Un regalo più grande non potevi farmi, uno zampillo d’acqua fresca dopo giorni e giorni in un deserto che sai bene quanto arido. Sarò all’altezza di questo dono, lo prometto a me stessa.
Etty Hillesum

Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!
Caterina da Siena

mercoledì 15 aprile 2020

MERCOLEDI FRA L'OTTAVA DI PASQUA

Letture: Atti degli Apostoli 3:1-10; Salmo ; Luca 24:13-35

L'inizio della prima lettura, da Atti 3, riporta alla mente la storia dell'uomo cieco dalla nascita, registrata in Giovanni 9. L'uomo guarito da Pietro e Giovanni è storpio anche lui dalla nascita e per la sua abitudine a bighellonare nel Tempio, a mendicare alla Bella Porta, è anche ben noto al popolo.

Ci sono però un paio di differenze notevoli. Qui non ci sono problemi che la gente lo riconosca quando lo vede camminare e saltare. In Giovanni 9 le persone non sono sicure se sia il cieco o meno quando lo vedono dopo che è stato curato. Lo storpio guarito è entrato nel Tempio con Pietro e Giovanni, il che significa, a quanto pare, che è diventato subito un discepolo. Non c'è un processo di riconoscimento da parte sua, come nel caso del uomo nato cieco. È come se tutto si svolgesse in una luce più semplice e chiara: Pietro e Giovanni lo guardano con attenzione, la gente lo vede quando è guarito, e lui vede quello che deve fare.

Uno dei temi del ben conosciuto passo evangelico letto oggi, Gesù con i discepoli sulla via verso Emmaus, è vedere ed essere visti, più specificamente riconoscere ed essere riconosciuti. Ci viene detto che all'inizio qualcosa ha impedito a Cleopa e al suo compagno di riconoscere Gesù, anche se chiaramente Lui li ha riconosciuti. Inoltre non riescono a vedere come ciò che è accaduto a Gesù sia stato a lungo predetto nelle Scritture, anche da Mosè.

Così il lavoro che Gesù deve fare con loro è di aprire i loro cuori per comprendere le Scritture e poi aprire i loro occhi per riconoscerlo, cosa che hanno fatto quando ha preso il pane, l'ha benedetto, l'ha spezzato e l'ha dato loro. Nell'Ufficio delle Letture di oggi Gesù è descritto come "artefice dello splendore": è la luce della nuova creazione già splendente, la luce in cui la comprensione e il riconoscimento diventano più semplici, più diretti.

L'esperienza della grazia affonda le sue radici nella lingua ebraica nella semplice esperienza di essere guardato ed essere visto. Quando sentiamo di una persona che trova favore agli occhi di qualcun altro - Noè agli occhi di Dio, per esempio, o Ester agli occhi del re - ciò è che significa la grazia: essere visti, essere notati, essere guardati con attenzione, essere presi in considerazione, essere riconosciuti, come i discepoli sono da Gesù e Lui è, alla fine, da loro.

Essere riconosciuti significa esistere per un'altra persona. "È te stesso", si chiede in Irlanda. Significa non solo essere visti fisicamente, ma essere conosciuti. Significa anche essere valorizzati e apprezzati: parliamo di persone che ricevono il riconoscimento che meritano, per chi sono o per quello che hanno fatto. Essere riconosciuti significa essere tenuti nella stima e nell'amore di un altro. La madre o il padre dà un senso di identità e di valore al proprio neonato semplicemente guardandolo con attenzione. E il bambino fa già lo stesso guardando indietro, riconoscendo la "mamma" o il "babbo" e a volte anche - e che cosa gloriosa! - con un sorriso.

Così i primi discepoli - e noi con loro - rinascono in un mondo nuovo, una nuova creazione, un nuovo modo di vivere. In questo mondo splende un Sole diverso, quello sorto dalle tenebre della morte. Egli irradia una luce in cui, in primo luogo, conosce i suoi, e poi, prima o poi, i suoi lo conoscono. La grande gioia della Pasqua, infatti, non è che la gente sia venuta a riconoscere Gesù risorto, ma che Gesù sia venuto a riconoscerli, a tenerli nel suo sguardo, a guardarli e ad amarli, a stabilirli in una dignità, in un'identità e in un valore mai immaginati.

Gesù dice 'Maria', e lei lo è. E 'Pietro', e così è. E (presumibilmente) 'Cleopa' e anche lui, riconosciuto da sempre da Colui che Cleopa e il suo compagno hanno riconosciuto solo nel momento della sua partenza, nello spezzare il pane. E Gesù pronuncia anche il mio nome mentre mi guarda e mi chiama nel suo regno. "Alzati e cammina", mi dice.

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