Letture: Romani 4,20-25; Luca 1,69-75; Luca 12,13-21
La maggior parte delle omelie e dei sermoni vengono rapidamente dimenticati, ma alcuni rimangono impressi nella memoria per sempre. Ci sono alcune storie e barzellette che rimangono impresse, illustrazioni e analogie che un buon predicatore o insegnante userà per imprimere qualcosa di cruciale nella mente dei suoi ascoltatori. Una di queste, nel mio caso, è un commento del domenicano irlandese Donagh O'Shea, che parla della differenza tra il Mare di Galilea e il Mar Morto. È lo stesso fiume che sfocia in entrambi i bacini idrici, ma uno è morto mentre l'altro è vivo. La differenza è che le acque del Giordano scorrono attraverso il Mare di Galilea, entrando da un lato e uscendo dall'altro, mentre quando sfociano nel Mar Morto è lì che finiscono: non c'è deflusso, l'acqua evapora, il sale aumenta e il mare è morto. Il mare che permette all'acqua di scorrerci attraverso è vivo, con molte creature, e le sue acque sono sane. Il mare che trattiene ciò che riceve è morto.
Mi viene in mente pensando alla lettura del Vangelo di oggi, in particolare al commento di Gesù che “la vita di un uomo non consiste nei beni che possiede”. L'uomo stolto che pensa di poter accumulare tutto per anni felici a venire ha deciso di smettere di vivere: “questa notte ti sarà richiesta la tua vita”. Chiaramente significa che muore prima di avere la possibilità di beneficiare di ciò che ha accumulato. Ma può anche avere un altro significato, ovvero che decidendo di trovare la sua vita in ciò che possiede, egli uccide la sua vita. Non c'è più un flusso in entrata e in uscita, non c'è più lo scambio e il commercio delle attività della vita, non ci sono più le relazioni che caratterizzano la vita reale. Anche se continuasse a vivere fisicamente, sotto ogni altro aspetto sarebbe morto.
In questo diventa come il ricco della parabola di Luca 16: chiuso in se stesso e cieco a ciò che lo circonda. Ma essere “ricchi in ciò che conta per Dio” significa essere ricchi nel modo in cui Dio è ricco, cioè ricchi di generosità, ricchi di grazia. Gesù ne parla subito dopo aver raccontato questa parabola (Luca 12,32-34). Il Padre, dice, si compiace di darvi il regno (12,32). La borsa che non invecchia è quella che dà oltre che ricevere, una borsa il cui proprietario pensa agli altri e non solo a se stesso (12,33-34). E se vogliamo essere vivi come è vivo il Padre celeste, allora saremo attenti e sensibili a tutto ciò che accade intorno a noi, a tutti coloro che incrociano il nostro cammino, a tutto ciò che ci capita. «Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro», insegna Gesù in Luca 6,36, e il Padre è buono anche con gli ingrati e gli egoisti.
Il lato positivo del nostro conto, dice Paolo nella prima lettura, consiste nell'avere fede in Dio, che è qualcosa di simile alla fede dimostrata da Abramo. Ciò richiede un tipo di calcolo molto diverso, il cui principio fondamentale è credere in colui che ha risuscitato Gesù, nostro Signore, dai morti. Coloro che hanno ricevuto questo dono fondano la loro vita non su ciò che possiedono, ma sulla potenza di Dio che, come dice Paolo in precedenza in Romani 4, dà vita ai morti e chiama all'esistenza le cose che non esistono. Come il Mare di Galilea, coloro che credono sono vivi («il giusto vive per fede», Romani 1,17). La persona di fede è pronta a dare e a condividere perché confida che il Padre celeste le darà tutto ciò di cui ha bisogno. È pronta a lasciarsi andare e ad avventurarsi. È pronta a cambiare direzione e a riprovare. È pronta ad ascoltare e a riflettere. Non ha nulla, ma riceve tutto. Nelle parole della preghiera di San Francesco, diventa un canale, ricco dei doni di Dio che trasmette, distribuisce e condivide con gli altri.
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