Un regalo più grande non potevi farmi, uno zampillo d’acqua fresca dopo giorni e giorni in un deserto che sai bene quanto arido. Sarò all’altezza di questo dono, lo prometto a me stessa.
Etty Hillesum

Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!
Caterina da Siena

venerdì 27 settembre 2024

Settimana 25 Venerdi (Anno 2)

 Letture: Ecclesiaste 3:1-11; Salmo 144; Luca 9:18-22

Come spesso accade nel Vangelo di Luca, Gesù è in preghiera prima di prendere una decisione chiave o di porre una domanda decisiva. In questo caso si tratta della domanda familiare: “Chi dite che io sia”? Se viene direttamente dal cuore della sua preghiera (in solitudine, con i discepoli), sembra che questo debba essere stato anche il contenuto della sua preghiera. Molti esseri umani in tutto il mondo probabilmente lo stanno facendo in questo momento, pregando Dio sulla loro vocazione: chi sono? Cosa vuoi che faccia? Chi vuoi che io sia?

Anche Gesù, nella sua umanità, prega su questa domanda. La questione era già emersa nella sua esperienza delle tentazioni (Lc 4): in realtà quelle tentazioni possono essere intese come pervasivi di tutto il suo ministero pubblico, domande su chi sia e quale sia la sua missione, domande che egli pone ai suoi discepoli, avendole prima, presumibilmente, poste a se stesso e al Padre nella preghiera.

Sembra imbarazzato dalla risposta di Pietro, che rimprovera i discepoli e ordina loro di non dirlo a nessuno. La risposta di Pietro è “il Cristo di Dio”, ma Gesù continua parlando del “Figlio dell'uomo che deve soffrire molte cose, essere rifiutato, ucciso e risuscitato”. Deve trattarsi di una questione di tempo giusto o, per essere più precisi, di tempo sbagliato. Qual è il problema? È impegnato a insegnare loro qualcosa di molto delicato, mentre si appropria per sé dell'insegnamento che sta condividendo con loro. Che tipo di Cristo deve essere? Quando è il momento giusto per parlare più esplicitamente e più pubblicamente della risposta che sta emergendo? Non ora, sembra, non per il momento.

La saggezza e la prudenza umana sono spesso viste come un buon tempismo: ciò che si deve fare o dire può essere chiaro, la sfida è trovare il momento giusto, il giusto insieme di circostanze, in cui dirlo o farlo. Per insegnare la saggezza della croce, la dura e paradossale saggezza del Vangelo, quando è il momento giusto e quando le circostanze sono favorevoli? Potremmo dire mai, sarà sempre impegnativo insegnare questa saggezza. Oppure potremmo dire che “la pienezza dei tempi” è il momento giusto per insegnare questa sapienza, un momento kairos nella vita di ogni individuo, un momento di grazia e di comprensione, in cui la conoscenza della croce può essere accolta non solo come ragionevole e intelligibile, ma come desiderabile e infinitamente saggia.

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