Un regalo più grande non potevi farmi, uno zampillo d’acqua fresca dopo giorni e giorni in un deserto che sai bene quanto arido. Sarò all’altezza di questo dono, lo prometto a me stessa.
Etty Hillesum

Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!
Caterina da Siena

giovedì 26 giugno 2025

SACRATISSIMO CUORE DI GESÙ - SOLENNITÀ - ANNO C

Letture: Ezechiele 34,11-16; Salmo 22(23); Romani 5,5b-11; Luca 15,3-7

Nei primi giorni del suo pontificato, Papa Francesco ha parlato spesso e con forza della necessità di una «rivoluzione della tenerezza». Il mondo è così spesso un luogo crudele e senza cuore, e quanto sarebbe trasformato da una tale rivoluzione!

Due immagini in particolare rappresentano questa tenerezza: quella del Buon Pastore, che porta sulle spalle la pecora smarrita e vagante, e quella del Sacro Cuore, l'umanità divina di Gesù, il cuore umano di carne che simboleggia l'amore tenero e la bontà di Dio verso l'umanità.

Ciò che Francesco ha chiesto è una “rivoluzione”, ma non c'è rivoluzione senza opposizione, spesso violenta e sanguinosa. Non necessariamente da parte dei rivoluzionari, cosa impossibile in questo caso: non si può perseguire una rivoluzione della tenerezza con la violenza! Ma da parte di coloro che potrebbero sentirsi minacciati da una tale rivoluzione. Potrebbero esserci «interessi acquisiti» che resisteranno alla rivoluzione della tenerezza? Ci sono paure e ansie profonde nell'animo umano che potrebbero essere provocate per impedirla o agire contro di essa?

La prima lettura, tratta da Ezechiele, dipinge un bellissimo quadro del pastore tenero, il Dio d'Israele, che verrà in persona a pascere le pecore, cercando quelle smarrite, riportando quelle smarrite, fasciando quelle ferite, guarendo quelle malate. È facile vedere in Gesù il compimento di questa profezia e spesso (forse troppo rapidamente) supponiamo che egli sia anche il pastore della parabola che lascia le sue novantanove pecore per andare a cercare quella smarrita.

E le novantanove? Non è forse ragionevole pensare che il pastore sia in realtà sciocco a rischiare di perderne ancora di più abbandonando la maggior parte delle sue pecore? E che dire dell'azione finale del pastore dal cuore tenero nella lettura di Ezechiele: «Distruggerò quelle grasse e quelle forti, le pascerò con giustizia»? Cosa potrebbe significare?

Una religione, come la politica, che gioca sulle paure della gente trova più facile avere successo nel nostro mondo. Una religione, o una politica, che fa appello alla nostra tenerezza troverà molto più difficile progredire. Superficialmente, per un momento, i nostri cuori sono commossi dalla sorte degli smarriti e dei feriti, dei perduti e dei malati. Ma in quanti di noi, e per quanto tempo, questa compassione diventa una vera rivoluzione?

E forse è questo il senso del finale scioccante della prima lettura. Gli eleganti e i forti hanno bisogno che venga spezzato il guscio che impedisce loro di iniziare davvero a vivere con tenerezza, una tenerezza che non è solo superficiale e temporanea, ma che diventa centrale e fondamentale per un modo di vivere. Una tenerezza che diventa il cuore di ciò che siamo e di ciò che facciamo. Chi o cosa salverà il fratello maggiore nella parabola del figliol prodigo? O i lavoratori della vigna la cui preoccupazione per la “giustizia” chiude il loro cuore ai bisogni di chi viene dopo?

Ciò di cui abbiamo bisogno, noi che siamo eleganti e forti, è l'amore di Dio che si riversi nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo che ci è stato dato. La rivoluzione della tenerezza inaugurata da Gesù non è superficiale o temporanea. È profonda e permanente. È stabilita attraverso il sangue versato e la violenza subita: ma chi ha minacciato e perché?

Se siamo eleganti e forti per Sua grazia - “ora giustificati dal suo sangue” - tanto più saremo partecipi della Sua rivoluzione, attenti e impegnati a seguire il Suo cuore, cercando ciò che è perduto e smarrito, riportando a casa ciò che è ferito e malato.

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