Un regalo più grande non potevi farmi, uno zampillo d’acqua fresca dopo giorni e giorni in un deserto che sai bene quanto arido. Sarò all’altezza di questo dono, lo prometto a me stessa.
Etty Hillesum

Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!
Caterina da Siena

venerdì 14 settembre 2018

Esaltazione della Santa Croce - 14 Settembre


Ogni volta che la Bibbia parla di un figlio unico, lo fa in riferimento alla morte di questo figlio (con una sola eccezione: Proverbi 4,3). Nel Libro dei Giudici, per esempio, leggiamo di Iefte, un giudice che fece un voto assurdo: se il Signore lo avesse aiutato in una particolare campagna, egli avrebbe sacrificato il primo essere vivente che avesse incontrato al suo ritorno a casa. Con suo sgomento, gli venne incontro sua figlia, la sua unica figlia (Giudici 11,34).

I profeti parlano della particolare tristezza che comporta il lutto per un figlio unico (Geremia 6,26 e Amos 8,10). Zaccaria, in particolare, parla di un tempo in cui vi sarà per gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione e sarà aperta una sorgente zampillante per purificarli. Quando "guarderanno a colui che hanno trafitto", egli dice: "ne faranno il lutto come si fa il lutto per un figlio unico, lo piangeranno come si piange il primogenito" (Zaccaria 12,10; 13,1).

Questo senso di particolare tristezza continua nel Nuovo Testamento, in particolare nel Vangelo di Luca, che nota che tre dei figli riportati in vita da Gesù erano gli unici figli dei loro genitori: il figlio della vedova a Nain (capitolo 7), la figlia di Giairo (capitolo 8) e il figlio di un maestro (capitolo 9).

Il più importante dei figli unici dell'Antico Testamento è Isacco. Era il figlio concesso miracolosamente ad Abramo e Sara nella loro vecchiaia. Le promesse fatte ad Abramo, e attraverso di lui agli Ebrei, e attraverso di loro al mondo intero, ponevano la loro speranza su Isacco. Stranamente, Dio chiede ad Abramo di sacrificare Isacco (Genesi 22). Egli deve prendere Isacco, "il tuo figlio, il tuo unico figlio, che ami" e offrirlo in olocausto a Dio. Isacco stesso trasporta la legna per il sacrificio, anche se non sa chi sarà la vittima. All'ultimo momento Dio interviene, soddisfatto che Abramo abbia superato la prova, e al posto del ragazzo viene offerto un ariete.

Il popolo ebraico credeva che il Messia promesso sarebbe stato innalzato da Dio come ricompensa per la fede che Abramo aveva mostrato in quell'occasione. Questo è ciò a cui pensa San Paolo quando dice che "Dio non ha risparmiato il proprio figlio, ma lo ha dato per tutti noi" (Romani 8,32). Ha risparmiato il figlio di Abramo, ma non ha risparmiato il proprio figlio.

I riferimenti più importanti a un figlio unico nelle Scritture cristiane sono quei passaggi degli scritti di Giovanni in cui Gesù è descritto come l'unico figlio del Padre. Tenere presente la storia di Abramo e Isacco ci aiuta a capire cosa sta succedendo tra il Padre e Gesù.

Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unico figlio, ci viene detto, affinché chiunque crede nel suo nome possa essere salvato attraverso di lui (Giovanni 3,16-18). La prima lettera di Giovanni dichiara meravigliosamente che "Dio è amore". Lo sappiamo perché "Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui" (1 Giovanni 4,9). Le promesse fatte per la prima volta ad Abramo si realizzano in un modo che il vecchio padre Abramo non avrebbe mai potuto immaginare. Proprio come Isacco portava il legno per il sacrificio, così Gesù prende la croce sulle spalle (Giovanni 19,17).

La profezia di Zaccaria si compie nel momento della morte di Cristo. Il suo fianco è trafitto da una lancia. Gli abitanti di Gerusalemme guardano a colui che hanno trafitto (Giovanni 19,37). La sorgente aperta nel cuore di Gerusalemme sono il sangue e l'acqua che sgorgano dal costato di Cristo. Giovanni ci dice che la gloria di Gesù è la gloria "di unigenito dal padre" (Gv 1,14). Questo significa morte, la morte di un figlio amato, con ogni probabilità una morte sacrificale.

Sembra strano che dobbiamo guardare alla croce di Gesù per vedere la sua divinità. Che gloria c'è in quest'uomo che muore senza bellezza, "davanti al quale ci si copre la faccia" (Isaia 53,3)? Pensiamo di sapere cosa sia Dio, cosa sia appropriato a Dio e cosa non lo sia. Così trasferiamo la "gloria" in un altro momento della storia. Non possiamo vederla nella croce. Ma nessuno ha mai visto Dio, ci dice Giovanni, quindi come possiamo essere così sicuri di ciò che è o non è adatto a Dio? Il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato" (Gv 1,18).

È nella morte di Gesù che Dio si rivela perché è nella sua morte che l'amore che Dio è, l'amore di un Padre e del suo Figlio unigenito, si rivela finalmente al mondo.

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