Domenica di Pentecoste
Letture: Atti 2,1-11; Salmo 104; 1 Corinzi 12,3b-7,12-13; Giovanni 20,19-23
Accade spesso che i soldati e altre persone che stanno sotto l'autorità di qualcun altro, se vengono sorpresi a fare qualcosa di illegale, si difendano dicendo che stavano "eseguendo gli ordini". Allo stesso tempo, i superiori affermano che ciò che è accaduto era un'attività non autorizzata e illegale portata avanti da "poche mele marce". Non è la prima volta che ci troviamo di fronte alla prospettiva di una malvagità per la quale nessun essere umano è disposto ad accettare la responsabilità. Da quando Adamo ha incolpato Eva ed Eva ha accusato il serpente, ed entrambi hanno accusato Dio, gli esseri umani si sono trovati a fare di tutto per scaricare la responsabilità su qualcun altro.
Dall'antica Grecia, al di là del clamore di Troia e delle altre grandi battaglie, s'innalza una nitida voce umana che esprime un'altra possibilità per l'umanità: la possibilità di accettare coraggiosamente la responsabilità di ciò che facciamo. È la voce di Antigone il cui fratello era stato ucciso in battaglia. Creonte, re di Tebe, ordina che il suo corpo non sia sepolto. È un modo classico di umiliare e intimidire un nemico: non permettergli di seppellire i propri morti, ma esporne i cadaveri in decomposizione perché tutti li vedano.
Antigone disobbedisce all'ordine del re e seppellisce il corpo di suo fratello. Quando viene chiamato a renderne conto, non si scoraggia né fa di tutto per incolpare qualcun altro. Al contrario, si appella ad una legge più profonda e più antica di quella decretata dal re. C'è una giustizia, dice, che dimora con gli dei ed è eterna. Le leggi e i decreti umani sono buoni e giusti solo nella misura in cui sono conformi a questa legge più alta e più antica. Gli ordini devono essere morali. Anche le leggi devono essere giuste.
La Pentecoste è la festa del dono della legge. È celebrata dagli ebrei in ricordo del dono della legge sul Monte Sinai. Con questa legge si forma la comunità di Israele e si definiscono le sue modalità di relazione con Dio e con gli altri. I cristiani festeggiano la Pentecoste in ricordo del dono dello Spirito. Con questo dono si forma la comunità della Chiesa e i suoi modi di relazionarsi con Dio e con gli altri.
Gli Apostoli avrebbero detto di lì a breve che "stiamo solo eseguendo gli ordini" e questo è vero. Andarono e fecero quello che Cristo aveva detto loro di fare. Predicarono la buona novella fino alle estremità della terra e battezzarono tutti coloro che credevano nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. "Come il Padre mi ha mandato", dice Gesù, "così io mando voi".
Ma poi fece una cosa strana. Soffiò su di loro. Dio aveva soffiato il respiro della vita nelle narici di Adamo ed egli era diventato un essere vivente (Genesi 2). Gesù soffia il respiro dello Spirito nelle narici dei suoi apostoli ed essi sono divenuti una nuova creazione. Diventano persone la cui vita è guidata da una nuova legge, scritta non sulla pietra ma sul cuore umano. Geremia predisse questa nuova legge, scritta dentro le persone, sui cuori umani (Geremia 31). Questa nuova legge obbliga dall'interno. Opera attraverso il potere dell'amore e l'attrazione di ciò che è buono. Altri tipi di legge obbligano dall'esterno. Operano attraverso il potere della paura e la minaccia della punizione.
Ma chi vive dello Spirito è comandato dall'amore di Cristo, dice Paolo (2 Corinzi 5,14), è letteralmente "spinto" dall'amore di Cristo. Non significa semplicemente che portiamo il ricordo delle cose che Gesù ci ha detto di fare e cerchiamo di imitarlo esternamente. Significa che lo Spirito di Gesù è venuto a dimorare in noi, muovendoci dall'interno. L'amore di Cristo è stato riversato nei nostri cuori (Romani 5,5) e quindi viviamo non come persone sottoposte a una legge, ma come persone guidate dallo Spirito (Galati 5,18).
A Pentecoste celebriamo la trasformazione dell'umanità dal di dentro. Quanto lavoro è necessario per tentare di trasformare l'umanità dal di dentro! Ma non c'è alcun cambiamento reale, nessun progresso verso un regno di giustizia, di amore e di verità, a meno che le persone non siano cambiate dal di dentro. Possiamo facilmente conformarci a ciò che le autorità esterne vogliono ed evitare problemi. Possiamo persino biasimare gli altri, o le circostanze, per il male che facciamo. Ma colui che vive dello Spirito è capace di qualcosa di più. Rafforzato dallo Spirito, uomo o donna che sia, può parlare a favore di ciò che è giusto, può lottare per ciò che è giusto, può fare ciò che l'amore richiede, anche a prezzo del sacrificio. Vivere dello Spirito è essere maturi, conoscere il bene e il male (in primo luogo in noi stessi), chiamare il bene e il male con il loro nome e accettare le cose di cui siamo responsabili. Siamo servi nel nuovo regime dello Spirito (Romani 7,6) e quindi siamo veramente liberi.
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