Un regalo più grande non potevi farmi, uno zampillo d’acqua fresca dopo giorni e giorni in un deserto che sai bene quanto arido. Sarò all’altezza di questo dono, lo prometto a me stessa.
Etty Hillesum

Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!
Caterina da Siena

lunedì 24 dicembre 2018

UNA RESPONSABILITÀ CONDIVISA FRA DIO E L'UMANITÀ

AVVENTO - 24 DICEMBRE



Nell’ascoltare il Messia di Handel, i bambini possono fare, talvolta, domande che concentrano l’attenzione su qualche espressione divertente del grande Oratorio di Natale. 'Noi tutti come pecore', per esempio, inizia una parte riguardante tutti gli esseri umani che si smarriscono, proprio come pecore, ma ciò provoca su un bambino la comprensibile domanda: 'Perché agiscono tutti come pecore'? E ‘cosa sta facendo il governo alle sue spalle’ è un'altra domanda ragionevole posta da un altro bambino, ascoltando attentamente le parole.

In una comunità in cui vivevo, la vigilia di Natale c'era un’assoluzione regolare da difetti contro la regola e per penitenze non ottemperate. Le preghiere utilizzate ricordavano al superiore, e a tutti noi, che egli era responsabile anche 'del governo delle anime’ di coloro che erano sotto la sua responsabilità. Le letture della Messa della vigilia di Natale sono circa il governo, il tipo di governo esercitato da Dio per il bene del popolo.

Come tutti noi, forse un po' più del normale, il re Davide è bramoso di autogoverno. Egli ne è bramoso al punto da voler includere Dio tra coloro sui quali esercita la propria responsabilità. Egli costruirà una casa per Dio. Ma, tramite il profeta, Dio fa notare a David che il governo (e quindi la responsabilità, la cura) va nella direzione opposta. In primo luogo, è Dio che ha creato David. È Dio che costruirà una casa per David. Non sarà tanto David a trovare un posto per Dio nel suo mondo (quanto questo aumenterebbe il potere di David!) ma sarà piuttosto Dio a trovare un posto per David nella sua creazione (quanto ciò aumenta la salvezza di David!). Dio crea e governa tutto ciò che ha creato. Ma Dio anche permette agli esseri umani di condividere il suo governo della creazione. Con la nascita di Suo Figlio, egli concede agli esseri umani di condividere in modo nuovo e straordinario il proprio divino governo della creazione. 'Sia fatto di me secondo la tua parola’. Diventiamo partecipi della provvidenza di Dio, non solo destinatari passivi di essa ma fautori del suo progresso nella storia umana.

Le responsabilità del governo hanno sempre lo scopo di garantire la pace, la sicurezza e la prosperità al popolo governato. Queste sono le cose promesse nel Benedictus di Zaccaria, il grande cantico o preghiera con cui il padre del Battista saluta la sua nascita. Viene restituita la parola a lui che era stato reso muto da questa nuova visita del Suo popolo da parte di Dio. Il silenzio della legge antica è portato a termine e Zaccaria, che simboleggia la legge antica, ritrova le parole per accogliere la nascita del Verbo.

La costituzione su cui è stato stabilito il governo di Dio sul suo popolo è il patto che egli ha stipulato con loro. Questo documento di fondazione composto prima con Mosè e poi rinnovato con giudici e profeti, stipulato di nuovo con la casa di Davide, ora, per la misericordia di Dio, sarà ancora una volta ricordato e rinnovato. Ha a che fare, adesso, con la tenera misericordia di Dio, la bontà di Dio come Salvatore e Redentore, la grazia del perdono e la conoscenza di Dio che arriva con l'essere perdonati. Un nuovo patto significa una nuova base per il governo, un nuovo trattato o accordo, una nuova relazione.

Come nei governi umani, la cura di Dio per il Suo popolo riguarda pace, sicurezza e prosperità. Queste cose sono promesse e garantite dalla nuova alleanza ora stabilita. E proprio come la pace che Gesù porta è una pace che il mondo non può dare, così anche egli offre una sicurezza e prosperità che il mondo non può dare. Il sigillo della nuova alleanza è il sangue del Figlio versato per la salvezza del mondo. I termini del patto sono stabiliti dalla bontà misericordiosa del nostro Dio. 'I termini del patto' sta a significare la fine della rivalità tra Dio e l'umanità, e una responsabilità condivisa per lo svolgimento dei propositi di Dio in tutta la storia.

Durante questa giornata e fino a stanotte, teniamo gli occhi aperti in attesa della venuta del Figlio. Per mezzo di Lui, Dio darà luce a coloro che sono nelle tenebre, a quanti giacciono nell’ombra della morte. Egli ci libererà dalla paura e ci salverà dalle mani dei nostri nemici per servirlo in santità e giustizia. Egli guiderà i nostri passi sulla via della pace.

venerdì 21 dicembre 2018

MENTRE ASPETTIAMO DI VEDERE IL SUO VOLTO E DI UDIRE LA SUA VOCE

AVVENTO - 21 DICEMBRE


Maria è la terza donna nella Bibbia di cui si dica che è 'benedetta fra le donne'. Giaele, che ha ucciso Sisara martellandone con un picchetto la tempia, è chiamata in questo modo (Giudici 5,24). Così pure Giuditta, che ha ucciso Oloferne e gli ha tagliato la testa (Giuditta 13,18). Maria è, dunque, in compagnia di tutta questa gente cruenta e sanguinosa.

Queste donne sono campionesse di Israele, grandi eroine del popolo, più grandi delle figure dell'età eroica di Israele. Ci sono molti echi di quell’età eroica - il tempo dei giudici e dei re - nei racconti dell'infanzia dei vangeli. Gesù è, dopo tutto, 'Joshua', e il canto di lode di Maria è anticipato da Anna, la madre di Samuele.

Ma Maria è in contrasto con le donne vigorose e violente di quel tempo come è in contrasto con le altre donne menzionate nella genealogia di Matteo, Tamar, Rahab, Ruth e Betsabea. Da un lato, questa coincidenza ci mette in guardia contro il pericolo di diventare troppo puritani e sterili, come se noi non appartenessimo tutti a famiglie e nazioni di carne e sangue. D'altra parte, il contrasto tra Giaele e Giuditta, e Maria, ci ricorda il cammino che abbiamo bisogno di fare dal contenuto delle storie dell’Antico Testamento, dai titoli e dalle aspettative che echeggiano nei racconti dell'infanzia, al tipo di Messia che Gesù, realmente, si è rivelato essere.

Possiamo esprimerci così: se la legge fu data per mezzo di Mosè, e la potenza e la forza si vedono in David, Sansone, Giuditta e Gedeone, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo - un nuovo tipo di legge, un nuovo tipo di potere, un nuovo modo di essere e di vivere. Lo intravediamo in questi ultimi giorni d’Avvento, mentre aspettiamo di vedere il Suo volto e di udire la Sua voce.

giovedì 20 dicembre 2018

LA VISITA DI DIO AVVIENE IN UNA CASA

AVVENTO - 20 DICEMBRE


Qual è la differenza tra la domanda di Zaccaria e quella di Maria? Lui dice: 'Come posso conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni’ (Lc 1,18). Lei dice: 'Come è possibile? Non conosco uomo' (Lc 1,34). Può essere abbastanza difficile comprendere perché Zaccaria sia criticato (e, a quanto pare, punito) mentre Maria sia lodata. Potrebbe farci tanta pena lui, un vecchio comprensibilmente confuso da uno strano incontro.

L'angelo Gabriele ci dice che Zaccaria non ha creduto mentre Elisabetta ci dice che Maria ha creduto. E se le parole di Zaccaria e quelle di Maria sono molto simili, esprimono però un atteggiamento radicalmente diverso. In Maria, a differenza di lui, troviamo una ricettività che rende possibile la nascita del Verbo.

Colui che Maria dà alla luce è il Santo, il Figlio di Dio. Il segno dato ad Acaz, di cui parla Isaia, era la nascita di Ezechia, un re buono e giusto, fedele nel suo servizio del Signore e, in ciò, in contrapposizione con il padre, Acaz. Anche Maria dà alla luce un re buono e giusto, Colui che la liturgia descrive come 'fonte di ogni santità' (Preghiera Eucaristica II) e la sorgente di 'tutta la vita, di ogni santità' (Preghiera Eucaristica III).

Così Dio visita di nuovo il Suo popolo e rivela la Sua gloria. Si noti, inoltre, che Zaccaria si trova nel tempio, mentre Maria è in casa a Nazareth. Questa nuova visitazione e rivelazione non avviene in quello che sembra il posto più ovvio, il Tempio, il luogo della presenza della gloria di Dio. Avviene dove c'è un cuore ricettivo. Dobbiamo diffidare di ogni atteggiamento padronale verso Dio e la Sua gloria. Forse questa è la lezione fondamentale da imparare dallo sbaglio di Zaccaria: come possiamo lasciare spazio a Dio per fare una cosa nuova, a Dio che, proprio perché è sempre fedele, è sempre creativo? Il Verbo può venire e nascere solo dove c'è un cuore credente. Questo è lo spazio in cui Dio può fare una cosa nuova.

mercoledì 19 dicembre 2018

I BAMBINI CI GUIDANO

AVVENTO - 19 Dicembre 

Letture: Giudici 13,2-7.24-25; Salmo 71; Luca 1,5-25 

Ogni bambino è un dono di Dio. È uno dei motivi per cui la Chiesa ha un insegnamento sul comportamento sessuale. Il nostro rispetto per la dignità dell'essere umano si vede dal modo in cui accogliamo e apprezziamo i bambini. Sono tra le persone più vulnerabili e il modo in cui trattiamo coloro che sono vulnerabili è il modo in cui trattiamo l'umanità nel suo complesso.

In alcune situazioni questa grande verità - che ogni bambino è un dono di Dio - emerge con estrema chiarezza. Oggi, alla Messa, leggiamo di due situazioni di questo genere. I racconti sono così simili che qualcuno potrebbe essere tentato di dire che il secondo è semplicemente una rivisitazione del primo. Ma non c'è motivo per cui il dono di Dio di un figlio a genitori anziani non dovrebbe avvenire in modi molto simili.

I genitori di Sansone lo ricevono dopo una visita da parte di un angelo del Signore. L'arrivo del bambino è una sorpresa, una grazia più evidente di quella di altre, più normali, gravidanze. Ma forse l'arrivo di simili bambini serve anche a ricordarci quale straordinaria benedizione sia ogni gravidanza: una nuova vita, un nuovo essere umano, che presto sarà con noi, e che "trascina con sé nuvole di gloria", come dice Wordsworth.

La concezione di Giovanni Battista è altrettanto straordinaria ("Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni"). Come Sansone, Giovanni sarà totalmente dedicato a Dio, un uomo con una missione a favore del popolo. I lunghi capelli non sono così importanti come il fatto che in ciascuno di questi figli della grazia lo Spirito del Signore sarà fortemente presente, energicamente attivo. Dio è all'opera in mezzo al suo popolo. Lo smarrimento di Zaccaria e il successivo silenzio non sono poi così strani come risposta a un visitatore celeste e la sua iniziale incredulità è messa al servizio di ciò che Dio rivela attraverso la nascita di Giovanni il Battista.

Queste gravidanze straordinarie vengono ora ricordate, negli ultimi giorni dell'Avvento, per ambientare la scena della più straordinaria concezione e nascita, quella di Gesù, concepito dallo Spirito Santo e nato dalla Vergine Maria. Ogni bambino è un dono di Dio. Questo è vero più che mai del bambino la cui nascita celebriamo a Natale, l'unico Figlio del Padre, il primogenito di tutta la creazione, il primogenito dei morti.

L'odierna antifona "O" parla di re che tacevano davanti alla radice o alla stirpe di Jesse, il re della casa di David che sta per venire. Zaccaria tace. Leggiamo nel Libro della Sapienza che "mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo corso, la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio"(Sapienza 18).

In questi ultimi giorni di Avvento proviamo a trovare alcuni momenti di silenzio in cui rendere grazie per il figlio di Dio che ognuno di noi è; per i bambini che abbiamo conosciuto e conosciamo, ognuno dono di Dio; e per il Bambino, l'unigenito del Padre, pieno dello Spirito di verità e di amore, la cui nascita ristabilisce la nostra dignità, ripristina la nostra speranza e illumina tutte le nostre tenebre.

lunedì 17 dicembre 2018

GRATI E STUPITI PER UNA NUOVA RETE DI RELAZIONI

17 dicembre

L'anno scorso, o giù di lì, ha visto l'arrivo di tre nuovi membri della nostra famiglia, pronipoti per me, figlie per i loro genitori, nipoti per i loro nonni, nipoti per i loro zii, cugine tra loro. La nascita di queste bambine ha portato, ovviamente, grande gioia in tutta la famiglia, e il fatto che sono i primi membri di una nuova generazione rende la gioia più profonda, l'emozione più intensa.

La prima bambina che è nata è stata per breve tempo la 'figlia unica' della sua generazione e, quindi, una piccola persona molto potente. Ha creato, da sola, un’intera, nuova serie di relazioni che non esisterebbe senza di lei. È stata la prima nella terza generazione del lignaggio dei miei genitori. Ha fatto sì che suo padre fosse un padre e sua madre fosse una madre. Ha fatto sì che i suoi nonni fossero nonni. Ha creato zii e zie che prima non erano zii e zie. Ha creato prozii e prozie che prima non erano tali. Nel tempo e nello spazio, si può dire, l'arrivo di questa bambina ha trasformato molte cose.

Così succede con l'arrivo di ogni bambino: ora c'è un mondo nuovo. Vengono i bambini, dice il poeta inglese William Wordsworth, 'trascinando nuvole di gloria', venendo 'da Dio, che è la nostra casa' e cosi 'il Cielo riposa su di noi nella nostra infanzia'. Questo è Wordsworth, un po’ platonico nel modo di esprimersi. Ma non c'è dubbio che la gioia che circonda l'arrivo del neonato diffonda attorno a lui una tale purezza e perfezione, una tale, semplice luminosità, che è comprensibile parlare del bambino come di qualcuno che venga da Dio. Dopo tutto, noi parliamo del bambino come 'dono di Dio' e lui o lei rende fortemente presente a noi qualcosa della bontà e della potenza divina.

Vi è ora un altro ramo del nostro albero genealogico ed è in forte crescita. La genealogia è un livello più profondo di quanto non fosse prima. Questi bambini, appena arrivati, prendono il loro posto in quella genealogia, iniziano una nuova generazione, e di questo e per questo noi tutti siamo grati e stupiti. Anche la rete della parentela è resa molto più complessa dal loro arrivo. E anche per questo siamo tutti grati e stupiti.

Che dire del bambino la cui nascita celebriamo a Natale, Gesù, il figlio di Maria e Giuseppe, e il Figlio di Dio? Come ogni bambino umano, egli stabilisce nuove situazioni in famiglia e tra i parenti cui appartiene. Nella genealogia della sua famiglia viene istituito un nuovo livello e si apre una nuova rete di relazioni. Nel caso di Gesù, crediamo che ciò che si instaura con la sua nascita abbia un significato per tutti noi. Egli viene accompagnato da nuvole di gloria in un modo unico, perché è il Figlio di Dio increato esistente da tutta l'eternità. Egli viene davvero dal seno del Padre ed è quindi il bambino che può rivelarci il Padre. Il Cielo riposa su di lui non solo nella sua infanzia, ma per tutta la vita, persino - meraviglia delle meraviglie - nella sua morte, perché nel suo caso il Padre lo ha risuscitato dalla morte alla nuova vita del regno eterno, una nascita ancora più straordinaria, quella che celebriamo a Pasqua.

Così, Gesù aggiunge un altro ramo all'albero genealogico di Israele e un altro livello alla genealogia del popolo di Dio, sia che lo facciamo risalire ad Abramo, come fa Matteo, sia che lo facciamo risalire ad Adamo, come fa Luca. E una nuova rete di relazioni è stabilita dalla nascita di Gesù. Su un livello ordinario, esso fa sì che Maria sia una madre e Giuseppe un padre. Ma sul piano della grazia, la sua nascita ha stabilito la rete di relazioni che noi chiamiamo 'Chiesa'. Poiché egli è il Figlio dell’Eterno Padre, il Padre di tutti, e nasce come nostro fratello, gli esseri umani possono ora vedere che sono tutti fratelli e sorelle di questo Padre comune. Poiché lui è il Figlio nella 'famiglia' della Santissima Trinità, gli esseri umani possono ora rendersi conto che sono stati innestati su un nuovo albero di famiglia. Non è solo l'albero di Israele, l'albero di Giacobbe e di Jesse, su cui i pagani sono adesso innestati. Anche questo è vero. Ma, più in profondità, è l'albero della vita stessa di Dio, su cui tutti gli esseri umani, Gentili e anche Ebrei, possono ora essere innestati.

A causa della Sua nascita, abbiamo una nuova dignità dal momento che il Figlio di Dio si è fatto nostro fratello. A causa della sua nascita apparteniamo a una nuova famiglia la cui portata comprende tutti gli esseri umani senza eccezione. A causa della sua nascita l'albero genealogico si estende universalmente nello spazio ed eternamente nel tempo. Ciò significa che le nostre storie - la mia storia, la tua storia, la storia della mia nuova pronipote - non possono essere raccontate senza far risalire le nostre origini a Dio Creatore e senza tracciare il nostro destino futuro davanti alla vita di amicizia con Dio, che è la vita della Santissima Trinità promessa a noi per tutta l'eternità.

Siamo tutti grati e stupiti di ciò che i miei pronipoti hanno già raggiunto, per il semplice fatto della loro nascita. Ci stiamo preparando a essere di nuovo grati e stupiti della nascita di Gesù, per ciò che questo bambino ha ottenuto con la sua nascita e con la sua vita, con la sua passione, morte e risurrezione: un livello di vita completamente nuovo per la famiglia umana, una profondità radicalmente nuova nella storia umana.

domenica 16 dicembre 2018

APRITE AL SIGNORE

17-23 Dicembre - Avvento, Parte Seconda

Entriamo nella seconda e ultima parte del tempo di Avvento, la settimana prima di Natale. La liturgia cambia in maniera significativa ed è ora focalizzata completamente sul Messia, sulle profezie su di lui nell’Antico Testamento, e sui racconti del suo concepimento e della sua nascita nel Nuovo Testamento.

Da domani, 17 dicembre, e fino al 23 dicembre, la Chiesa canta le sette grandi Antifone O, antichi canti che prendono in considerazione la venuta del Messia come Sapienza, Potente, Radice di Iesse, Chiave di Davide, Astro che Sorge, Re delle Nazioni, e Dio Con noi. Queste antifone sono utilizzate nel Vespro durante la prossima settimana, in un crescendo di attesa e di preghiera che culmina nella grande gioia del Natale.

Ciò che segue è stato scritto da fr. Columba Ryan OP (1916-2009) e pubblicato da lui nel bollettino della parrocchia di San Domenico, a Londra, nell’Avvento 1997. Ho modificato leggermente e aggiunto alcune frasi.

Dal 17 al 23 dicembre si usano alcune Antifone molto antiche sia nella liturgia Cattolica Romana che in quella Anglicana. Nessuno sa chi le ha scritte, ma erano già in uso nell'VIII secolo. Perciò sono state sulle labbra dei cristiani per almeno milleduecento anni. Sono state adattate in modo da formare i versi del popolare inno di Avvento ‘Vieni, vieni Emmanuele!’ (puoi ascoltarlo qua nella versione inglese, e qua nella versione latina).

Un’ 'antifona' significava semplicemente qualcosa che fosse cantato alternativamente da due cori e, nella nostra liturgia occidentale, la parola spesso era riferita alle frasi che si ripetevano prima dei Salmi e del Cantico al fine di far emergere lo spirito del tempo. Queste Grandi Antifone, note anche come Antifone O, si trovano prima e dopo il cantico del Magnificat nella Preghiera della Sera. Esse descrivono colui che stiamo aspettando e mettono in evidenza il desiderio di cui dovremmo essere colmi negli ultimi giorni dell'Avvento.

Prendiamole in considerazione una per una.

17 dicembre O Sapienza [Sapientia], che esci dalla bocca dell'Altissimo, ti estendi ai confini del mondo, e tutto disponi con soavità e con forza. Vieni, insegnaci la via della saggezza. Ogni antifona inizia rivolgendosi al Messia atteso con un titolo dell’Antico Testamento - in questa antifona la misteriosa Sapienza personificata nel Libro della Sapienza, capitoli 6-9. Ogni antifona poi sviluppa quel titolo, in questo caso utilizzando Sapienza 8,1, 'Essa si estende da un confine all'altro con forza, governa con bontà eccellente ogni cosa'. E ogni antifona si conclude con un invito, sempre più urgente man mano che la settimana va avanti, a venire e mantenere la promessa di quel particolare titolo messianico, qui 'Vieni a insegnarci la via della saggezza'.

18 dicembre O Adonai guida della casa d'Israele, che sei apparso a Mosè nel fuoco di fiamma del roveto e sul monte Sinai gli hai dato la legge: vieni a liberarci con braccio potente. 'Adonai', una parola curiosa coniata nella Bibbia ebraica, è una sorta di rima in gergo per evitare di dover pronunciare il nome ineffabile di Dio. Questa invocazione viene da Esodo 6,13, dove Dio parlò a Mosè ordinandogli di guidare il popolo fuori dall'Egitto, dopo essere apparso a lui nel roveto ardente (Esodo 3), e avergli dato la legge sul monte Sinai (Esodo 19). L'invito è già più urgente: 'Vieni, salvaci con braccio potente'.

19 dicembre O radice di Iesse [Radix Jesse], che ti innalzi come segno per i popoli, tacciono davanti a te i re della terra, e le nazioni t'invocano: vieni a liberarci, non tardare. Questo titolo messianico viene da Isaia 11,10. La radice, o stirpe, di Iesse è David, il figlio di Iesse. E il silenzio imbarazzato dei re nemici è descritto qui come in Isaia 47,4. L'antifona si conclude con l'appello: "Vieni a liberarci, non tardare '.

20 dicembre O Chiave di David [Clavis David], scettro della casa d'Israele, che apri e nessuno può chiudere, chiudi e nessuno può aprire: vieni, libera l'uomo prigioniero che giace nelle tenebre e nell'ombra di morte. Chiave di Davide e Scettro di Israele sono tratti da Apocalisse 3,7, 'il Verace, Colui che ha la chiave di Davide: quando egli apre nessuno chiude' ecc., che echeggia Isaia 22,22. Ora l'invito a venire viene, come anche nella prossima antifona, da coloro che disperatamente giacciono nelle tenebre.

21 dicembre O Astro che Sorgi [Oriens], splendore della luce eterna, sole di giustizia: vieni, illumina chi giace nelle tenebre e nell’ombra di morte. L’Astro che sorge è un altro titolo messianico, questa volta da Zaccaria 6,12 (in traduzioni più antiche) e ancora una volta l'invito si riferisce alle tenebre e alla luce: vieni e illumina.

22 dicembre O Re [Rex] atteso da tutte le nazioni, pietra angolare che riunisci i popoli in uno: vieni e salva l'uomo che hai formato dalla terra. Il titolo è ora del profeta Aggeo 2,8 (ancora una volta nelle traduzioni più antiche). C'è un riferimento anche alla chiave o pietra d’angolo, un'immagine dall’Antico Testamento che è stata di grande importanza per la prima predicazione della risurrezione di Gesù: la pietra scartata dai costruttori è diventata la chiave o pietra angolare. Ed è dalla morte che egli è risorto ed è diventato il re di una razza formata dalla terra ma elevata, con la sua potenza, per un regno eterno.

23 dicembre O Emmanuele, nostro re e legislatore, speranza e salvezza dei popoli. Vieni a salvarci; o Signore nostro Dio. Questo è il più noto dei titoli messianici. Viene da un brano familiare, Isaia 7,14, che promette la nascita di un figlio, la continuazione della casa di Davide, un bambino che sarà chiamato Emmanuele, che significa 'Dio con noi'. La serie si chiude con la grande preghiera vieni a salvarci, o Signore nostro Dio, che dice tutto su ciò che è il tempo di Avvento.

Nelle celebrazioni solenni dei Vespri, in questi giorni, queste Antifone sono cantate con arrangiamenti musicali particolari e antichi. Mentre venivano cantati, si suonava la grande campana della chiesa.

Un acrostico medievale formato dalla prima lettera di ogni titolo in latino, preso in ordine inverso, ha costituito la piccola frase latina ERO CRAS, che significa 'verrò domani'. 

UN DIO CHE CANTA E BALLA PER COLORO CHE AMA

III Domenica di Avvento - Gaudete

Le persone che non l'hanno mai fatto a volte si chiedono come sia possibile guidare un'auto a Roma. Osservando dal marciapiede, sembra una specie di caos. I veicoli compaiono da ogni angolo e si muovono a velocità sorprendenti. Le persone cambiano direzione senza preavviso e, a quanto pare, senza ragione. Com'è che non ci sono più incidenti? (Purtroppo, ovviamente, ci sono molti incidenti, alcuni dei quali molto gravi.) Ma il più delle volte sembra che gli angeli debbano essere occupati ad intervenire, qui, là e ovunque, per evitare graffi, sbucciature e disastri peggiori.

Una volta che ci si siede al volante, però, e ci si lascia prendere al massimo dal suo coinvolgimento, diventa chiaro che è in corso un'elaborata danza. Le regole di questa danza non sono scritte da nessuna parte (per quanto ne so) ma un po' di esperienza dimostra che ci sono convenzioni nel modo in cui le persone si avvicinano e si tirano indietro, si posizionano l'un l'altra in relazione agli altri ballerini, regolano velocità e direzione per permettere agli altri di entrare o uscire, si inseriscono nel traffico e si allontanano di nuovo, trovano il modo più efficiente di progredire. Le regole sono nella danza stessa e sono considerate solo da coloro che vi partecipano. Inteso in questo modo, e rimanendo  comunque attenti e vigili, guidare a Roma è una delle cose più entusiasmanti che una persona possa fare. Quando va bene è piacevole, gioioso, persino leggiadro.

Oggi è la domenica Gaudete, la domenica della gioia, e c'è molta gioia nelle letture. Una traduzione del testo di Sofonia parla della danza del Padre. La gioia arriva fino al cuore di Dio. Infatti la gioia più profonda ha origine nel cuore di Dio ed è Dio che la porta a noi, in mezzo al suo popolo. Possiamo parlare di Dio che danza con il suo popolo: è il Signore della Danza come si cantava nei tempi bui degli anni Settanta. È venuto per invitarci alla danza, per unirci a Lui nella danza della redenzione. La danza di cui Egli è il Signore rinnova la creazione e apre nuove possibilità di vita per il suo popolo, persino la promessa di vita eterna.

In ogni tipo di danza, tenere il tempo è fondamentale. Chi balla dolcemente, con grazia, magnificamente, tiene il giusto tempo. Non c'è dissonanza, non ci sono graffi, sbucciature o collisioni sgradevoli sulla pista da ballo. Crediamo che il tempo di Dio debba essere esattamente quello giusto. Ha agito "nella pienezza del tempo", come ci viene ricordato sempre di nuovo in Avvento e nel periodo natalizio. Il peccato è una questione di cattiva capacità di tenere il tempo, di sbagliare la direzione, la velocità, agendo dove non avremmo dovuto, o non agendo dove avremmo dovuto farlo. È un bene fuori posto, come ci insegna la tradizione cristiana (a volte molto seriamente fuori posto, a volte con conseguenze mortali: quindi non è una cosa leggera).

Giovanni Battista ha un ruolo chiave nello svolgimento della danza. È uno dei primi movimenti della danza della redenzione e insegna ad altri come prepararsi ad essa. Per arrivare alla gioia promessa, le persone hanno bisogno di praticare un retto vivere, la giustizia, l'equità e la compassione. La gioia è il fiorire della pace e della giustizia, il loro splendore, la dolcezza del buon vivere. La gioia è, in primo luogo, Dio stesso che è semplicemente felice nell'eterno fare l'amore che è la Santissima Trinità. E il Padre ha mandato il Figlio a battezzarci nello Spirito e con il fuoco, facendoci danzatori, partecipanti e non solo spettatori.

Rallegratevi sempre nel Signore, dice Paolo nella lettura dei Filippesi. La gioia non è qualcosa che può essere attivata come un rubinetto, a volontà, quando prescritto. È il frutto della carità e della preghiera. Ci impone di entrare nella danza e comprenderla dall'interno. Guardando dal marciapiede, sembrerà strano: Giovanni Battista, figura gioiosa? Ma una volta che entriamo nella danza e cominciamo ad imparare le sue regole, vediamo che ha perfettamente senso. Ha perfettamente senso perché le sue vie tortuose conducono inevitabilmente al Signore della Danza, un potente Salvatore, che si rallegra di noi con gioia e ci rinnova nel Suo amore, un Signore pazzo che canta con gioia e balla con grazia per coloro che ama.


sabato 15 dicembre 2018

NOI CONOSCIAMO IL COPIONE, MA L'INTERPRETAZIONE APPARTIENE SOLO A DIO

AVVENTO – 2° Settimana, Sabato


Il copione di uno spettacolo teatrale e la partitura di una sinfonia sono lì, pronti, evidenti. L'attuazione del copione o l'interpretazione della partitura richiedono un regista o direttore d'orchestra. Gesù sta aiutando i discepoli che conoscono il copione a capire come esso venga messo in scena da lui e dagli eventi che hanno a che fare con lui.

Loro sanno (o credono di sapere) come le cose dovrebbero svolgersi perché hanno la rivelazione data attraverso i profeti. E hanno ragione senza capire molto. Sanno che c'è una connessione tra la venuta del Messia e un ritorno di Elia. Sanno che c’è un nesso tra Elia e il Figlio dell'Uomo. Sanno che Mosè ed Elia sono i due testimoni che confermeranno ciò che sta accadendo nel Giorno del Signore. Il copione sarà messo in scena, la partitura sarà interpretata, la promessa adempiuta, perché Dio è l'autore e Dio è fedele.

Ma la trama, l'interpretazione, l'adempimento, sono secondo la mente e la comprensione di Dio. Proprio come Dio è l'autore della sceneggiatura e compositore della colonna sonora, così anche la direzione e la conduzione appartengono a Dio. L'interpretazione è di Dio ed è improbabile che noi la vediamo in anticipo, non importa quanto bene conosciamo i testi, perché è il Signore che interpreta i testi e non i testi che interpretano il Signore.

Perciò, Giovanni Battista è Elia. Egli è il precursore, e in un modo che già li aiuta a imparare una lezione più difficile: circa il tipo del Messia che egli doveva precedere, ciò che la messianicità di Gesù avrebbe significato, la sofferenza. Il Battista è il precursore non solo nell'arrivare prima del Messia, ma nel modellare il destino del Figlio dell'Uomo. Il significato diventa più chiaro, non tanto che Elia sarebbe ritornato, ma che la missione di Elia sarebbe stata ripetuta. Per comprendere quale tipo di Messia doveva essere, hanno dovuto vedere come Elia era venuto di nuovo e come era stato ricevuto. Il Battista svela il significato contenuto nelle profezie.

E il dramma continua, la sinfonia si svolge, nella vita dei credenti. Abbiamo la sceneggiatura e conosciamo la partitura: noi li esaminiamo più e più volte durante l'anno. Ma la messa in scena, l'interpretazione e la realizzazione, nella vita di ognuno, non li sappiamo in anticipo. È un altro che dirige e conduce, che guida le cose. La lettera uccide: i testi, alla fine, sono aridi come la polvere, anche i testi sacri. È lo Spirito che dà la vita: il fuoco che distrugge e ri-crea, il fuoco che guarisce e sigilla.

venerdì 14 dicembre 2018

PENSARE E PARLARE INSIEME: QUESTA LA VIA VERSO LA SAPIENZA

AVVENTO - 2a settimana, Venerdì



Gesù non condanna le persone per la loro incostanza. In realtà non è affatto chiaro se tale incostanza abbia alcun significato morale. Può essere la conseguenza del peccato, questa tendenza degli esseri umani a concentrarsi sui limiti e le debolezze di situazioni e di persone. Ma potrebbe anche essere una conseguenza del fatto che, come dice sant'Agostino, siamo stati creati per Dio, per godere del bene infinito, e così ogni bene finito inevitabilmente ci lascia insoddisfatti. Qualunque sia la ragione di ciò, è chiaro che la natura umana è ancora come viene descritta da Gesù nel Vangelo di oggi. Se si presenta un Giovanni Battista, lo troveremo troppo rigido, troppo ascetico, troppo privo di senso dell'umorismo. Se si presenta un Gesù, lo troveremo troppo indulgente, troppo permissivo, in giro con prostitute e altre persone sospette.

Quindi guardiamo sempre ai limiti, alle debolezze, alle ragioni contro il loro modo di fare, alle imperfezioni delle altre persone. Papa Francesco, nel suo discorso di chiusura del Sinodo straordinario tenutosi nel mese di ottobre 2014, fornisce un'analisi interessante delle discussioni che hanno avuto luogo.Il suo discorso è divenuto abbastanza famoso, almeno per l'analisi delle diverse tentazioni che offriva. Che si collegano con la realtà di cui parla Gesù nel Vangelo di oggi

Papa Francesco identificava sei o otto tentazioni, modi con cui siamo spinti verso la parzialità, verso il pericolo di permettere ai limiti e alle debolezze di altre posizioni di portarci al pregiudizio e all'esclusività. Così potremmo essere troppo rigidi o potremmo essere troppo liberali, potremmo desiderare di scendere dalla croce e ammorbidire la sfida del Vangelo in modo da essere popolari con la gente, o potremmo voler trasformare il pane della vita in pietre, materia che è immangiabile, che appesantisce le persone, mettendo sulle persone dei pesi senza fare nulla per aiutarle a trasportarli.

Sembra essere circa lo stesso tipo di problema: parzialità, esclusione, sentirsi in dovere di sottolineare i limiti di altre persone, non essere mai pienamente soddisfatti di niente.

La soluzione cui Gesù punta alla fine del Vangelo di oggi è che dovremmo cercare la sapienza. La sapienza è ampia e profonda, spaziosa come la mente di Dio. Significa cercare di vedere le cose come sono viste da Dio e come sono contenute nella mente di Dio. La sapienza comprende, perdona, cerca di capire, cerca di unire piuttosto che separare. Papa Francesco si volge anche in quella direzione, parlando dello Spirito Santo che lavora attraverso la discussione e il dialogo e gli argomenti del sinodo. Chiedere allo Spirito Santo di essere presente nei nostri incontri e sinodi e concili, significa chiedere a Dio di aiutarci ad essere aperti alle opinioni e ai pareri degli altri, che sono validi come i miei, aperti alle esperienze degli altri che sono valide come le mie.

Tommaso d'Aquino dice che questa è la modalità con cui lo Spirito Santo opera nel tempo della Chiesa, attraverso quelli che lui chiama 'collegi', riunioni o consigli di esseri umani, discutendo e riflettendo insieme alla luce della Parola di Dio e nella forza dello Spirito di Dio. È in quella fraternità o comunione che la sapienza è richiesta e la sapienza si trova. Papa Francesco ha coniato la brutta parola 'sinodalità', ma il suo significato è chiaro. Lavorare insieme, pensare e parlare insieme, includendo tutti nonostante i loro pregiudizi e limiti - questo è il modo di cercare la strada da percorrere, per discernere ciò che lo Spirito dice alla Chiesa. Stare vicino alla fonte della vita, come l'albero del salmo di oggi, e lavorare insieme nei consigli e nelle università e negli altri luoghi di ricerca e di studio: questo è il modo con cui cerchiamo la sapienza, questo è il modo con cui condividiamo insieme la vita che Gesù ha già condiviso con noi.

mercoledì 12 dicembre 2018

PIÙ LEGGERI E PIÙ LIBERI

AVVENTO - 2a Settimana, Mercoledi



Si tratta di una breve lettura del vangelo con uno strano invito: se sei stanco e oppresso, vieni e prendi questo giogo sulle spalle, un giogo che è soave e un peso che è leggero. Ebbene, che cos’è questo nuovo peso che in realtà rende più leggeri, questo giogo o imbracatura che, in realtà, porta libertà?

Se si ricerca su Google Immagini la parola 'giogo', si scoprirà che la prima serie di immagini che appaiono rappresenta quel tipo di doppio giogo che lega due buoi insieme mentre essi arano o tirano un carretto. Solo scorrendo verso il basso si comincia a vedere il singolo giogo per un animale, o magari per una persona che trasporta due secchi, e questo genere di cose.

Quindi, ci sono gioghi doppi e ci sono gioghi singoli. Nella Bibbia il giogo singolo è un'immagine della Legge. Si parlava della Legge come di un giogo posto sulle persone che era, sì, limitante ma che era anche la garanzia del patto che il Signore aveva fatto con loro. Questo giogo fornisce guida e direzione, mantiene la gente sulla retta via, la aiuta a vivere bene.

Questo giogo diventa facile e leggero quando viene portato per amore. Se è inteso come un peso imposto dall'esterno, e la sua ragionevolezza non è compresa, allora sarà vissuto come un forte peso, come un padrone esigente. Ma dove il suo scopo è compreso, la vita che protegge è stimata e il rapporto che sigilla è il centro della nostra vita, allora il portare questo giogo non è un peso. 'Non è pesante, è mio fratello', recitava un canto liturgico popolare molti anni fa. Portare i pesi gli uni degli altri non solo soddisfa la legge di Cristo, come dice Paolo, ma è anche facile quando è ispirato e suscitato dal nostro amore per l'altro. Portare pesi diventa facile e leggero; facendo così, troviamo persino riposo perché è un'esperienza di amore, ed è nell’amore che gli esseri umani si dilettano e trovano la gioia.

Ma forse possiamo pensare anche al duplice giogo, quello che lega gli animali a coppie che lavorano insieme su un compito comune. Se, invitandoci a prendere il suo giogo su di noi, Gesù intende un doppio giogo di questo tipo, allora, quando ci guardiamo accanto per vedere chi è in stretto contatto con noi, ci accorgiamo che è Gesù stesso dal momento che è il suo giogo. Noi siamo al suo fianco e associati a lui in questo lavoro di essere obbedienti alla legge. Egli è insieme a noi e fa coppia con noi e così, ancora una volta, tutto diventa facile, leggero, desiderabile e gioioso.

Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, dice. Che cosa dobbiamo imparare? Impariamo che il cuore di tutta la realtà è Dio che è amore. Apprendiamo che Dio ha volto il proprio cuore su un popolo e che lo cerca. Apprendiamo, in questo giogo di Gesù, che Dio per primo ci ha amati, ha preso su di sé il giogo dei nostri peccati, in modo che tutto ciò che facciamo in collaborazione con Lui ha sempre il carattere di una risposta, di una accoglienza, un atto di gratitudine per molti doni molto più grandi ottenuti attraverso un sacrificio di gran lunga più impegnativo rispetto a qualsiasi altra cosa che ci potrebbe essere chiesto di fare.

Questo doppio giogo in cui siamo guidati da Cristo, in modo da condividere la sua opera, anticipa chiaramente quel momento della passione in cui Simone di Cirene si trovò al fianco di Gesù e lo aiutò a portare la sua croce. Egli è con noi sempre. Se prendiamo il suo giogo su di noi e impariamo da lui allora siamo con lui sempre, modellando le nostre vite a modo suo, e dando i nostri cuori, secondo un amore che è, in primo luogo, il suo.

La prima lettura di oggi ci spinge a portare questa riflessione su un altro livello. Accettare il giogo dell’amore di Cristo non solo rende sopportabili pesanti fardelli, ma ci riempie di energia per situazioni nuove. Cominciamo a vivere dell'energia divina che è infinita e inesauribile. In un'altra immagine memorabile di Isaia, i giovani possono crescere stanchi e affaticati, ma quelli che sperano nel Signore riacquistano forza. Anche mentre portavano il giogo d'amore (preparatevi a una metafora mista!) hanno messo ali come di aquila, corrono e non si stancano, camminano e, ancora portando il giogo d'amore, non si stancano mai. È la forza dello Spirito Santo che spinge i cuori di tutti coloro che amano Dio e li trasforma in carri di fuoco, vasi dell’Amore Divino.

martedì 11 dicembre 2018

AMORE E RAGIONE

AVVENTO – 2° Settimana, Martedì


Ci è così familiare questo esempio del pastore che lascia novantanove pecore per andare in cerca di una che si è smarrita che non riusciamo a vedere come ciò sia, forse, irrazionale. Certamente, se le novantanove sono sicure o vengono curate da qualcun altro, allora ha senso che il pastore cercherà di recuperare una che si è smarrita. Ma se le cose non stanno così, e vi è il rischio di perdere altre pecore, egli sicuramente ignorerà le sue perdite e si prenderà cura di quelle rimanenti. Se quella smarrita ricompare, naturalmente, è una gioia in più, e sarà come un ‘bonus’. Ma il pensiero di lasciare novantanove pecore in pericolo per andare in cerca di una, sembra un po' folle.

E questo è il punto. Luca lo mette in evidenza più chiaramente nella sua versione in cui unisce questa storia a quella di una donna che ha perso una moneta e l’ha cercata ovunque fino a quando, alla fine, l’ha trovata semplicemente per spendere almeno la stessa quantità di denaro ad una festa indetta per festeggiarne il ritrovamento. E la terza storia incredibile in quella triade di Luca 15 è, naturalmente, la storia del Figliol Prodigo, ricevuto di nuovo dal padre con amore e festeggiamenti.

Nei tempi moderni le persone spesso contrappongono fede e ragione come se fossero l’una il contrario dell’altra, cosa che ovviamente non sono. Il vero contrasto creato dai vangeli, tuttavia, non è tanto tra fede e ragione quanto tra amore e ragione. Santa Caterina da Siena parla della follia dell’Amore Divino, di come Dio sia follemente innamorato della sua creatura.

La bella canzone d'amore che è l'odierna prima lettura del profeta Isaia canta di questo amore folle di Dio. Ora la strada attraverso il deserto non è per le persone di ritorno da Babilonia a Gerusalemme: è per il Signore che ritorna a Gerusalemme per dimorare ancora una volta con il Suo popolo. ‘Parlate teneramente a Gerusalemme’, dice Isaia o, in un'altra traduzione, ‘parlate al cuore di Gerusalemme’. Si tratta di un tempo per la tenerezza e per un nuovo inizio, per una dolce assistenza e una calorosa custodia, un tempo per sperimentare ancora una volta l'amore eterno di Dio.

Il contrasto tra i due amanti è straordinario: da un lato, un popolo che è povera carne, durevole come l'erba, qui oggi e lontano domani. Dall'altra parte, c’è l'infinito ed eterno Dio, creatore di tutte le cose, la cui parola dura per sempre e il cui amore cerca costantemente di riportare il cuore del suo popolo a Lui.

‘Gioisca la creazione’ è un altro grido del tempo di Avvento. La natura sempre canta per gli amanti: le colline sono raggianti e gli alberi ballano, la pioggia è giocosa e il mare fa echeggiare la sua lode, i prati si rallegrano e anche gli animali sanno che qualcosa di speciale sta accadendo. Questo è il mondo che viene trasformato dalla presenza della gloria di Dio, una gloria che Egli vuole che noi vediamo e condividiamo. Lo facciamo voltandoci verso di Lui e imparando di nuovo le sue vie, aprendo il cuore alla consolazione e alla tenerezza del nostro Buon Pastore.

lunedì 10 dicembre 2018

IL BISOGNO DEGLI ALTRI

AVVENTO - 2a Settimana, Lunedi



Di tanto in tanto, durante l'Avvento, sentiamo della grande strada che sarà costruita per facilitare il ritorno del popolo a Gerusalemme dall'esilio in Babilonia. Ricondotti alla propria terra, essi gioiranno ancora una volta per la presenza di Dio con loro. Le valli saranno innalzate e le montagne abbassate, la strada sarà ampia e diritta, facilitando così il loro ritorno, e rendendo più agevole il loro viaggio. I ciechi vedranno e gli zoppi cammineranno.

Nella prima lettura di oggi questa strada è indicata come la 'Via Santa'. Altre culture antiche avevano Vie Sacre. Ce n’è una in Cina, ad esempio, associata al cammino degli Imperatori verso il cielo. Ce n’è una in Grecia, da Atene a Eleusi, la strada per la gioiosa celebrazione dei misteri religiosi. E ce n’è una a soli dieci minuti da dove vivo, la Via Sacra che attraversa il Foro Romano, dal Colosseo al Campidoglio.

C'è un contrasto impressionante tra la Via Sacra Romana e quella di cui si parla nella lettura di Isaia. La Via Sacra è stata l'ultima tappa del viaggio trionfale fatto da vittoriosi generali romani mentre tornavano con il loro bottino, con i re da loro catturati e i nemici ridotti in schiavitù. Su quella strada la gioia c’era a causa dell’umiliazione e della debolezza degli altri. Il trionfo celebrava la forza e la gloria della potenza militare romana, culminando con l'esecuzione di molti prigionieri, gettati alla morte dal Campidoglio.

La Via Santa di Isaia è anche per il trionfo e la gioia, ma questo assolutamente non 'alla maniera Romana'. Qui non è necessario alcun nemico per supportare la gioia. Se qualcuno è stato sconfitto, sono le persone stesse per il loro peccato e la loro dimenticanza di Dio. La strada è aperta a tutti e non per l'umiliazione e il disprezzo della debolezza. Al contrario, è in funzione della vita, per una nuova forza e per un'accoglienza non solo del popolo di Dio, ma di tutti i popoli della terra che verranno da oriente e da occidente, da nord e sud, per prendere il loro posto sul monte Sion.

Possiamo introdurre qua anche il Vangelo di oggi. Si presentano ostacoli davanti alle persone che desiderano arrivare da Gesù. Come possono trovare la via per la Via? Una folla di persone impedisce al paralitico di arrivare a Lui. Infatti, l'uomo paralizzato ha bisogno dell'aiuto di altri, se vuole avere qualche speranza di arrivare a lui. E i suoi amici hanno una “botta” di creatività pastorale, aprendo il tetto e lasciandolo calare giù direttamente alla presenza di Gesù.

Qualche considerazione qui. Avremo l'umiltà di lasciarci aiutare lungo il cammino? Naturalmente, vogliamo camminare con i nostri piedi, trovare da noi stessi la nostra strada verso Dio. Ma, inevitabilmente, abbiamo bisogno dell'aiuto degli altri: saremo pronti ad accettarlo? Abbiamo bisogno dell'aiuto della Chiesa, la comunità di coloro che credono in Gesù. (Potrebbe essere che gli amici che portano l'uomo a Gesù sono i primi apostoli, chiamati da poco, e intenti a occuparsi del loro compito. Potrebbe pure essere che la folla che impedisce l'accesso a Gesù possa essere intesa anche come la Chiesa: le vite scandalose dei credenti sono un grave ostacolo per la gente).

Un altro pensiero: dov'è, in noi stessi, il “luogo” pronto ad aprirsi in modo che possiamo stare alla presenza di Gesù? Tra i peccati mortali, i più pesanti sono quelli che ci chiudono e ci tagliano fuori, ci imprigionano in noi stessi: l'orgoglio, l'ira e l'invidia. Cosa c’è di indispensabile se ci si vuole aprire? Di cosa c’è bisogno, se non vogliamo disprezzare la debolezza in noi stessi, ma vogliamo essere benevoli e umili nell'accettare come Dio lavora in noi attraverso gli altri?

Nel vangelo di Giovanni, Gesù si descrive come 'la Via' ed è uno dei nomi usati in riferimento al movimento cristiano primitivo negli Atti degli Apostoli. L'Avvento ci invita a cercare di nuovo la strada per ritornare al Signore, a riflettere sulle cose che impediscono questo ritorno, sulle cose che ci paralizzano e bloccano il nostro avvicinamento a Gesù. L'Avvento ci ricorda anche che ci sono persone che ci possono indicare la direzione, che stanno percorrendo il cammino prima di noi e con noi.

sabato 8 dicembre 2018

ESSERE "PIENI DI GRAZIA" È ENTRARE IN UN NUOVO SPAZIO DI LIBERTÀ

IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA - 8 DICEMBRE


La Mariologia è la parte della teologia che studia ciò che la Scrittura e la tradizione cristiana ci insegnano riguardo Maria e il suo posto nella storia della nostra salvezza. Per il grande teologo gesuita Karl Rahner, la Mariologia è nella Chiesa, semplicemente, la parte più bella della sua teologia della grazia.

In effetti, la tradizione cristiana ha trovato tutto di Maria nella singola frase 'piena di grazia' e ciò è affiorato, in seguito, nella vita liturgica e devozionale della Chiesa. Ciò che è emerso nel corso della tradizione è stato poi incorporato nella dottrina della Chiesa con le dichiarazioni solenni della sua Immacolata Concezione e della sua Assunzione corporale in cielo.

'Piena di grazia' - è il nome che porta in vista della sua missione: colei che è altamente favorita, grandemente benedetta. Lei deve essere la madre del Signore e in questo senso, essendo incinta di Lui, è piena di grazia. Ma per essere preparata a quel ruolo ed essere sostenuta nelle gioie e tristezze ad esso legate, è stata sempre favorita e benedetta, sostenuta dalla Trinità eterna. È stata sostenuta nel suo compito di supporto, di insegnamento e di formazione del figlio, nel suo compito di seguirlo non solo fisicamente al Calvario, ma anche spiritualmente come la prima discepola, come colei che ha ascoltato la Parola di Dio, ha creduto ad essa, l’ha custodita e praticata.


La grazia di Maria è sua personale ed è inerente alla sua missione nella Chiesa. Ma è anche paradigmatica della grazia che Dio dona alla Sua Sposa, la Chiesa. Questa grazia mariana - di ascoltare e di concepire la Parola, di meditarla e farne tesoro nel nostro cuore, di portarla in tutto il mondo e portarla agli altri - è una grazia di tutto il popolo cristiano. È il motivo per cui Maria è chiamata anche Madre della Chiesa. Proprio come suo Figlio è l’immagine di lei, così anche la Chiesa, Suo corpo, riflette nella sua vita e attività, la vita e l'attività di Maria al servizio della Parola di Dio.

In quest’opera di nuova creazione c'è sempre la collaborazione della creatura umana con i disegni e le azioni di Dio. È da ripetere spesso: la prima creazione coinvolge solo la parola di Dio: ‘Sia la luce, e la luce fu’. La nuova creazione coinvolge anche la parola degli esseri umani: ‘Sia fatto di me secondo la tua parola’. Maria è anche la prima ad insegnarci che la nostra co-operazione con la grazia di Dio è una parte essenziale di come la nuova creazione avvenga e di ciò che significhi la nuova creazione.

Una paura degli esseri umani nei tempi moderni è che la venuta di Cristo e di Dio in qualche modo minacci la nostra libertà, la indebolisca e forse la renda persino superflua. Maria ci insegna che è vero il contrario. Essere 'pieni di grazia' è entrare in un nuovo spazio di libertà. Essere 'pieni di grazia' significa non porre alcun ostacolo, nemmeno il più piccolo, all'opera della grazia di Dio in noi e attraverso di noi. Essere 'pieni di grazia' non significa perdere la nostra libertà, al fine di essere completamente a disposizione di Dio come strumenti ciechi. Essere 'pieni di grazia' significa raggiungere quella libertà che ci fa essere completamente a disposizione di Dio, ma stando a sua disposizione da quelle creature che siamo, intelligenti e libere, reattive e intelligenti, amorevoli e creative.

Essere 'pieni di grazia' è non perdere nulla della nostra dignità e della nostra libertà. È, piuttosto, entrare in pieno possesso di quella dignità e di quella libertà. Ci fa essere figli di Dio, vivendo in comunione con Lui, condividendo la vita della “famiglia” che Dio è ed essendo, così, disponibili, con tutte le nostre energie, al servizio del Regno di amore, di giustizia e di pace di Dio.

giovedì 6 dicembre 2018

INCIAMPARE SULLA GIOIA


Qual è la differenza
Fra la tua esperienza dell’Esistenza
E quella di un santo?

Il santo sa bene
Che il cammino spirituale
È un gioco sublime di scacchi con Dio

E che l’Amato
Ha appena fatto una Mossa così Straordinaria

Che il santo sta ora continuamente
Inciampando sulla Gioia
E scoppiando a ridere
E dicendo, ‘Io mi arrendo!’

Mentre, mio tesoro,
Ho paura che tu pensi ancora
Di aver mille mosse serie.

― Hafez, I Heard God Laughing: Poems of Hope and Joy, trad. dall’inglese da MS e VB