che il suo volto splenda su di noi. La preghiera che ora usiamo nella Messa viene da questa tradizione biblica: possano i morti essere accolti nella luce del volto di Dio; possano essere ricordati da Dio, possano essere notevolmente benedetti da Lui.

La più grande benedizione è quella di vedere il volto di Dio. Noi la chiamiamo visione beatifica, l'esperienza in cui si trova la perfezione della realizzazione umana e la felicità. È fuorviante pensare semplicemente in termini di vista fisica, ovviamente: si tratta più della conoscenza e della comprensione, di essere presenti insieme condividendo la vita di Dio in una comunione d'amore. Sappiamo dalla Prima Lettera di San Giovanni, letta anche in questi giorni di feste natalizie, che vedere Dio significa diventare come lui, ‘perché lo vedremo così come egli è veramente'. Dall’essere visti da Dio (e quindi portati all’esistenza, alla vita, alla vita della grazia) siamo condotti al vedere Dio, per voltarci verso di lui, e la nostra felicità più profonda consiste in questo. Gli amanti si rallegrano nel guardarsi l'un l'altro, nell’ammirarsi reciprocamente, di deliziarsi alla vista l’uno dell’altro. Si prendono cura dell’altro, si tengono reciprocamente in vista e così nella mente e nel cuore. E spesso anche diventano come l'altro, assumendo le maniere, gli interessi e le preoccupazioni che vedono in colui che hanno imparato ad amare.

Questo modo di pensare è presente anche nella conversazione dell'angelo con Maria nell'Annunciazione. 'Hai trovato grazia presso Dio', le dice. Dio si è voltato verso Maria. L'ha ricordata e notata. La luce del volto di Dio splende su di lei mentre l'angelo pronuncia il suo messaggio e lei risponde con fede, fiducia e amore. Attraverso questo sguardo reciproco, di Dio che vede Maria nel messaggio dell'angelo e di Maria che vede Dio nella sua risposta, fluisce la grazia e la benedizione che appartengono a lei come Madre di Dio e la Prima Discepola. Quello sguardo reciproco stabilisce le grazie particolari che appartengono a Maria come figlia individuale di Dio con il suo ruolo particolare nella storia del rapporto di Dio con il popolo. Perché ciò che accade per mezzo di Maria è unico e irripetibile. Esso porta il tempo alla sua pienezza e nello stesso momento dà inizio al nuovo tempo. Maria è vergine e madre e in questo paradosso troviamo anche il paradosso del l'inizio e della fine dei tempi.

Paolo, scrivendo ai Galati, descrive questo momento di maternità di Maria come la pienezza dei tempi, quando il Figlio è nato da una donna, nato sotto la legge. La sua gravidanza è giunta al compimento, è pronta a farlo nascere. Il suo tempo di partorire è venuto e così anche è giunto il tempo di Dio, il tempo stabilito per l'invio di Gesù, colui che doveva salvare il popolo dai suoi peccati. La sua concezione e nascita significa la fine della aspettativa, il compimento delle promesse dell'Antico Testamento, una nuova ed eterna alleanza.

È anche il momento della verginità di Maria, che significa il tempo di una nuova creazione, quando Dio agisce nel mondo senza fargli violenza, senza intrusione su di esso o senza interferire con esso. La grazia non distrugge la natura, ma la porta alla sua perfezione. Lo sguardo di Dio non distrugge Maria, ma la porta a perfezione, una perfezione soprannaturale, come prima discepola del Regno che viene. Quindi è tempo verginale, tempo di primavera, fresco e libero e pieno di vita nuova. Esso porta la promessa di nuova nascita per tutti e di un’adozione come figli del Padre. Non più schiavi, ma figli e figlie. Non più debitori, ma eredi. Non più dominati dalla paura ma vivi per lo Spirito del Figlio che ci permette di gridare 'Abbà, Padre'.

Maria ha custodito nel suo cuore tutto ciò si diceva di suo figlio e rifletteva su ciò che è stato rivelato su di lui. Noi continuiamo a fare questo durante questa stagione di Natale mentre contempliamo il neonato nella culla, e contempliamo la Vergine Madre che lo ha partorito. Si tratta di un compimento, sì, di una nascita così a lungo desiderata, di una guarigione così tanto attesa, di una luce cui abbiamo anelato così a lungo. Ma è anche un nuovo inizio, completamente nuovo e inaspettato, un dono del Dio delle sorprese.

Iniziamo il nuovo anno, poi, in compagnia di Maria, crogiolandoci nella luce del volto di Dio, come splendeva su di lei, meditando sul mistero del suo posto nella nostra vita di fede, nella nostra spiritualità. Iniziamo il nuovo anno con lei, pregando che durante le settimane e i mesi a venire possiamo entrare più a fondo, meno esitanti, nella luce che sprizza dal suo Figlio, una luce che non è solo nuova conoscenza e comprensione, ma una nuova vita e un nuovo amore. Nel corso di questo prossimo anno possiamo tutti essere accolti nella luce del volto di Dio, sia che siamo vivi sia che siamo morti quando ci svela il suo volto, è benevolo con noi e ci porta la pace.