Un regalo più grande non potevi farmi, uno zampillo d’acqua fresca dopo giorni e giorni in un deserto che sai bene quanto arido. Sarò all’altezza di questo dono, lo prometto a me stessa.
Etty Hillesum

Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!
Caterina da Siena

domenica 31 marzo 2019

IL PERDONO: RICORDARE E ONORARE LE FERITE

IV Domenica di quaresima Anno C


Il punto di svolta della storia avviene quando il figliol prodigo ricorda qualcosa: è ritornato in sé, è tornato a se stesso, si è ricordato chi era. La strada della riconciliazione e del perdono sta nel ricordare. La saggezza popolare potrebbe incoraggiarci a perdonare e dimenticare, ma sappiamo per esperienza che il perdono viene piuttosto dal ricordare. Su questa base operavano le commissioni "verità e riconciliazione" istituite per stabilire buone relazioni tra popoli che prima erano stati in guerra tra loro. Solo ricordando con verità, ricordando tutto ciò che deve essere ricordato, possiamo sperare di trovare la riconciliazione e un nuovo inizio.

Dobbiamo quindi ricordare il nostro bisogno e la nostra debolezza. Dobbiamo ricordare che siamo debitori al Padre per il suo perdono. Dobbiamo ricordare il giudizio della nostra vita alla luce della verità e dell'amore di Dio. Dobbiamo ricordare le alleanze e la legge. Dobbiamo ricordare il sacrificio di Cristo che suggella la nuova ed eterna alleanza e che egli ci ha chiesto di ripetere in memoria di Lui. Se si vuole guarire e dare nuova vita alla rete di relazioni danneggiata, è necessario ricordarla in tutte le sue parti e riconoscere e onorare le ferite di ciascuna di esse.

Il filosofo ebreo Emmanuel Levinas solleva seri interrogativi sul perdono. Non c'è, dice, un'accettazione dell'ingiustizia insita nel concetto di perdono? Non è disumano cercare di porre dei limiti al bisogno di perdono di una persona, di stabilire i confini entro i quali il perdono deve essere dato? Quando ricordiamo cos'è stato subito da alcune vittime dell'ingiustizia, come possiamo osare pensare di avere le risorse per annullare quell'ingiustizia, per rimuovere quella vittimizzazione, per creare una situazione in cui ciò che le persone hanno sofferto non ha più importanza?

Si tratta di questioni forti e pertinenti. Ci obbligano a ripensare a cosa significhi per una persona dire ad un'altra: "Ti perdono per quello che mi hai fatto". È una questione molto diversa, più complicata, quella in cui una persona o un gruppo si scusa, cerca il perdono, a nome di terzi: "Ti perdono per quello che hai fatto a loro" (la mia famiglia, i miei antenati), "Mi scuso per quello che hanno fatto a te" (i miei antenati ai tuoi antenati). Come ci si può mai sentire in grado di dire una cosa del genere?

Nella comprensione cristiana, come dice Paolo nella seconda lettura di oggi, il perdono e la riconciliazione sono possibili solo se c'è una "nuova creazione". Paolo avrebbe compreso le domande di Levinas, e come un fariseo zelante avrebbe visto - e condiviso - i problemi che solleva. Come difendere la giustizia di Dio? Come si può mai riparare l'ordine rotto della giustizia? Qual è il costo del perdono? C'è qualche "tasso di cambio", qualche valuta in cui il perdono può essere dato?

Colui che è senza peccato si è fatto peccato, perché coloro che sono peccatori potessero diventare giustizia di Dio. Questo è il brano di Paolo sul "cambio", la "valuta" in cui si stabilisce la nuova creazione. Essa fornisce un fondo di verità al commento di Alexander Pope che "perdonare è divino". Se si tratta di una nuova creazione, allora può essere solo da Dio, perché solo Dio può creare. Affermare tale possibilità per noi stessi sarebbe blasfemo. Così possiamo pensare al perdono solo se siamo con gli altri davanti a Dio, se ci troviamo su un terreno di uguaglianza con loro e abbiamo il coraggio di guardare alle nostre offese contro di loro.

Etty Hillesum, una giovane ebrea morta ad Auschwitz, ha lasciato un diario notevole del suo cammino spirituale negli ultimi anni della sua vita. A questo proposito dice quanto segue: "Date al vostro dolore tutto lo spazio e l'accoglienza in voi stessi che gli è dovuto, perché se tutti sopportano il dolore onestamente e coraggiosamente, il dolore che ora riempie il mondo si placherà". I cristiani credono che Dio in Cristo ha riconciliato il mondo con se stesso. In altre parole, Dio stava dando in se stesso tutto lo spazio e l'accoglienza dovuti al dolore del mondo. Noi crediamo che Gesù, il Cristo, ha portato veramente e coraggiosamente questo dolore del mondo. Anche se può sembrare che il dolore che riempie il mondo non si sia attenuato, noi crediamo che in Lui abbia trovato la sua strada verso il cuore di Dio, l'unico luogo da cui possono nascere la verità e la riconciliazione.



domenica 17 marzo 2019

IL SONNO DELLA RIVELAZIONE


SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA
ANNO C


Quest'anno leggiamo il racconto di Luca della Trasfigurazione. Ci sono una serie di cose che si trova soltanto nella sua versione: il riferimento al 'esodo', che Gesù stava per compiersi a Gerusalemme è il dettaglio Lucano più spesso menzionato. Ma c'è anche un riferimento al sonno, o meglio alla dormiveglia dei discepoli: solo Luca ci racconta questo. Qual è il significato di questa dormicchiare dei discepoli?

La liturgia ci offre un’ interpretazione, collegando la Trasfigurazione con la storia di Dio sigillando il testamento con Abramo. E’ una storia molto strana, di atmosfera primitiva, secondo la quale Dio come un braciere fumante e una fiaccola ardente, consumava gli animali divisi, mentre un torpore cadde su Abramo. E’ un sogno, questo avvenimento? O accade in un'altra dimensione? Il torpore di Abramo è il sonno del incontro divino, il sonno della rivelazione, di cui parla la sacra scrittura non soltanto in relazione ad Abramo, ma anche a Giacobbe, al suo figlio Giuseppe, al sacerdote Eli, ai profeti Elia e Daniele, e a Giuseppe, lo sposo di Maria.

Il sonno dei discepoli alla Trasfigurazione appartiene a questa linea biblica: attraverso la loro dormiveglia, qualcosa si rivela a loro, Dio viene incontro a loro. La parola Greca usata qui da Luca si riferisce alla luce del tramonto, un crepuscolo, o più precisamente alla luce dell’aurora, la luce che annuncia l’alba. Quando si svegliarono, dice il vangelo, nella penombra. Significa che i discepoli sono portati da una vita illuminata in un modo ad una vita nuova illuminata in un modo molto diverso. Non è che hanno capito subito perché hanno dormito durante la rivelazione, durante la conversazione tra Mosè, Elia e Gesù, ma lentamente, più tardi, capiranno.

Sembra che discepoli tendono a sonnecchiare. Lo spirito del sonno viene facilmente su di loro, smorzando i loro occhi e le loro orecchie (Deuteronomio 29:4, Isaia 29:10, Romani 11:8; Matteo 13:15, Marco 13:36). Il momento più noto di questo sonno dei discepoli è nel giardino di Getsemani: 'Non potete svegliare, vegliare un'ora con me?' Spesso Gesù chiamava i suoi discepoli a svegliarsi, 'alzatevi e pregate', ‘guardate’, 'fate attenzione', 'siete pronti'. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole. Le vergini in attesa dello sposo devono vegliare perché non sanno a che ora verrà. Ma le sentinelle d’Israele dormono (Isaia 56:10). Luca ci dice che nel Getsemani era a causa del loro dolore che i discepoli dormivano. Ma alla Trasfigurazione, egli non fornisce alcuna ragione per la loro lentezza.

Quindi c’è un sonno che è l'occasione della rivelazione e del incontro con Dio ma c’è anche un sonno che significa pigrizia e disattenzione. E vi è anche il sonno della morte. La figlia di Giairo è morta, dice il popolo. Lei dorme, dice Gesù, e ridono. Lazzaro dorme fino a quando Gesù lo richiama in vita. Gesù stesso dormiva e poi si svegliava, come Giona, in una barca tormentata da una tempesta. ‘La notte è avanzata, il giorno è vicino … è ora ormai che vi svegliate dal sonno, perché adesso la salvezza ci è più vicina di quando credemmo’ (Romani 13:11-12). Nel Nuovo Testamento sonno e veglia significano anche morire e risuscitare, essere salvati e portati in gloria. ‘Risvègliati, o tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti inonderà di luce’ (Ef 5,14).

Questi sono diverse significazione del sonno nella Bibbia. C’è un'altra, cioè che Dio stesso non dorme. Ci sono alcuni passaggi molto belli che ci assicurano di questo. Il compositore Mendelssohn metteva uno di questi brani biblici in una musica gloriosa, il Salmo 121 che ci dice che Colui che veglia su di Israele 'non sonnecchia né dorme'. La notte dell'esodo dall'Egitto era una notte di veglia per il Signore (Esodo 12,42). La Trasfigurazione ci insegna che la notte della passione e morte di Gesù sarà anche una notte di veglia per Dio. ‘Svègliati, perché dormi, Signore?’, grida il poeta nel Salmo 44, ‘Dèstati, non ci respingere per sempre.’


La dormiveglia dei discepoli ci ammonisce, ci risveglia, ad un filone ricco di pensiero che si snoda attraverso le Scritture. Adamo, il primo uomo, dormiva mentre Dio creava Eva da lui. ‘Dio riversa i suoi doni sulla sua amata che dorme’, dice il salmo. Sulla croce Gesù dà il suo spirito, sprofondando nel sonno della morte, ma il suo cuore veglia (Cantico dei Cantici 5:2) perché il suo amore è più forte della morte. La Chiesa è nata dal suo fianco mentre dormiva, e quando si sveglia, risuscitato dai morti, è diventato primizia di coloro che sono morti, capo di tutti coloro che il Padre gli ha affidato.

Un'iscrizione paleocristiana, utilizzando la stessa parola greca usato da Luca per la dormiveglia dei discepoli, parla di Cristo come 'la luce che risveglia'. Egli è la Luce del mondo, totalmente vigile in se stesso, ma è anche la luce che risveglia tutti gli altri a nuova vita, portandoci attraverso i nostri momenti di sonno e di stanchezza ad una nuova comprensione, un nuovo amore, una nuova rivelazione della gloria nascosta.



domenica 10 marzo 2019

LA PROVA CI MANIFESTA CHI SIAMO

I Domenica di Quaresima - Anno C 


Ogni anno, la prima domenica di Quaresima, leggiamo il vangelo delle tentazioni di Gesù. Questo per essere incoraggiati all'inizio del digiuno quaresimale. Iniziamo un cammino di quaranta giorni perché Gesù digiunò per quaranta giorni nel deserto. Alla fine, fu tentato dal diavolo. Così non abbiamo un sommo sacerdote che non è in grado di comprenderci nella nostra debolezza, ma piuttosto uno che è stato tentato in tutti i modi in cui noi siamo tentati, anche se lui è senza peccato.

Le persone che cercano di servire Dio o di seguire Gesù devono prepararsi alla tentazione, alla prova. Questo succede perché possiamo sapere chi siamo, in che cosa crediamo, di cosa siamo capaci, e a chi doniamo realmente i nostri cuori. In risposta alle tentazioni che gli vengono poste innanzi, Gesù dimostra di amare il Padre con tutto il suo cuore, con tutta la sua mente e con tutte le sue forze. Cita brani del Libro del Deuteronomio dove questo genere di amore per Dio viene richiesto a Israele. Gesù si mostra fedele quando viene condotto dallo Spirito nel deserto, dove già il popolo era stato promesso a Dio nel diritto e nella giustizia, nell'amore costante e nella misericordia. Furono messi alla prova per dimostrare il loro amore per Dio e così avviene per lui. Non possiamo aspettarci di non essere messi alla prova dalla vita e in Quaresima ci alleniamo per affrontare questo combattimento.

Quest'anno leggiamo il racconto di Luca. Si differenzia da quello di Matteo in due aspetti. L'ordine delle tentazioni cambia in modo che l'ultima avviene a Gerusalemme. Come dice Luca, il ministero pubblico di Gesù è un viaggio verso Gerusalemme dove egli compie la Pasqua attraverso la morte e fino alla vita della risurrezione. La storia della Chiesa è un viaggio da Gerusalemme e - poiché i discepoli diventano suoi testimoni non solo lì, ma anche in Giudea e Samaria - fino ai confini della Terra. Gerusalemme è al centro dell'opera completa di Luca, che è suddivisa in due parti (Luca e gli Atti) - perciò è calzante con la struttura dell'opera che il diavolo si allontani da Gesù a Gerusalemme.

La seconda differenza è che, nel racconto di Luca, il diavolo si allontana da Gesù "fino al momento fissato". Si incontreranno di nuovo a Gerusalemme quando avverrà la prova finale di Gesù, l'"ora" in cui egli lascerà questo mondo e ritornerà al Padre. La vittoria finale di Gesù sulla tentazione è in quell'ora, sulla croce. Ancora una volta la sua vittoria è triplice: "Padre, perdonali", "Oggi sarai con me in paradiso", "Padre, nelle tue mani affido il mio spirito".

mercoledì 6 marzo 2019

MENTRE CERCHIAMO DI TORNARE A LUI CON TUTTO IL CUORE

MERCOLEDI DELLE CENERI 

La quaresima è meglio conosciuta come un tempo di digiuno, in cui la gente 'rinuncia a qualcosa'. Il punto del digiuno può, tuttavia, essere facilmente perso di vista. Un anno rinunciai al cioccolato, ma decisi che avevo ancora diritto alla mia parte di qualsiasi cioccolato arrivasse dopo. La Domenica di Pasqua ebbi un cassetto pieno di cioccolato che ha ricevuto una settimana di auto-indulgenza in onore della risurrezione del Signore. La lettera della Quaresima può essere stata osservata in un certo senso, ma non c'era alcun segno, lì, del suo spirito.

L’astensione dalle cose buone della vita - cibo, bevande, intrattenimento - non è un fine in sé. Per il cristiano lo scopo di questa astinenza è di aiutare concentrare la mente e il cuore su cose più importanti: la fede, la preghiera, le necessità del prossimo, il posto di Gesù Cristo nella nostra vita. Ho incontrato spesso persone che si preparavano a correre la maratona di Londra. Richiede una formazione scrupolosa e la rinuncia ad alcuni piaceri in modo da essere pronti per la sfida. Il digiuno e altre discipline spirituali sono come la preparazione di un atleta per una gara. Stiamo cercando di metterci in forma, per diventare in forma come credenti, per prepararci spiritualmente alla celebrazione della Pasqua e per un rinnovamento della vita cristiana.

Oltre al digiuno, ci sono altre due classiche opere quaresimali, la preghiera e l'elemosina. Che sono più positive del digiuno. Esse si occupano di un altro (Dio) o degli altri (i poveri) ed è possibile che esse siano le più difficili tra le pratiche quaresimali.

La preghiera è raramente un compito facile. È difficile sapere se si tratta di qualcosa che facciamo o qualcosa che permettiamo che accada, qualcosa che Dio fa dentro di noi. Suppongo che sia tutte e due le cose. La preghiera è il nostro tentativo di rimanere in contatto cosciente con Dio, per aprire le nostre menti e i cuori alla saggezza e all'amore di Dio. Significa anche ricevere i doni di Dio portando noi stessi alla presenza di Dio, e permettendo a Dio di operare attraverso di noi e di trasformare la nostra vita, per realizzare i cambiamenti che desideriamo.

La riga che costituisce il titolo di questa omelia è tratta dalla poesia di Robert Herrick,  “To Keep a True Lent”, “Osservare una Vera Quaresima”. La poesia si ispira al grande passo di Isaia 58, 'È forse questo il digiuno di cui mi compiaccio, il giorno in cui l'uomo si umilia? Il digiuno che io gradisco non è forse questo: che si spezzino le catene della malvagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi, che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo?'

Il vero digiuno, dice il profeta, non è una sorta di prova di resistenza per il corpo umano di cui  ci potremmo, quindi, vantare, ma un digiuno dal peccato, dall’ingiustizia, dalla corruzione e dall'inganno. Osservare davvero la Quaresima significa vivere bene la nostra religione e la vera religione per Isaia è molto pratica. Significa 'prendersi cura delle vedove e degli orfani nel loro bisogno'. Riconoscere l'ingiustizia, protestare contro di essa e sostenere le sue vittime, è un'altra opera quaresimale tradizionale.

Sono questi, allora, i compiti della Quaresima: il digiuno, la preghiera, l’elemosina. I quaranta giorni che noi osserviamo sono in memoria dei quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto dopo il suo battesimo da parte di Giovanni e prima del suo ministero pubblico. In quella occasione, egli è stato provato. La sua integrità e sincerità sono state sondate da Dio. Faceva davvero sul serio nella missione cui era stato chiamato? Amava il Padre con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta la sua forza? Era, dal profondo del cuore, il servo che Israele desiderava, faceva sul serio nel servire pienamente Dio? La prova per Gesù, nel deserto, è stata quella di vedere se amava il Padre ed era pronto a servirlo in tutto e per tutto. 

Allo stesso modo, noi siamo messi alla prova dalla vita. Attraverso la tentazione, conosciamo le nostre debolezze e i punti ciechi, la profondità dei nostri impegni e in quale misura siamo pronti a servire Dio. Durante la Quaresima è come se noi sollecitassimo consapevolmente questo tipo di prova, ci poniamo in prima linea, per così dire, nel sottoporre le nostre vite al controllo di Dio. Abbiamo l'esempio di Gesù che ci guida, ma abbiamo anche la sua compagnia e l'aiuto della sua grazia, mentre cerchiamo di tornare a Dio con tutto il cuore.