Un regalo più grande non potevi farmi, uno zampillo d’acqua fresca dopo giorni e giorni in un deserto che sai bene quanto arido. Sarò all’altezza di questo dono, lo prometto a me stessa.
Etty Hillesum

Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!
Caterina da Siena

martedì 3 dicembre 2024

Prima Settimana di Avvento - Martedi


Abbiamo avuto alcune serate molto belle a Roma la scorsa settimana o giù di lì. Ci sono poche nuvole e diventa buio presto. Ci sono un sacco di stelle nel cielo invernale compresa quella grande (Venere? La stella di Natale?) appena sotto la luna. Sui marciapiedi le poche foglie morte rimaste brillano al chiaro di luna. Vivendo qui è difficile immaginare il gelo in terre più a nord, il ghiaccio che si prepara per un'altra notte.

A presiedere queste tranquille serate invernali è la luna. L'anno scorso, il mondo godette della superba visione di una 'superluna' che contribuì più che mai a diffondere quella pace che sempre promana dalla suggestiva vista dei nostri paesaggi notturni. Anche se essa non può di per sé essere descritta proprio come un luogo di pace. Questo perché non c'è vita sulla luna. Dove non c'è vita non c'è lotta, o ansia, non c'è bisogno, o minaccia, o paura. Se la luna è tranquilla, allora è la pace del cimitero, il tipo di pace trovata in luoghi di morte e non la pace piena, ricca, riconciliata, guarita e basata sulla giustizia che la Bibbia chiama shalom.

La terra non è affatto come la luna. Qui c'è la vita, ci sono molti tipi di esseri viventi, e quindi c'è molta lotta, ansia, c'è il bisogno, la minaccia e la paura. Dove c'è vita c'è la possibilità di essere danneggiati, feriti e persino perduti. Gli esseri viventi sono consapevoli del loro ambiente e devono vegliare ed essere attenti. Gli esseri viventi sono sempre ansiosi, o almeno vigilanti, e sono sempre bisognosi, del cibo, di un riparo, o di un compagno. Dove c'è vita c'è anche la minaccia e la paura, anche (forse soprattutto) di altri esseri viventi della stessa specie.

La prima lettura di oggi dipinge un quadro di paradiso, la ricostituzione di tutte le cose in una primordiale convivenza pacifica: l'agnello intrattiene il lupo, il vitello e il giovane leone si riposano insieme, i bambini stanno al sicuro, senza più dolore, senza più male. Il grande gemito del parto è finito e la creazione si assesta nello shalom che arriva con la salvezza.

Ma prima che ciò avvenga la terra, in particolare il mondo umano, è un luogo che ha bisogno di giustizia, di qualche sorta di gestione e bilanciamento della lotta e dell’ansia, del bisogno, della minaccia e della paura. Inevitabilmente, combattiamo gli uni contro gli altri. Ci spintoniamo a vicenda per il cibo e il potere. Siamo consapevoli gli uni degli altri come di potenziali partner, amici e collaboratori, ma anche come diversi, come rivali, forse come non pienamente affidabili, come persone non proprio 'dalla mia parte'.

Il mondo umano resta un luogo in cui dobbiamo lottare per la giustizia, anche se la giustizia spesso sembra essere fuori dalla nostra comprensione. Dove la gente agisce per ripristinare o introdurre la giustizia, spesso finisce per fare qualche nuova ingiustizia. Dove è stato rimosso un tipo di esclusione, di discriminazione e disuguaglianza, nuovi tipi di esclusione, discriminazione e disuguaglianza appaiono al suo posto.

Gesù è vissuto in Palestina, il luogo in cui l'Europa, l’Africa e l’Asia si incontrano. È stata una provincia cardine dell'Impero Romano, a guardia delle grandi rotte commerciali verso l'Oriente e verso il sud. Per secoli era stata contesa da egizi, assiri, persiani, greci e romani. Ancora oggi, la 'Palestina' rappresenta il più ‘nodoso’ dei problemi umani. È il luogo in cui ebrei, cristiani e musulmani lottano per vivere insieme nella giustizia e nella pace. Ci sono molti altri posti in cui culture, lingue, razze e religioni si incontrano e dove devono trovare il modo di vivere insieme. Ma la 'Palestina' è il simbolo di tutti, in particolare delle difficoltà che tutti affrontano.

Gesù nacque dentro questo ‘nodo’ della storia e della geografia del mondo. Noi crediamo che lui sia il Messia promesso nelle Scritture, colui che ha iniziato il regno di Dio dello shalom. La parola significa ‘pace’, ma non solo nel senso di ‘non combattere’. Significa una pace ricca, riconciliata, guarita, basata sulla giustizia, la pace che arriva con il Messia ed è conquistata, a quanto pare, per mezzo del suo rifiuto, della sua morte e risurrezione. 'Egli stesso sarà la pace', ci dice il profeta Michea. 'Nei suoi giorni fiorisca il giusto e abbondi la pace, finché non si spenga la luna', dice il grande Salmo messianico 72, parlando del regno di un futuro figlio della Casa di Davide. Attraverso di lui la terra è stata riempita della conoscenza del Signore.

Il filosofo greco Aristotele ha scritto il libro che per primo fu chiamato “La politica” e in esso dice che la comunità umana e la civiltà sono costruite sulla comunicazione. È con il parlare e l’ascoltare che noi riconosciamo e stabiliamo la giustizia. A Tommaso d'Aquino piaceva l'idea: 'La comunicazione costruisce la città', dice commentando il testo di Aristotele. Fa parte della grandezza umana il fatto che comprendiamo il bisogno di giustizia e siamo in grado di lavorare insieme per cercare di costruirlo. E costruiamo attraverso l'ascoltare e il parlare.

Il Verbo si fece carne in Palestina, nel primo secolo. Nel ‘nodo’ di lotta umana e di preoccupazione, di necessità, di minaccia e di paura, Dio è entrato per pronunciare la Sua Parola. Gesù è il contributo di Dio alla conversazione umana sulla giustizia e la pace. Troveremo la pace, dice, solo amando i nostri nemici. La gente rideva di questo, naturalmente, ma egli ci ha dimostrato che è l’unica via: dovete amarvi gli uni gli altri come io ho amato voi. Noi celebriamo la sua nascita perché è la nostra speranza. Egli è la luce che brilla nelle tenebre di questo mondo. Con la nascita di questo Bambino è arrivato il momento in cui la giustizia ha iniziato a fiorire e la sua pace cresca finché non si spenga la luna.

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