Quando muore una persona cara, facciamo tesoro dei ricordi dei suoi ultimi giorni e delle sue ultime ore. I diversi membri della famiglia possono ricordare cose diverse come le ultime parole del morente. Le ultime parole di mio padre per me non sono necessariamente quelle care a mia madre o ad altri membri della famiglia.
I quattro vangeli ci riportano sette ultime parole di Cristo, dette dalla croce. Matteo e Marco riportano una sola parola: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”. È un grido di desolazione e tuttavia stranamente confortante per tutti coloro che sperimentano quella buia notte spirituale in cui Dio sembra morire. È anche l'inizio del Salmo 22, che si apre nell'angoscia ma si chiude nella fiducia e nella speranza.
San Giovanni riporta tre ultime parole: “Donna, ecco tuo figlio”, “Ho sete” e “È finita”. Anche San Luca riporta tre ultime parole ed è su queste che voglio soffermarmi perché è il racconto di Luca della Passione che leggiamo quest'anno.
Luca ci dice che Gesù, sulla croce, chiese al Padre suo di perdonare i suoi carnefici: “Padre perdona loro, non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Gesù, che era vissuto tra i peccatori, è morto tra i peccatori. Coloro che lo inchiodarono alla croce, lo picchiarono, lo spogliarono e lo derisero erano suoi nemici. Volevano vederlo morto. Ora doveva mettere in pratica ciò che aveva predicato con tanta forza: amare i nostri nemici, pregare per loro e perdonarli.
Alcuni primi manoscritti del Nuovo Testamento non riportano questo versetto del Vangelo di Luca. È come se alcuni primi cristiani temessero che Gesù potesse sembrare troppo indulgente nei confronti dei peccatori, troppo tollerante nei confronti del loro comportamento. Ma come può essere troppo indulgente? Non aveva forse insegnato loro che Dio è un Padre misericordioso, il cui perdono viene offerto indipendentemente da ciò che le persone hanno fatto?
San Paolo dice: “Nessuno dei dominatori di questo tempo ha capito... perché se avessero capito non avrebbero crocifisso il Signore della gloria” (1 Corinzi 2.8). I peccatori non sanno mai veramente cosa stanno facendo. Non capiamo veramente che tipo di offesa sia il peccato contro l'amore e la bontà di Dio. Forse un giorno ci verrà rivelato. Il vescovo Fulton Sheen ha scritto che è la nostra ignoranza di quanto Dio sia buono che ci giustifica per non essere santi.
Dalla folla radunata sul Calvario esce una voce con un tono diverso dagli altri, una voce che chiede perdono. L'uomo che ricordiamo come il buon ladrone, crocifisso accanto a Gesù, fa uscire da lui quelle meravigliose parole: “Oggi sarai con me in paradiso” (Lc 23,43). Il ladro non chiede tanto. Dice solo: “Signore, ricordati di me quando verrai nel tuo regno”. Forse, in futuro, sarà possibile che io sia salvato... questo è quanto osa sperare. Oggi”, risponde Gesù, ‘perché non oggi?’. Anche noi possiamo essere diffidenti, e l'esperienza può averci portato ad essere riservati nella nostra speranza, ma viviamo già in questo “oggi” di cui parla Gesù. Ora è il tempo favorevole, questo è il giorno della salvezza” (2 Corinzi 6,2).
L'unica voce che riconosce Gesù durante tutta la sua passione è quella del buon ladrone. Fulton Sheen dice che quest'uomo che ha vissuto da ladro è morto da ladro perché ha rubato il Paradiso!
Poco prima di morire Gesù gridò a gran voce: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito” e con queste parole esalò l'ultimo respiro (Lc 23,46). Troviamo queste parole nel Salmo 31, un'antica preghiera ebraica per chi soffre ed è messo alla prova. Gesù parla ancora una volta al Padre, ma ora è come se fosse il figliol prodigo che si volta verso casa. È esausto e spossato. Ha sprecato le ricchezze del Padre per i peccatori, riversando la misericordia e la bontà divina senza freni, senza limiti, senza riserve. Li ha amati fino alla fine, in modo folle e stravagante, e per lui è giunto il momento di tornare a casa.
Gesù conclude così la sua vita di obbedienza alla volontà di Dio. Ha bevuto il calice che il Padre gli ha chiesto di bere (Lc 22,42) e l'ha finito fino all'ultima goccia. Nella morte, come nella vita, non è altro che il servo di Dio.
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