Letture: Efesini 2:1-10; Salmo 100; Luca 12:13-21
Ci sono insegnamenti sui pericoli della ricchezza che sono comuni a Matteo, Marco e Luca. Non si può servire sia Dio che Mammona, per esempio. Anche l'immagine del cammello che cerca di passare per la cruna di un ago si ritrova in tutti e tre i vangeli: è più facile per lui farlo che per un ricco entrare nel regno dei cieli.
Ma la parabola di oggi si trova solo nel vangelo di Luca. Oltre alla sua sensibilità e compassione, anzi proprio per questo, Luca pone un'enfasi particolare sui pericoli della ricchezza. Non qualifica la beatitudine dei poveri come fa Matteo, aggiungendo la frase “in spirito” - felici voi poveri è la versione di Luca, ed è lui che aggiunge i guai, iniziando con “guai a voi che siete ricchi”. Gesù non dice “guai a voi che siete indebitamente attaccati ai vostri beni”, né “guai a voi che non condividete ciò che avete con gli altri”. Il solo fatto di avere delle cose è di per sé problematico.
Nessuno di voi può essere mio discepolo se non rinuncia a tutti i suoi averi”, leggiamo in Luca 14. E Luca 16 è tutto un monito. E Luca 16 è tutto incentrato su questo avvertimento contro le ricchezze. Vi troviamo l'amministratore astuto, l'uomo ricco e Lazzaro, i farisei descritti come “amanti del denaro” e uno strano incoraggiamento ai discepoli a usare il denaro, “quella cosa contaminata”, per il servizio del regno.
In Luca troviamo l'insegnamento di Gesù sulle ricchezze nella sua forma più radicale. Questo insegnamento è qui reso fisico, potremmo dire. Non si tratta di una questione di atteggiamento nei confronti dei nostri beni, ma di un problema che deriva dall'avere dei beni. L'avvertimento è che gli esseri umani iniziano inevitabilmente a trovare un significato, una sicurezza e un senso di identità nei loro beni. Invece di usarli, essi diventano in qualche modo noi e noi diventiamo loro. Accumuliamo tesori di vario tipo (non solo il denaro) per garantire la nostra vita, per darle un significato e per affermare un senso di identità: essere qualcuno. Se è grazie a ciò che abbiamo che diventiamo qualcuno, allora abbiamo perso noi stessi.
Gesù ci ricorda nella lettura del Vangelo di oggi che “la vita non è fatta di beni”. Comportarsi come se lo fosse significa perdere la propria vita. Essere veramente “ricchi” significa ricevere il dono del Regno e praticare la generosità che ne è il cuore: lasciare che i nostri beni fluiscano attraverso di noi, potremmo dire, senza considerarli come propri. È un altro modo per dire che dobbiamo diventare come Gesù che, pur essendo ricco, si è fatto povero, affinché noi poveri diventassimo ricchi.
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