Un regalo più grande non potevi farmi, uno zampillo d’acqua fresca dopo giorni e giorni in un deserto che sai bene quanto arido. Sarò all’altezza di questo dono, lo prometto a me stessa.
Etty Hillesum

Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!
Caterina da Siena

venerdì 6 settembre 2024

Settimana 22 Venerdì (Anno 2)

Letture: 1 Corinzi 4:1-5; Salmo 37; Luca 5:33-39

Uno dei maggiori ostacoli alla meditazione della lettura del Vangelo di oggi è il potere della parola “nuovo”. I pubblicitari sanno che è una delle parole più potenti che possono usare: notate quante volte vengono offerte cose con questa descrizione: il nuovo iPad, il nuovo modello, la formula nuova e migliorata. Ma le parabole sul vino nuovo in otri vecchi e sulle toppe nuove su abiti vecchi non dicono semplicemente “il nuovo è meglio del vecchio”.

Se avessimo solo i racconti di Matteo e Marco, potrebbe sembrare che questa interpretazione consolidata, quasi ovvia, sia corretta. Il fatto che sia stato l'arci-eretico Marcione a proporre per primo questa interpretazione dovrebbe essere sufficiente a fermarci. È diventata l'interpretazione preferita dai cristiani gentili dal tempo di Marcione fino ai giorni nostri. Alcuni dei più illustri interpreti contemporanei della Bibbia continuano a seguire questa linea: la religione di Gesù è “nuova”, e quindi radicalmente migliore della “vecchia” religione degli Scribi e dei Farisei. Il nuovo cristianesimo è migliore del vecchio giudaismo: non è forse questo l'insegnamento di Gesù?

No, non lo è. Occorre ripeterlo: non è questo che Gesù sta insegnando qui. Ed è il racconto di Luca, letto oggi, che ci impedisce di scivolare pigramente in questa interpretazione. Solo Luca aggiunge una terza parabola a quelle della toppa e degli otri: “Nessuno che abbia bevuto vino vecchio desidera vino nuovo, perché dice: ‘Il vecchio è buono’” (Lc 5,39). Questo contraddice qualsiasi interpretazione per la quale queste parabole dicono semplicemente “la cosa nuova che vi porto è migliore di quella vecchia che avete già”. In questa terza parabola Gesù dice che sarebbe assurdo preferire il vino nuovo a quello vecchio: tutti sanno che il vino è migliore quando è vecchio e non quando è nuovo.

Quindi questo brano del Vangelo è, grazie a Dio, più complesso di quanto sembri all'inizio. Per uscire da quella che sembra una contraddizione - nuovo è meglio, vecchio è meglio - alcuni propongono che, nel suo commento finale, Gesù stia dicendo “naturalmente alcuni di voi vorranno rimanere con il vecchio piuttosto che abbracciare la novità che io porto”. Si tratta di persone che si impantanano nel fango. Ma questo non ha alcuna base nel testo e, ancora una volta, non coglie il punto.

Qual è dunque il punto? L'insegnamento principale di Gesù è questo: Si possono far digiunare gli invitati alle nozze mentre lo sposo è con loro?”. La risposta chiara è: “No, sarebbe assurdo digiunare a un matrimonio”. Digiunare quando si dovrebbe festeggiare significa mettere insieme due cose incompatibili. Lo scopo delle tre brevi parabole è quello di sottolineare questo messaggio con una serie di altre possibilità assurde. Mettereste una toppa nuova su un abito vecchio distruggendo entrambi (soprattutto un abito vecchio e prezioso)? Certo che no. Mettereste del vino nuovo in otri vecchi, distruggendo entrambi (soprattutto gli otri vecchi di valore)? Certamente no. Ora che parliamo di vino, preferireste un vino nuovo a un vino invecchiato e maturato? Ovviamente no. Sono tutte proposte assurde, e qualsiasi persona di buon senso risponderà “no” a tutte queste domande. Allo stesso modo, qualsiasi persona di buon senso risponderà “no” alla domanda “si deve digiunare quando è presente lo sposo”.

Essere alla presenza di Gesù, lo sposo, significa essere in un luogo gioioso. Sarebbe assurdo non essere gioiosi, non festeggiare, quando siamo con lui. Suggerire il digiuno alla presenza di Gesù è assurdo come mettere un vestito nuovo su un abito vecchio, o del vino nuovo in otri vecchi, come preferire il vino nuovo a quello vecchio.

E questo è quanto per il momento. In questa fase del ministero pubblico di Gesù, i suoi rapporti con i farisei non si sono deteriorati come sarebbero diventati in seguito. Sono ancora curiosi del suo insegnamento e aperti, a quanto pare, a considerare ciò che ha da dire. Gesù fa riferimento a ciò che sarebbe accaduto in futuro, un tempo in cui lo sposo sarebbe stato portato via. Il suo essere “portato via” è una chiara eco della sua passione. E quel triste momento di perdita e di dolore sarà un tempo di digiuno. Continuare a banchettare allora sarebbe una cosa assurda, incompatibile.

Ecco il nocciolo della questione: la presenza di Gesù significa gioia, l'assenza di Gesù significa tristezza. Confondere queste due situazioni sarebbe assurdo. Pensare diversamente su una delle due sarebbe una follia. Questo è l'insegnamento semplice e profondamente ricco che il nostro saggio maestro vuole farci comprendere oggi.

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