Il ministero pubblico di Gesù inizia
"dal battesimo di Giovanni" (At 1,22), la cui apparizione nel deserto
della Giudea, predicando e battezzando, segna l'adempimento di una serie di
profezie bibliche.
Giovanni il Battista è "una voce che
grida nel deserto". Questa era una frase usata in Isaia 40 in riferimento
a colui che annuncia il ritorno del popolo dall'esilio di Babilonia. Quel ritorno
significava un nuovo inizio, la fine dell'alienazione tra Dio e il suo popolo e
l'instaurazione di una nuova alleanza tra di loro. La fine dell'esilio fu di
grande importanza per il popolo come segno concreto della continua assistenza
di Dio.
Per i profeti, i quaranta anni trascorsi
da Israele a vagare nel deserto furono la luna di miele della sua relazione con
Dio, un periodo idilliaco di amore giovane, innocente e leale. Nel ritornare
dall'esilio in Babilonia, dice Isaia, il deserto attraverso il quale il popolo
passa esulta e produce fiori, l'acqua scorre nelle terre aride, e la landa
gioisce e fiorisce.
Quindi il rinnovamento e i nuovi inizi
nella relazione tra Dio e il suo popolo sono associati alla natura selvaggia.
La natura selvaggia è il luogo in cui cercare segni che cose nuove potrebbero
essere sul punto di accadere. Il primo segno che l'esilio in Babilonia stava
finendo fu la voce di Isaia che piangeva nel deserto. Il primo segno che Gesù,
il Messia, stava per iniziare la sua missione fu la voce di Giovanni che
piangeva nel deserto e proclamava "pentitevi, perché il regno dei cieli è
vicino".
Un secondo filone di aspettativa
dell'Antico Testamento si concentra sul profeta Elia ed è riferito dai
cristiani anche a Giovanni il Battista. La tradizione biblica è che Elia non è
morto ma è stato trasportato in cielo su un carro infuocato. In alcuni ambienti
ebraici c'era la convinzione che prima della visita finale di Dio, Elia sarebbe
tornato per avvertire la gente che questo "giorno grande e terribile"
stava per sorgere.
Questa tradizione profetica dà voce a un
appassionato desiderio di giustizia, alla speranza che Dio venga come giudice
per rimediare a tutto ciò che è stato distorto dall'ingiustizia, dalla
crudeltà, dall'oppressione e dalla malvagità. Sappiamo quanto sia difficile per
gli esseri umani vivere insieme nella giustizia. Di chi è la giustizia? Di chi
è la verità? Esiste un risarcimento per tutte le crudeltà e le violenze che
subiscono le persone? A chi possono rivolgersi i poveri di questa terra per
ottenere aiuto, verità e giustizia se non possono rivolgersi a Dio?
Giovanni il Battista è anche l'erede di
questa tradizione. Egli avverte che è giunto il momento per le persone di
mettere ordine nelle loro vite. Il giudizio è in corso.
Gesù inizia la sua predicazione con lo
stesso messaggio, "convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino".
Ma, sulle labbra di Gesù, queste parole hanno maggiore profondità e potenza.
Giovanni indica colui che deve venire, ma Gesù è costui. Giovanni avverte la
gente dell'imminenza del regno, ma Gesù è la sua presenza. Giovanni battezza
con l'acqua per il pentimento, ma Gesù battezza in Spirito Santo e fuoco per
una nuova vita, una nuova creazione. Ciò che è promesso nelle parole del
Battista si realizza nelle parole, nelle azioni, nell'insegnamento, nella
passione, morte e risurrezione di Gesù.
In Gesù le profezie si adempiono, come
sempre, in modi inaspettati. Chi avrebbe mai pensato che Dio si sarebbe
impegnato con l'ingiustizia, l'oppressione e la violenza permettendo a suo
Figlio di diventare l'innocente vittima di ingiustizia, oppressione e violenza?
Chi avrebbe mai pensato che lo sbocciare di una nuova vita nel deserto dei
cuori umani sarebbe stato più radicale e più impegnativo del piantare la
vegetazione in un deserto? Chi avrebbe mai pensato che l'amore potesse essere
più esigente della giustizia? Chi avrebbe mai pensato che il nostro giudice
sarebbe stato prima di tutto il nostro salvatore?
Eppure tutto ciò è vero nel regno
stabilito da Gesù Cristo. Giovanni il Battista si trova sulla soglia di quel
regno. È il suo araldo e il primo segno del suo imminente arrivo. Secondo Gesù,
egli non è solo il più grande dei profeti, ma il più grande degli esseri umani.
Eppure l'ultimo di quelli che credono in Gesù ha accesso a qualcosa di più
grande. La nostra presa su questo qualcosa può essere debole, ma anche il
minimo barlume di fede ci dà l'accesso a una meravigliosa realtà: la presenza
di Dio in mezzo a noi in Gesù Cristo, nostro salvatore e nostro giudice.
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