Gesù non condanna le persone per la loro incostanza. In realtà non è affatto chiaro se tale incostanza abbia alcun significato morale. Può essere la conseguenza del peccato, questa tendenza degli esseri umani a concentrarsi sui limiti e le debolezze di situazioni e di persone. Ma potrebbe anche essere una conseguenza del fatto che, come dice sant'Agostino, siamo stati creati per Dio, per godere del bene infinito, e così ogni bene finito inevitabilmente ci lascia
insoddisfatti. Qualunque sia la ragione di ciò, è chiaro che la natura umana è ancora come viene descritta da Gesù nel Vangelo di oggi. Se si presenta un Giovanni Battista, lo troveremo troppo rigido, troppo ascetico, troppo privo di senso dell'umorismo. Se si presenta un Gesù, lo troveremo troppo indulgente, troppo permissivo, in giro con prostitute e altre persone sospette.
Quindi guardiamo sempre ai limiti, alle debolezze, alle ragioni contro il loro modo di fare, alle imperfezioni delle altre persone. Papa Francesco, nel suo discorso di chiusura del Sinodo straordinario tenutosi nel mese di ottobre
2014, fornisce un'analisi interessante delle discussioni che hanno avuto luogo.Il suo discorso è divenuto abbastanza famoso, almeno per l'analisi delle diverse tentazioni che offriva. Che si collegano con la realtà di cui parla Gesù nel Vangelo di oggi
Papa Francesco identificava sei o otto tentazioni, modi con cui siamo spinti verso la parzialità, verso il pericolo di permettere ai limiti e alle debolezze di altre posizioni di portarci al pregiudizio e all'esclusività. Così potremmo essere troppo rigidi o potremmo essere troppo liberali, potremmo desiderare di scendere dalla croce e ammorbidire la sfida del Vangelo in modo da essere popolari con la gente, o potremmo voler trasformare il pane della vita in pietre, materia che è immangiabile, che appesantisce le persone, mettendo sulle persone dei pesi senza fare nulla per aiutarle a trasportarli.
Sembra essere circa lo stesso tipo di problema: parzialità, esclusione, sentirsi in dovere di sottolineare i limiti di altre persone, non essere mai pienamente soddisfatti di niente.
La soluzione cui Gesù punta alla fine del Vangelo di oggi è che dovremmo cercare la sapienza. La sapienza è ampia e profonda, spaziosa come la mente di Dio. Significa cercare di vedere le cose come sono viste da Dio e come sono contenute nella mente di Dio. La sapienza comprende, perdona, cerca di capire, cerca di unire piuttosto che separare. Papa Francesco si volge anche in quella direzione, parlando dello Spirito Santo che lavora attraverso la discussione e il dialogo e gli argomenti del sinodo. Chiedere allo Spirito Santo di essere presente nei nostri incontri e sinodi e concili, significa chiedere a Dio di aiutarci ad essere aperti alle opinioni e ai pareri degli altri, che sono validi come i miei, aperti alle esperienze degli altri che sono
valide come le mie.
Tommaso d'Aquino dice che questa è la modalità con cui lo Spirito Santo opera nel tempo della Chiesa, attraverso quelli che lui chiama 'collegi', riunioni o consigli di esseri umani, discutendo e riflettendo insieme alla luce della Parola di Dio e nella forza dello Spirito di Dio. È in quella fraternità o comunione che la sapienza è richiesta e la sapienza si
trova. Papa Francesco ha coniato la brutta parola 'sinodalità', ma il suo significato è chiaro. Lavorare insieme, pensare e parlare insieme, includendo tutti nonostante i loro pregiudizi e limiti - questo è il modo di cercare la strada
da percorrere, per discernere ciò che lo Spirito dice alla Chiesa. Stare vicino alla fonte della vita, come l'albero del salmo di oggi, e lavorare insieme nei consigli e nelle università e negli altri luoghi di ricerca e di studio: questo è il modo con cui cerchiamo la sapienza, questo è il modo con cui condividiamo insieme la vita che Gesù ha già condiviso con noi.
Nessun commento:
Posta un commento