Un regalo più grande non potevi farmi, uno zampillo d’acqua fresca dopo giorni e giorni in un deserto che sai bene quanto arido. Sarò all’altezza di questo dono, lo prometto a me stessa.
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Caterina da Siena

lunedì 23 gennaio 2017

SAN DOMENICO VISTO DA SAN TOMMASO D'AQUINO

Come complemento al contributo di Sr Mirella Caterina sul modo in cui Santa Caterina da Siena ha parlato di Domenico, ecco una riflessione di fr Vivian Boland sul modo in cui lo stesso Domenico è visto da San Tommaso d’Aquino. Celebreremo la festa di San Tommaso alla fine di questa settimana (28 gennaio).
 
In tutte le opere di San Tommaso non troviamo riferimenti al nome di San Domenico, fondatore dell’Ordine cui Tommaso aveva deciso di appartenere contro i desideri della propria famiglia. C’è un riferimento a Domenico nella lettera sullo studio che, in passato, venne attribuita a Tommaso ma che nessuno, oggi, considera un lavoro autentico dell'Aquinate. Si dice che ci sia soltanto un riferimento in un'opera autentica, in uno dei suoi Sermoni. Ma ci sono riferimenti impliciti al grande fondatore dei Domenicani e al suo progetto e vale la pena riflettere su alcuni di questi.


Sembra che, nella fase iniziale della vita dell'Ordine, ci siano stati tentativi di promuovere l'idea di Domenico come 'altro Cristo'. Questo non era troppo problematico finché i Francescani e i Domenicani lavoravano insieme per difendere la loro nuova forma di vita. Ma quando i Francescani e i Domenicani caddero in una sorta di competizione tra di loro, in disaccordo sulla povertà per esempio, i Domenicani sembrano essersi tirati indietro dal presentare Domenico come alter Christus. Il motivo, a quanto pare, era che i Francescani avevano un candidato molto migliore per quella posizione nella persona del loro fondatore, Francesco d'Assisi. La 'concorrenza' era troppo potente, i Domenicani vedevano che non c’era realmente possibilità di 'competizione'. Sembra che il poverello, Francesco, avrebbe vinto facilmente in ogni possibile 'gara' per la posizione di alter Christus.


Ma i Domenicani erano intelligenti anche in questo caso e, quindi, ciò che hanno deciso di fare era di non rivendicare Domenico come un altro Cristo, ma di rivendicare Cristo come il primo Domenicano! Domenico era, allora, il suo agente e collaboratore, uno dei tanti, ma ancora il leader in un movimento che ha restituito alla Chiesa la vita apostolica, cioè il modo di vivere intrapreso da Cristo e gli Apostoli. In altre parole, Cristo e i suoi Apostoli hanno vissuto quella forma di vita che noi riconosciamo come quella dei Domenicani.



Il testo classico su questo è quello di Tommaso d'Aquino nella sua Summa theologiae IIIa parte, questione 40. Si ottiene un sacco di attenzione ora nell'uso di 'spiritualità domenicana'. Come già detto, Tommaso non cita per nome Domenico, ma ci sono testi in cui sembra che parli del modo domenicano di vivere senza menzionare questo in modo esplicito. ST III 40 è un esempio calzante. Esso si occupa di questo: come Cristo ha trascorso il suo tempo? Questa questione nella Summa theologiae è intitolata ‘de modo conversationis Christi’, il modo della conversazione di Cristo. Non si riferisce all'accento con cui parlava ma significa 'come ha fatto a passare il suo tempo', 'che cosa ha fatto per tutto il giorno', ‘come era il suo stile di vita fra gli uomini’. È impossibile leggere la risposta di S. Tommaso senza pensare al modo di vivere dei Domenicani, e cioè a san Domenico stesso.


La migliore forma di vita possibile, dice Tommaso, è quella in cui una persona è chiamata a condividere con gli altri, attraverso la predicazione e l'insegnamento, ciò che è stato contemplato. (Altrove aveva descritto la migliore forma di vita come quella che coinvolge la contemplazione e la trasmissione ad altri dei frutti della contemplazione). La missione di Cristo era quella di testimoniare la verità e, per fare questo, era necessaria una vita pubblica di predicazione. Doveva vivere apertamente, fra gli uomini. Il modo di vivere di Gesù era, proprio, 'per dare un esempio ai predicatori' (ut daret exemplum praedicatoribus - III 40,1). Negli anni ’60 del tredicesimo secolo tutto il mondo aveva conosciuto chi fossero i predicatori. E questo è il più vicino al quale si arriva per una menzione esplicita dell'Ordine o di Domenico nella grande Summa.


Gesù ha vissuto una vita equilibrata di preghiera e di predicazione, continua Tommaso. Il Verbo si è incarnato per liberare l'uomo dal peccato e, quindi, è stato necessario che Cristo vivesse tra i peccatori. Per facilitare il suo lavoro tra loro, Cristo non ha vissuto in solitudine, ma ha condiviso le condizioni di vita della popolazione, adattandosi alle loro circostanze (III 40 2). Ha vissuto in mezzo ad essi in povertà perché questo è appropriato al lavoro della predicazione. Ha insegnato agli apostoli a vivere in semplicità e distacco per essere in grado di portare a termine in modo efficace la missione loro affidata. Egli stesso diede loro un esempio di questa vita apostolica col modo con cui ha trascorso i suoi giorni (III 40 3). Soprattutto, è stato obbediente al Padre, e questo è il cuore della vita religiosa per Tommaso (come per Caterina). Il Verbo si è incarnato per aprire agli uomini l'accesso al Padre e così Gesù doveva essere un insegnante, rivelando la via della verità ai suoi ascoltatori.


Anche per il Maestro dell’Ordine Umberto de' Romans, Cristo è il modello del predicatore, di ogni predicatore del Vangelo e non solo dei Frati Predicatori. La missione dei Domenicani non è altro che la missione della Chiesa di predicare il Vangelo. Anselm Moynihan, della provincia d’Irlanda, ha scritto un articolo sulla contemplazione domenicana in cui ha sostenuto che essa non ha alcun ingrediente speciale che la rende 'domenicana' a differenza di qualsiasi altro tipo di contemplazione. Essa è, semplicemente, la contemplazione cristiana. E possiamo dire lo stesso per la missione della predicazione. I Domenicani sono chiamati ad essere predicatori cristiani. In questo, Cristo stesso è il loro modello e il suo modo di vivere è il miglior esempio per loro di come ciò si dovrebbe realizzare.


Uno dei modi in cui Domenico è 'un altro Cristo' è stato sempre rappresentato artisticamente, soprattutto nell'iconografia dell'Ordine.  È la moltiplicazione dei pani. Questo ha un posto di primo piano nell'arte Domenicana. Le mense di molti conventi sono decorate con questa scena per ovvi motivi. Sembra, infatti, che ciò abbia due connessioni con la vita domenicana. La prima ha a che fare con la povertà e questo 'incidente' è stato richiamato al fine di incoraggiare i fratelli a confidare nella cura di Dio e nella cura continua di San Domenico dal cielo, come aveva promesso, dopo la sua morte. L'altro collegamento è con l'Eucaristia la cui devozione crebbe nel momento della fondazione degli Ordini mendicanti. A Tommaso fu chiesto di comporre l'ufficio per la festa del Corpus Domini. I Domenicani, a quanto pare, erano amanti delle rappresentazioni di Cristo come 'uomo del dolore', l'Ecce Homo. Anche questo è stato considerato come eucaristico, poiché mostrava Cristo che offriva il suo corpo anche come cibo per i suoi discepoli.


Un altro 'incidente' che non attira molto l'attenzione, anche se si può pensare che forse dovrebbe farlo, è la dispersione dei fratelli da parte di Domenico. Non c’è un momento esattamente equiparabile nella vita di Gesù, almeno nella misura in cui la sua decisione di inviare i propri discepoli a due e due non sia stata davvero, come sembra, particolarmente controversa. Con Domenico, invece, questa decisione è stata molto controversa e ha provocato opposizioni dentro il piccolo gruppo di predicatori. Dalla frequenza e dal contenuto dei rapporti di questo momento, si comprende come la situazione fosse chiaramente importante e controversa, l'unica in cui davvero Domenico agisce con una sorta di 'certezza divina', e nonostante l'opposizione dei fratelli i quali ribattevano dicendo che fosse troppo presto. ‘Il seme conservato marcisce’, egli rispondeva, ‘mentre invece, se si disperde, c'è qualche speranza che esso porti frutto'.


Il seme è la Parola di Dio. Gesù dice ai suoi discepoli, nello spiegare la parabola del seminatore, che il compito del seminatore è quello di diffonderlo attorno. Questa è la vita Domenicana - la vita di Domenico, la vita dei suoi figli e figlie - essere seminatori di questo seme che è la Parola, nella speranza che, con l’aiuto del suo Spirito, darà i suoi frutti nei cuori di coloro che ascoltano. Questo è il modo con cui i predicatori partecipano alla vita che Cristo ha conquistato all'umanità. È attraverso questo modo di vivere che cominciano a godere della vita eterna, della conoscenza di Dio e di Gesù Cristo che egli ha mandato. È proprio come predicatori, facendo il loro lavoro di predicazione in un modo semplice e povero, aperto e pubblico, muovendosi fra la gente e rispondendo ai loro bisogni, che i Domenicani sono chiamati a servire la Parola che è la Vita. Questa è la direzione indicata da Tommaso d’Aquino quando parla dello stile di vita del Verbo Incarnato, uno stile di vita necessario per la sua missione e anche per dare un esempio ai predicatori. Ed è per questo motivo che Domenico, ristabilì la vita apostolica nella Chiesa. È quanto Tommaso d’Aquino ci insegna sul fondatore, che lui desiderava ardentemente seguire.

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