Un regalo più grande non potevi farmi, uno zampillo d’acqua fresca dopo giorni e giorni in un deserto che sai bene quanto arido. Sarò all’altezza di questo dono, lo prometto a me stessa.
Etty Hillesum

Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!
Caterina da Siena

venerdì 30 marzo 2018

PAROLE NEL SILENZIO


Di fronte alla morte diventiamo tutti muti. Non abbiamo parole adeguate per questa realtà che va al di là della nostra esperienza personale. Il Venerdì Santo più che mai ci troviamo in questa difficoltà: di fronte alla morte del Figlio di Dio, che c’è da dire? Come mai possiamo parlare quando il Verbo stesso è morto?

Ma abbiamo le sue parole, dalla croce: il Vangelo di Giovanni ne ricorda tre, e da queste parole possiamo imparare qualche cosa sul significato di questa morte, avere un'idea di come Gesù stesso abbia sperimentato e vissuto la sua morte.

‘Donna, ecco tuo figlio.’ ‘Donna’ è il titolo che Gesù ha dato a sua madre nel secondo capitolo del Vangelo di Giovanni, alle nozze di Cana. E ci sono tanti legami fra quel miracolo dell’acqua diventata vino e questo momento della morte di Gesù sulla croce. Quello era il primo segno dato da Gesù e la sua morte sulla croce è il suo ultimo segno. Alle nozze di Cana manifestò la sua gloria ai discepoli e sulla croce manifesta la sua gloria al mondo intero. A Cana diceva che non era ancora giunta la sua ora: sappiamo che l’ora della quale parlava è l’ora della sua passione e della sua morte, l’ora di passare da questo mondo al Padre.

‘Ho sete.’ È la seconda parola di Gesù dalla croce. Il miracolo di Cana già ci invita a pensare alla sete più profonda, non soltanto quella dell’acqua o del vino, ma la sete della verità, dell’amore, della giustizia, magari la nostra sete anche di Dio. Gesù parlava spesso di un’acqua che è venuto a darci: ‘Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete’, diceva alla Samaritana. Una volta insegnando nel tempio diceva: ‘Chi ha sete venga a me e beva … chi crede in me … fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno.’ Questo egli disse, Giovanni ci spiega, riferendosi allo Spirito. Adesso, dalla croce, Gesù stesso dice ‘ho sete’. È la sete di un uomo che sta morendo, certo, ma anche la sete del Verbo Incarnato, la sete del Figlio Eterno, il suo desiderio dell’amore del Padre, e che quelli che egli ama possano partecipare di quell'amore, nella comunione dell'amore divino. Quando il soldato colpì il suo fianco, subito ne uscì sangue e acqua. Nel momento in cui Gesù dà tutta la sua vita, tutto il suo potere, tutto il suo amore, la sua sete crea una sorgente di vita spirituale e soprannaturale che è la vita della Chiesa.

‘È compiuto.’ Questa è l’ultima parola di Gesù secondo il vangelo di Giovanni. Tutto è fatto. L’ora è compiuta. L'opera è finita. È rimasto fedele alla volontà del Padre, mostrando al mondo intero la gloria del Figlio unico del Padre, pieno di grazia e di verità. ‘Chinato il capo, consegnò lo spirito.’ È il momento della sua morte, è entrato nelle tenebre della morte. Il mondo è ancora una volta informe e deserto, le tenebre ricoprono l’abisso, ma lo spirito consegnato da Gesù aleggia sulle acque.

mercoledì 28 marzo 2018

GIOCARE A NASCONDINO CON DIO


Da bambini chiamavamo questo giorno 'Mercoledì della spia'. È il giorno che Giuda ha speso alla ricerca di Cristo, cercando l'opportunità di tradirlo. In pochi giorni sentiremo di Maria Maddalena, anche lei alla ricerca di Cristo, di colui che hanno portato via. 

Ci piace pensare a noi stessi come a persone 'alla ricerca di Cristo', che cercano di trovarlo e riconoscerlo nelle diverse circostanze della propria vita. Sia Giuda che Maria lo hanno cercato. Perché noi lo stiamo facendo, allora, qual è la nostra motivazione? Che cosa vogliamo fare con lui quando lo troveremo? Speriamo che la nostra motivazione sia più vicina a quella di Maria, cioè che abbiamo imparato ad amare lui, che a quella di Giuda, cioè che vogliamo usarlo, o persino, in qualche modo, 'abusare' di lui.

Nel corso della nostra vita, di tanto in tanto perdiamo Cristo e questa è per noi l'occasione di riflettere, in primo luogo, sul perché lo cerchiamo. Laddove siamo certi che lo troveremo - la creazione, la Bibbia, il vicino di casa, la liturgia, la vita e l'opera della Chiesa, l'Eucaristia - a volte siamo riempiti di un senso della sua presenza, e altre volte questi stessi luoghi ci lasciano nella freddezza. La vita spirituale è una serie di perdite e di ritrovamenti di Cristo. Nel Cantico dei Cantici, grande testo mistico della Bibbia, essa è stata descritta come un gioco di ‘nascondino’, cui piace giocare ai bambini e agli amanti, fingendo di perdere quello che amano in modo da provare l'emozione di ritrovarlo.

Nella nostra vita di fede non sempre questo si percepisce come un gioco. E si gioca per davvero, mentre lo perdiamo e troviamo ripetutamente. Ma ciò avviene affinché scopriamo il motivo per cui lo stiamo cercando. Come i discepoli nel Vangelo di oggi, non siamo sicuri di non essere proprio noi coloro che lo tradiranno. Lo cerco perché lo amo o per rassicurare me stesso riguardo qualcosa? Lo cerco perché voglio semplicemente essere con lui o perché voglio usare in qualche modo lui, la sua vita, il suo insegnamento, la sua potenza, per scopi che non sono coerenti con la sua vita e il suo insegnamento o il suo potere?

Il perdere e il ricercare e il ritrovare continueranno finché non impariamo questo: è Cristo che ci sta cercando e tutti noi abbiamo bisogno di sapere come riceverlo per dargli il benvenuto, per aprire la porta a lui che bussa, per essere grati e gioiosi per il suo amore salvifico.

domenica 25 marzo 2018

UN RAPPORTO CHE SIAMO INVITATI A CONDIVIDERE

Domenica delle Palme o della Passione del Signore
Letture:

Il racconto di Marco sull'arresto, il processo e l'esecuzione di Gesù è semplice, persino austero. Passa velocemente da un momento all'altro, riassumendo gli eventi che si sono svolti nell'arco di ventiquattro ore, dalla preparazione alla Pasqua alla sepoltura del suo corpo. Fornisce lo schema per i racconti più elaborati che troviamo negli altri tre vangeli. 

Dato che il suo racconto è così succinto, è ancora più interessante considerare le cose che si trovano solo nel racconto di Marco e non sono comnsiderate dagli altri evangelisti.

Una di queste è l'uso del termine 'Abba' nella preghiera di Gesù nel Getsemani. Per molto tempo è stato accettato che questo termine aramaico fosse una forma intima con cui un figlio poteva rivolgersi al padre, qualcosa di simile a 'paparino' o 'papà'. Più di recente gli studiosi hanno messo in discussione questa interpretazione. In ogni caso, ovunque si presenti nel Nuovo Testamento, è sempre in combinazione con il termine greco per "padre", pater (qui in Marco 14,36 e nei due modi di utilizzare il termine da parte di Paolo, Romani 8,15 e Galati 4,6).

Ci sono molti altri riferimenti a Gesù che prega suo padre e può darsi che Marco voglia sottolineare l'intimità di questa relazione nel momento in cui viene messa più duramente alla prova. Gli altri punti in cui i termini aramaici sono registrati nei vangeli implicano tutti forti reazioni emotive in Gesù. Paolo poi ci insegna che il rapporto che Gesù ha avuto con il Padre è un rapporto che tutti siamo invitati a condividere. L'incapacità dei suoi discepoli di stare con Gesù durante l'agonia nell'orto, tuttavia, ci sarà familiare già a partire dalle nostre esperienze di cercare di rimanere fedeli al suo insegnamento.

Il racconto di Marco di questa passione viene scandito dagli orologi della notte. In alcuni atti il dramma si svolge tra l'imbrunire e l'alba, per poi passare agli altri eventi del Venerdì Santo. Il libro dell'Esodo descriveva la notte prima dell'attraversamento del Mar Rosso come "una notte di veglia da parte del Signore" (Esodo 12,42) che, come un genitore ansioso, una sentinella vigilante, o un guardiano premuroso, veglia sulla persona amata. Questa era la veglia originaria, operata da Dio, quando vegliava su suo figlio Israele. Il racconto della passione di Marco ci presenta un'altra notte di veglia di Abba, Padre, che non abbandonerà mai suo Figlio, ma lo risusciterà e lo farà sedere alla sua destra nel regno della gloria che sta per arrivare.

Un altro episodio registrato solo da Marco riguarda un giovane che indossa solo un panno di lino che viene gettato via da lui mentre fugge, nudo, dal giardino. Marco non offre alcuna spiegazione, né identifica il giovane. I vestiti di lino sono associati al sacerdozio e alle liturgie del Tempio. Ci viene detto che tutti i suoi discepoli lo hanno abbandonato tranne questo giovane che lo stava seguendo. Forse è Giovanni, il discepolo prediletto, che il vangelo di Giovanni ci dirà essere stato sotto la croce con Maria, la madre di Gesù.

C'è un versetto, nella profezia di Amos, che parla del giudizio di Dio su Israele, che dice che "il più coraggioso fra i prodi fuggirà nudo in quel giorno" (Amos 2,16). "Quel giorno" è il giorno del giudizio del Signore sul suo popolo. Forse questo è quanto ci è dato di vedere in questo strano momento registrato da Marco, un compimento di questa profezia. Sembrerà in seguito che Gesù sia colui che viene giudicato, mentre in realtà il suo processo e la sua esecuzione sono la rivelazione della giustizia di Dio e, dall'altra parte, la condanna dell'ingiustizia umana.

Forse il giovane è una figura celeste e angelica, che lascia Gesù per il momento, solo per apparire più tardi al sepolcro. Dove Gesù nudo era stato avvolto in un telo di lino, ora appare un giovane vestito di bianco che dice alle donne che Gesù è risorto dai morti. Forse è una figura che segna il passaggio dalla fine della vita terrena di Gesù all'inizio della sua vita da risorto. E così facendo prefigura il cristiano rinato che scenderà, nudo, per essere battezzato e risorgerà con Cristo per essere unto e avvolto nella veste bianca della sua nuova dignità.

Nonostante la sua semplicità e il suo ritmo ci sono molti punti, nel racconto della passione di Marco, che ci incoraggiano a fermarci e a riflettere.

domenica 18 marzo 2018

UN'ORA DA ABBRACCIARE

V SETTIMANA DI QUARESIMA - DOMENICA ANNO B

Questo passo ci riporta all'inizio del Vangelo di Giovanni. Dove ci sono Filippo e Andrea. C'è il desiderio di vedere Gesù. C'è un riferimento all'ora che adesso è arrivata, c'è un riferimento a Gesù che viene innalzato, e c'è un riferimento alla gloria. Tutto questo troviamo nelle pagine iniziali del Vangelo di Giovanni.

L'essere 'innalzato' è un tema ricorrente nel Vangelo. Quando Filippo porta Natanaele ad incontrare Gesù, all'inizio, Gesù gli dice che vedrà cose ancora più meravigliose, vedrà il Figlio dell'Uomo, il cielo aperto e gli angeli che salgono e scendono sul Figlio dell'Uomo. Nel capitolo 3 Gesù disse a Nicodemo che il Figlio dell'Uomo doveva essere innalzato così come Mosè innalzò il serpente nel deserto. E ora qui, nel capitolo 12, Gesù dice che deve essere innalzato e che attirerà tutto a sé, indicando ora con questo riferimento il modo in cui dovrà morire.

L'ora non era ancora arrivata quando Maria chiese a Gesù di operare un segno alla festa delle nozze di Cana, all'inizio del Capitolo 2 del Vangelo di Giovanni. Ci viene detto ancora due volte, nel capitolo 7 e nel capitolo 8, che l'ora non era ancora arrivata. Ma adesso, improvvisamente, la richiesta di questi greci di vedere Gesù sembra essere il catalizzatore. L'ora è venuta, dice Gesù, perché il Figlio dell'uomo sia glorificato, un'ora che è difficile da abbracciare, ma che egli deve abbracciare perché questo è il motivo per cui è venuto nel mondo, proprio per giungere a quest'ora.

Questa è l'ora della sua gloria, ma è anche l'ora della gloria del Padre. Non possono mai essere separate la gloria del Figlio e la gloria del Padre. Il nome del Padre deve essere glorificato mentre il Figlio dell'uomo è glorificato. 'L'ho glorificato e lo glorificherò di nuovo', dice la voce dal cielo. Ha già glorificato il suo nome. Quando? Nel vecchio testamento, in tutto ciò che Dio aveva fatto preparando il suo popolo per quest'ora. E ancora nel nuovo testamento, in ciò che è stato fatto per mezzo di Gesù. O forse si riferisce a tutto ciò che Gesù ha già fatto, i segni che ha già operato, attraverso i quali il nome del Padre è stato glorificato. E il grande segno che deve ancora venire, il segno della sua morte, il culmine di questa rivelazione della gloria di Dio.

Ci viene quindi consegnato un sommario ricco e concentrato dell'insegnamento di Gesù. 'Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto'. 'Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna'. 'Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà'.

Il seme di cui aveva parlato nelle parabole, che seminato nella terra porta frutto, la parola dell'insegnamento, la parola di sapienza, è ciò che sta per diventare lui, lui stesso, Gesù, seminato nella terra, per essere colui che porta frutto; il suo insegnamento sul pane della vita deve essere completato, integrato dal pane vivo che egli deve diventare, parola seminata nella terra, parola che deve portare vita, la vita eterna al mondo.

Questo ricco, concentrato sommario continua perché sembra che qui in questo breve brano troviamo echi del battesimo di Gesù, della trasfigurazione di Gesù, dell'agonia nell'orto. Nessuno di questi avvenimenti è raccontato in dettaglio da Giovanni e tuttavia tutti stanno qui in questo breve passo, il cuore di questi avvenimenti della vita di Gesù è qui, dove egli si rivela come il servo, il prescelto, l'amato, l'unico figlio del Padre, colui che deve dare vita dal Padre.

Chi vuole salvare la propria vita la perde, e chi perde la propria vita nel servizio e nell'amore la conserva per la vita eterna. Questo insegnamento prende consistenza nella via seguita da Gesù, nostro salvatore e nostro campione. Egli è colui che perde la sua vita nel servizio e nell'amore, è colui che conserva quella vita per la vita eterna, è colui che diventa per noi la sorgente della vita eterna.

Quindi, in questo momento, in questo punto di svolta del Vangelo, ci viene dato uno sguardo in anticipo sul nostro campione "innalzato", il Dio guerriero che viene a combattere contro i poteri del male e della morte. E l'ora di quel combattimento è arrivata. Quella in cui, con la sua morte, il mondo viene giudicato. Quello in cui, con la sua morte, il principe di questo mondo viene cacciato. Quello in cui, attraverso la sua morte, viene rivelata la gloria di Dio. Quello in cui egli, morendo, porta molto frutto e attira tutti, uomini e donne, a se stesso e, quindi, al Padre.

giovedì 8 marzo 2018

La mediazione della donna


Sul sito della Provincia Romana di Santa Caterina da Siena, Suor Mirella ha pubblicato un articolo intitolato La mediazione della donna nel carisma Domenicano che puoi leggere qui.