XXII Domenica B
Vivere con
fede è una questione di interiorità e anche di azioni esterne. La vera fede
richiede sia una spiritualità che una morale. Un'interiorità senza azioni
esterne produrrà buone intenzioni, ma, come si suol dire, di buone intenzioni
è lastricata la via dell'inferno. D'altra parte, l'azione
esterna senza interiorità diventa ipocrisia o legalismo. Un'osservanza
puramente esteriore di regole, tradizioni e costumi religiosi è vuota, arida e
morta.
La vera
fede passa dal cuore alle mani, attraverso la comprensione. È l'insegnamento
chiaro delle letture di oggi. Gesù dice che non è ciò che entra in una persona
dall'esterno che la rende impura, ma ciò che esce dal di dentro.
La parola è stata piantata in noi, dice la Lettera di Giacomo, ed è nei nostri
cuori che cresce e fiorisce. Ma questo può accadere solo se facciamo ciò che la
parola ci dice. Non è sufficiente ascoltarla ed esaltare a parole le sue richieste. Il nostro cuore potrebbe essere ancora lontano, e se il cuore è lontano, le nostre azioni da sole saranno vane.
Ciò che ci mantiene attenti alle esigenze della vera fede è la presenza dei poveri. Giacomo dice che religione pura e senza macchia davanti a Dio è aiutare
gli orfani e le vedove. Essi simboleggiano le persone più vulnerabili delle
nostre comunità. I nostri cuori sono solitamente commossi dalla loro difficile
situazione. Questi orfani e queste vedove sono le persone che, nelle nostre comunità, hanno gravi necessità, ma rappresentano anche, indistintamente, tutte le persone bisognose delle nostre
comunità. Il nostro prossimo ci richiama alla nostra responsabilità, ci richiama
alla sincerità nel vivere la nostra fede.
Ci richiama in questo modo, toccando i nostri cuori e aspettando di vedere se quel moto di
compassione si tradurrà in azione. Sappiamo quanto sia importante nell'insegnamento
di Gesù l'amore del prossimo. Il tuo prossimo ti ricorda cosa comporti la vera fede
e il tuo prossimo ti chiama a viverla.
C'è un altro aspetto in questa chiamata del prossimo. Le Scritture ci dicono ripetutamente che Dio è il Padre dell'orfano e il difensore della vedova. Così, quando rispondiamo agli orfani e alle vedove secondo il loro bisogno, siamo in compagnia del Padre. Siamo infatti, allora, gli strumenti di Dio, il mezzo con cui egli si prende cura dell'orfano e difende la vedova. Quando viviamo così, con le nostre ispirazioni spirituali e interiori tradotte in opere pratiche di giustizia e di carità, allora siamo come Dio. E questa è la motivazione più forte per l'azione morale nelle Scritture: siate come il Padre vostro celeste, siate santi come lui è santo, siate giusti come lui, siate perfetti come lui è perfetto, siate misericordiosi come lui è misericordioso.
L'altra caratteristica della vera fede secondo la Lettera di Giacomo è quella di mantenersi incontaminati dal mondo. Non significa che non dobbiamo sporcarci le mani. Dobbiamo lasciarci coinvolgere dagli eventi mondiali. Dobbiamo lavorare per stabilire e difendere la giustizia. Dobbiamo lavorare per salvare gli oppressi e i perseguitati. Dobbiamo accogliere lo straniero, nutrire gli affamati, vestire gli ignudi e visitare coloro che si trovano in carcere.
Inevitabilmente, le nostre mani si sporcheranno, ma è nei nostri cuori e nelle nostre menti che dobbiamo mantenerci incontaminati dal mondo. Per fare questo dobbiamo rimanere vicini a Dio nella preghiera, dobbiamo vivere con Cristo e meditare ogni giorno la sua parola che è piantata nei nostri cuori, dobbiamo lasciare che lo Spirito ci guarisca e ci trasformi con il dono dell'amore che egli riversa nei nostri cuori.
La vera fede richiede sia una spiritualità che una morale. Si stabilisce prima nei nostri cuori, diventa sempre più nostra attraverso la comprensione, e trova il suo compimento nelle nostre azioni, nel modo in cui viviamo. Possa ognuno di noi partecipare ogni giorno a questo dono di fede per vivere con maggiore pienezza la vita che Dio vuole condividere con noi.
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