Un regalo più grande non potevi farmi, uno zampillo d’acqua fresca dopo giorni e giorni in un deserto che sai bene quanto arido. Sarò all’altezza di questo dono, lo prometto a me stessa.
Etty Hillesum

Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!
Caterina da Siena

martedì 9 dicembre 2025

AVVENTO SECONDA SETTIMANA - MARTEDI


Ci è così familiare questo esempio del pastore che lascia novantanove pecore per andare in cerca di una che si è smarrita che non riusciamo a vedere come ciò sia, forse, irrazionale. Certamente, se le novantanove sono sicure o vengono curate da qualcun altro, allora ha senso che il pastore cercherà di recuperare una che si è smarrita. Ma se le cose non stanno così, e vi è il rischio di perdere altre pecore, egli sicuramente ignorerà le sue perdite e si prenderà cura di quelle rimanenti. Se quella smarrita ricompare, naturalmente, è una gioia in più, e sarà come un ‘bonus’. Ma il pensiero di lasciare novantanove pecore in pericolo per andare in cerca di una, sembra un po' folle.

E questo è il punto. Luca lo mette in evidenza più chiaramente nella sua versione in cui unisce questa storia a quella di una donna che ha perso una moneta e l’ha cercata ovunque fino a quando, alla fine, l’ha trovata semplicemente per spendere almeno la stessa quantità di denaro ad una festa indetta per festeggiarne il ritrovamento. E la terza storia incredibile in quella triade di Luca 15 è, naturalmente, la storia del Figliol Prodigo, ricevuto di nuovo dal padre con amore e festeggiamenti.

Nei tempi moderni le persone spesso contrappongono fede e ragione come se fossero l’una il contrario dell’altra, cosa che ovviamente non sono. Il vero contrasto creato dai vangeli, tuttavia, non è tanto tra fede e ragione quanto tra amore e ragione. Santa Caterina da Siena parla della follia dell’Amore Divino, di come Dio sia follemente innamorato della sua creatura.

La bella canzone d'amore che è l'odierna prima lettura del profeta Isaia canta di questo amore folle di Dio. Ora la strada attraverso il deserto non è per le persone di ritorno da Babilonia a Gerusalemme: è per il Signore che ritorna a Gerusalemme per dimorare ancora una volta con il Suo popolo. ‘Parlate teneramente a Gerusalemme’, dice Isaia o, in un'altra traduzione, ‘parlate al cuore di Gerusalemme’. Si tratta di un tempo per la tenerezza e per un nuovo inizio, per una dolce assistenza e una calorosa custodia, un tempo per sperimentare ancora una volta l'amore eterno di Dio.

Il contrasto tra i due amanti è straordinario: da un lato, un popolo che è povera carne, durevole come l'erba, qui oggi e lontano domani. Dall'altra parte, c’è l'infinito ed eterno Dio, creatore di tutte le cose, la cui parola dura per sempre e il cui amore cerca costantemente di riportare il cuore del suo popolo a Lui.

‘Gioisca la creazione’ è un altro grido del tempo di Avvento. La natura sempre canta per gli amanti: le colline sono raggianti e gli alberi ballano, la pioggia è giocosa e il mare fa echeggiare la sua lode, i prati si rallegrano e anche gli animali sanno che qualcosa di speciale sta accadendo. Questo è il mondo che viene trasformato dalla presenza della gloria di Dio, una gloria che Egli vuole che noi vediamo e condividiamo. Lo facciamo voltandoci verso di Lui e imparando di nuovo le sue vie, aprendo il cuore alla consolazione e alla tenerezza del nostro Buon Pastore.

lunedì 8 dicembre 2025

IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA


La Mariologia è la parte della teologia che studia ciò che la Scrittura e la tradizione cristiana ci insegnano riguardo Maria e il suo posto nella storia della nostra salvezza. Per il grande teologo gesuita Karl Rahner, la Mariologia è nella Chiesa, semplicemente, la parte più bella della sua teologia della grazia.

In effetti, la tradizione cristiana ha trovato tutto di Maria nella singola frase 'piena di grazia' e ciò è affiorato, in seguito, nella vita liturgica e devozionale della Chiesa. Ciò che è emerso nel corso della tradizione è stato poi incorporato nella dottrina della Chiesa con le dichiarazioni solenni della sua Immacolata Concezione e della sua Assunzione corporale in cielo.

'Piena di grazia' - è il nome che porta in vista della sua missione: colei che è altamente favorita, grandemente benedetta. Lei deve essere la madre del Signore e in questo senso, essendo incinta di Lui, è piena di grazia. Ma per essere preparata a quel ruolo ed essere sostenuta nelle gioie e tristezze ad esso legate, è stata sempre favorita e benedetta, sostenuta dalla Trinità eterna. È stata sostenuta nel suo compito di supporto, di insegnamento e di formazione del figlio, nel suo compito di seguirlo non solo fisicamente al Calvario, ma anche spiritualmente come la prima discepola, come colei che ha ascoltato la Parola di Dio, ha creduto ad essa, l’ha custodita e praticata.


La grazia di Maria è sua personale ed è inerente alla sua missione nella Chiesa. Ma è anche paradigmatica della grazia che Dio dona alla Sua Sposa, la Chiesa. Questa grazia mariana - di ascoltare e di concepire la Parola, di meditarla e farne tesoro nel nostro cuore, di portarla in tutto il mondo e portarla agli altri - è una grazia di tutto il popolo cristiano. È il motivo per cui Maria è chiamata anche Madre della Chiesa. Proprio come suo Figlio è l’immagine di lei, così anche la Chiesa, Suo corpo, riflette nella sua vita e attività, la vita e l'attività di Maria al servizio della Parola di Dio.

In quest’opera di nuova creazione c'è sempre la collaborazione della creatura umana con i disegni e le azioni di Dio. È da ripetere spesso: la prima creazione coinvolge solo la parola di Dio: ‘Sia la luce, e la luce fu’. La nuova creazione coinvolge anche la parola degli esseri umani: ‘Sia fatto di me secondo la tua parola’. Maria è anche la prima ad insegnarci che la nostra co-operazione con la grazia di Dio è una parte essenziale di come la nuova creazione avvenga e di ciò che significhi la nuova creazione.

Una paura degli esseri umani nei tempi moderni è che la venuta di Cristo e di Dio in qualche modo minacci la nostra libertà, la indebolisca e forse la renda persino superflua. Maria ci insegna che è vero il contrario. Essere 'pieni di grazia' è entrare in un nuovo spazio di libertà. Essere 'pieni di grazia' significa non porre alcun ostacolo, nemmeno il più piccolo, all'opera della grazia di Dio in noi e attraverso di noi. Essere 'pieni di grazia' non significa perdere la nostra libertà, al fine di essere completamente a disposizione di Dio come strumenti ciechi. Essere 'pieni di grazia' significa raggiungere quella libertà che ci fa essere completamente a disposizione di Dio, ma stando a sua disposizione da quelle creature che siamo, intelligenti e libere, reattive e intelligenti, amorevoli e creative.

Essere 'pieni di grazia' è non perdere nulla della nostra dignità e della nostra libertà. È, piuttosto, entrare in pieno possesso di quella dignità e di quella libertà. Ci fa essere figli di Dio, vivendo in comunione con Lui, condividendo la vita della “famiglia” che Dio è ed essendo, così, disponibili, con tutte le nostre energie, al servizio del Regno di amore, di giustizia e di pace di Dio.

domenica 7 dicembre 2025

Avvento Seconda Settimana - Domenica (Anno A)


Due immagini sono in antitesi fra loro nelle letture di oggi. Una è l'immagine del deserto e l'altra è l'immagine del raccolto.

Il deserto è il luogo in cui compare Giovanni Battista, un luogo ricco di significato per il popolo dell’alleanza. È il luogo in cui i loro cuori sono messi alla prova, per vedere se davvero amano Dio con tutto il loro cuore, con tutta la loro mente e tutta la loro forza. Giovanni Battista è un profeta che li richiama di nuovo a questo rapporto con Dio come molti profeti avevano fatto prima di lui.

Il ritratto del Battista, il suo messaggio, lo stile di vita, la sua identità e il suo impatto sono familiari. Il suo messaggio è la chiamata al pentimento, che la gente dimostra presentandosi al suo battesimo. Il suo stile di vita è strano, una dieta di locuste e miele selvatico, si veste di pelli di cammello e vive nel deserto. Per quanto riguarda la sua identità, egli è la voce che grida nel deserto, egli è l'Elia che doveva venire prima del grande e terribile giorno del Signore, non è la luce, ma colui che testimonia la luce e addita l'Agnello di Dio quando questi fa la sua comparsa. L’impatto del Battista è significativo: Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la regione intorno al Giordano vanno da lui.

C'è un frutto nell’essere rinsaldati in questa esperienza del deserto, un frutto morale e spirituale che dice che le persone stanno veramente vivendo secondo l'alleanza che il Signore ha stabilito con loro. C'è un raccolto da salvare e Giovanni Battista afferma che Colui che viene dopo di lui presiederà questo raccolto. Egli vaglierà, trebbierà e raccoglierà ciò che è buono, e brucerà ciò che sarà rimasto e non avrà dato frutti.

Un cammino attraverso il deserto è necessario se si vuole realizzare la raccolta. E come il popolo d'Israele è stato portato alla comunione con Dio attraverso la propria esperienza nel deserto, così chi vuole vivere in quella comunione deve prepararsi a visitare il deserto e a farlo più di una volta. Ciò significa pentirci dei nostri peccati, purificare le motivazioni delle nostre azioni, intravedendo ancora una volta il modo in cui dovremmo portare frutto. Significa essere pronti a perdere tutto per guadagnare la completa semplicità, necessaria per condividere la vita che viene promessa.

Il Messia viene nella potenza dello Spirito Santo, battezzando in quello stesso Spirito e con il fuoco. Questo non sta a significare semplicemente una punizione. Significa essere raffinati e purificati, significa una guarigione profonda e una nuova creazione, significa rendere forti e capaci di resistenza cuori e menti che altrimenti sarebbero deboli e vacillanti. I più grandi maestri spirituali ci dicono che la qualità del raccolto dipende dal tempo trascorso nel deserto.

Più svuotiamo la nostra vita di cose che in realtà non contano al fine di fare spazio all'unica cosa che è necessaria, e più saremo aperti al fuoco purificante dello Spirito Santo e al potere ricreante dei suoi doni. Avremo il coraggio del deserto, in qualunque modo esso sopraggiunga, e produrremo un ricco raccolto, amando Dio sempre più intensamente e condividendo sempre più profondamente la comunione di vita e di amore che Egli vuole per noi.

sabato 6 dicembre 2025

AVVENTO PRIMA SETTIMANA SABATO

Letture: Isaia 30,19-21.23-26; Salmo 146; Matteo 9,35-10,1.6-8

Il Signore ricostruisce Gerusalemme e riporta gli esuli d'Israele, guarisce i cuori affranti e fascia tutte le loro ferite. Così recita il salmo di oggi. La prima lettura è molto simile, parla di guarigione e di restaurazione, di un nuovo momento di sicurezza e di abbondanza. Possiamo immaginare Gerusalemme come una città distrutta dalla guerra e il Signore che si muove per le strade di quella città, cercando i malati e i bisognosi, gli affamati e gli abbandonati.

Una cosa che si nota nella prima lettura e che non è menzionata nel salmo è che è il Signore che ha inflitto al suo popolo le sofferenze dalle quali ora lo sta salvando! Egli è, dice Isaia, il loro maestro, che mostra la via al popolo, ed è il loro medico, che guarisce le ferite che i suoi colpi hanno lasciato.

Ciò solleva interrogativi sul significato della sofferenza e sul perché le cose cattive accadono alle persone. «Devo aver fatto qualcosa di veramente grave per essere finito così», mi disse una volta un cugino malato. La proposta di Isaia oggi è quella di vedere nella sofferenza uno scopo pedagogico, non semplicemente una punizione per il peccato. Ci sono cose che dobbiamo imparare, virtù da acquisire, modi di vedere da correggere, realtà da apprezzare. E sembra che spesso, forse sempre, sia solo attraverso la sofferenza che gli esseri umani imparano, acquisiscono, correggono e apprezzano.

La lettura del Vangelo continua su questa linea, ma aggiunge qualcosa di significativo. Qui Gesù si muove tra le città e i villaggi, facendo ciò di cui parlano la prima lettura e il salmo. Guarisce e insegna, è mosso dalla compassione, vede il panorama spirituale devastato in cui il popolo vaga, tormentato e abbattuto.

Un cambiamento rispetto a ciò che abbiamo già visto è che Gesù delega il lavoro di guarigione e di insegnamento ai dodici discepoli. Essi sono stati con lui, sono stati istruiti e guariti, e ora sono pronti a partecipare alla mietitura. Egli conferisce loro poteri straordinari, per curare le malattie e scacciare i demoni, per purificare i lebbrosi e persino risuscitare i morti. Le opere che Dio compie tra il popolo devono essere intraprese dal popolo stesso o almeno da coloro che sono stati chiamati tra loro per servire l'opera del Signore a loro nome.

Un altro cambiamento significativo è che il Signore, il Messia, prenderà su di sé le sofferenze del suo popolo, entrando in esse in un modo mai visto prima. Questo punto sulla nuova partecipazione del Signore alle sofferenze del suo popolo riguarda più la Quaresima e la Pasqua che l'Avvento e il Natale. È qualcosa che deve ancora essere rivelato su come il regno dei cieli, quel regno di guarigione e rinnovamento, sarà finalmente stabilito. Ma è importante ricordarlo già ora, mentre guardiamo il paesaggio devastato del mondo nel dicembre 2024.

La preghiera di apertura di oggi dice che il Figlio viene per liberare il genere umano dalla sua antica schiavitù e per offrirci la vera libertà. Che possiamo essere pronti a ricevere i doni che ci porta, pronti a imparare e a soffrire con lui, pronti al servizio reciproco che egli desidera delegarci.

venerdì 5 dicembre 2025

AVVENTO PRIMA SETTIMANA VENERDI

Letture: Isaia 29,17-24; Salmo 26; Matteo 9,27-31

Naturalmente parlavano di lui in tutta la campagna. Come poteva essere altrimenti? Ero cieco e ora vedo: devo condividere questa straordinaria buona notizia.

Rendere visibili i ciechi è l'opera del Messia più frequentemente menzionata nei testi che anticipano la sua venuta. Il brano di Isaia 29, che è la prima lettura di oggi, è uno di questi testi: i sordi udranno, i ciechi vedranno, nel giorno che sta per venire, tra pochissimo tempo. Gli spiriti erranti impareranno la saggezza, dice, un altro modo di vedere, e i mormoratori accetteranno l'istruzione, un altro modo di udire.

La frase più enigmatica delle letture di oggi è il severo avvertimento di Gesù ai ciechi ora guariti: «Guardatevi bene dal farlo sapere a qualcuno». Sono state offerte varie spiegazioni. Sembra contraddire ciò che Isaia promette, cioè che in quel giorno saranno offerte anche saggezza e istruzione.

Le parole di Gesù sono una sorta di koan, un enigma religioso. Sta forse dicendo che diffondere questa notizia su di lui non aiuterà le persone a vederlo chiaramente? È forse la situazione politica a consigliare cautela riguardo alla sua missione e alla sua identità? Non è forse il momento giusto per una rivelazione più completa di chi egli sia? Fa forse parte della drammaticità del Vangelo, come in un romanzo o in un'opera teatrale, rivelare lentamente la sua identità?

Gli studiosi offrono queste possibilità, ma nessuno lo sa davvero. Quindi possiamo portare con noi il suo avvertimento e lasciarlo decantare nella nostra mente, vedere cosa produce nel corso della giornata. Tu ed io abbiamo capito quando prima eravamo ciechi. Siamo emersi dall'ombra e dall'oscurità. Ma non dirlo a nessuno. Perché no? Forse perché dobbiamo anche imparare a conoscere la luce in cui Gesù e le sue opere devono essere visti, non una luce qualsiasi (ehi, ci vedo!), ma la luce della resurrezione (mio Signore e mio Dio!). E per questo dobbiamo aspettare.

Da qui il consiglio di non dirlo ora: la guarigione dalla cecità fisica è un segno, ma non è nemmeno metà della storia!

giovedì 4 dicembre 2025

AVVENTO PRIMA SETTIMANA GIOVEDI

Letture: Isaia 26,1-6; Salmo 117; Matteo 7,21.24-27

Se ieri siamo stati invitati a riflettere sulla debolezza e sulla compassionevolezza del Signore che provvede a soddisfare la fame del popolo, oggi ci vengono presentate immagini di forza e resistenza. Isaia parla di una città forte, con porte e mura, bastioni e torri, e una cittadella abbattuta da una roccia eterna. È un'immagine di rifugio e sicurezza per alcuni, di distruzione per altri.

Nel Vangelo Gesù spiega che la base della distinzione tra una casa che resiste e una cittadella che cade è il rapporto del costruttore con la Parola di Dio. Le persone che non solo ascoltano, ma agiscono secondo la Parola insegnata da Gesù, costruiscono in modo solido e sicuro. Esse fanno la volontà del Padre e la loro casa (cioè la loro anima) resisterà alla pioggia, alle inondazioni, alle tempeste e a qualsiasi altra cosa la vita le riservi.

Chi ascolta, e forse insegna anche agli altri (dicendo "Signore, Signore"), ma non mette in pratica gli insegnamenti di Gesù è come chi costruisce una casa sulla sabbia: nel giorno della tempesta essa non resisterà.

Isaia dice che le persone fedeli, salde, fiduciose e pacifiche possono entrare nella città forte: la porta si apre per loro. Coloro che non vivono in questo modo, anche se ascoltano e ripetono ciò che è richiesto, non stanno costruendo con saggezza. Possono sembrare al sicuro nella loro torre, ma resisterà?

Il messaggio è quindi semplice e chiaro e non c'è bisogno di insistere. L'Avvento è una sorta di "Quaresima light" in cui ci viene dato il tempo di tornare alla pratica della Parola di Dio. E ciò che ci chiede di fare è altrettanto chiaro: essere fedeli, essere saldi, essere fiduciosi, essere pacifici. Allora la vostra casa, la vostra anima, sarà come una città forte dove vivrete in sicurezza e con fiducia. Sarete una torre di forza, costruita non con orgoglio e ambizione, ma con la potenza dell'amore di Cristo, colui che è la pietra angolare di tutto ciò che dura.

mercoledì 3 dicembre 2025

AVVENTO PRIMA SETTIMANA MERCOLEDI

Letture: Isaia 25,6-10; Salmo 22; Matteo 15,29-37

Tutte e tre le letture parlano del Signore che nutre il suo popolo. Il pesce e il pane della miracolosa moltiplicazione raccontata nel Vangelo potrebbero sembrare molto lontani dal cibo ricco e succulento e dai vini pregiati di cui parla Isaia nella prima lettura. Né il pesce e il pane sembrano adatti come menu per il banchetto di cui sentiamo parlare nel salmo. A meno che, naturalmente...

A meno che cosa? Beh, in Irlanda diciamo che la fame è il miglior condimento. Il cibo che in tempi di abbondanza sembra povero e poco appetitoso, in tempi di carestia o di grande bisogno sarà accolto come molto soddisfacente e persino desiderabile. Finché è genuino, sarà sicuramente ben accetto da una persona affamata. Durante una Quaresima ho trascorso un po' di tempo in un monastero che osservava un digiuno rigoroso. Dopo tre giorni, l'umile colazione a base di pane e burro con caffè era diventata per me un banchetto.

Il Vangelo ci dice che il popolo era stato con Gesù per lo stesso periodo di tempo, tre giorni. Avranno quindi sviluppato un certo appetito, portando i loro parenti e amici malati da Gesù, speranzosi ma ancora ansiosi, forse dopo aver percorso lunghe distanze.

Quindi ciò che conta come banchetto dipende anche dalla fame di coloro che hanno bisogno di mangiare. E forse questo è anche un modo per descrivere l'opera dell'Avvento: ci viene dato questo tempo per stimolare l'appetito per Colui che sta arrivando. Il punto non è solo quanto sarà gloriosa e splendida quella venuta. Ci sfuggirà se non siamo disposti a riceverla, se non abbiamo appetito per essa, se soddisfiamo la fame delle nostre anime con cibo più immediato, forse più raffinato, ma meno sano.

Il Signore sta venendo per salvarci, ma cosa succede se non abbiamo bisogno di un Salvatore? Cosa succede se troviamo già abbastanza salvezza altrove? Il pesce e il pane potrebbero sembrare niente in confronto al cibo succulento e ai vini pregiati che troviamo altrove. Ma se siamo zoppi o storpi, ciechi o muti, se siamo affamati e bisognosi, ansiosi e stanchi per aver già viaggiato così lontano, allora la Sua venuta sarà meravigliosa e la apprezzeremo. Sarà sufficiente averLo con noi. Il pesce e il pane che ci offre saranno gloriosi e appaganti perché Lo riconosceremo in questi doni, cibo dal cielo, che contiene ogni piacere, ogni delizia, ogni benedizione.

Il Signore che viene è pieno di compassione per l'umanità in difficoltà: anche il Vangelo di oggi ce lo dice, dalle labbra di Gesù. Possa Dio darci un chiaro senso del nostro bisogno, una profonda consapevolezza della nostra fame più profonda, affinché possiamo gioire ed esultare quando quel bisogno sarà soddisfatto e quando quella fame sarà saziata dal Signore che desideriamo ardentemente.