Questa omelia è stata pronunciata durante l'Evensong al Magdalen College di Cambridge, in occasione della festa di Santa Cecilia, il 22 novembre 2010. Le letture erano Sapienza 4,10-15 e 2 Corinzi 4,7-16.
Quante poche prediche o omelie ricordiamo! È salutare per il predicatore ricordarlo di tanto in tanto. Un'omelia che mi è sempre rimasta impressa nella memoria è una parte di un sermone del vescovo Fulton Sheen che ho ascoltato in una chiesa di Dublino nell'estate del 1967 o del 1968. Egli stava svolgendo una missione in città e io lavoravo come fattorino per un “negozio di abbigliamento per gentiluomini”, come veniva chiamato all'epoca. Mandato a fare una commissione che mi portò davanti alla chiesa dove stava parlando, riuscii a fare un salto per un paio di minuti per vedere e ascoltare il famoso predicatore. Ho sempre ricordato ciò che disse in quei pochi minuti. Se uno strumento in un'orchestra suona una nota stonata, disse, non c'è modo che quella nota possa essere suonata. È stata suonata per sempre (soprattutto se proviene da un trombone o da un contrabbasso) e si riverbera in tutta la sala da concerto, in tutta la città, in tutto il Paese, in tutto l'universo... l'unico modo possibile per correggere la situazione - ed è un modo radicale - è far sì che il compositore prenda quella nota stonata e la faccia diventare la prima nota di una nuova opera. Fulton Sheen ha applicato questo concetto ad Adamo ed Eva, alla caduta dell'umanità e alla risposta di Dio a questa caduta, prendendo la nota stonata del peccato e facendola diventare la prima nota della nuova grande sinfonia della redenzione.
È un'utile analogia musicale e molto appropriata per il giorno di Santa Cecilia. Per molti la musica stessa è una sorta di “spiritualità”, forse addirittura il massimo della spiritualità, per il suo potere di esprimere, stimolare e riconciliare tanta parte dell'esperienza umana.
Ma anche le dottrine distintive della fede cristiana possono essere meditate da questa prospettiva. Ho ricordato l'analogia musicale di Fulton Sheen. Il Divino Compositore realizzerà l'opera che ha concepito, intrecciandovi le note discordanti, gli errori, i silenzi e le svolte sbagliate che gli interpreti umani di quell'opera inevitabilmente introducono nella sua esecuzione. Non solo può inserire queste cose nella sua composizione, ma può usarle per illustrare in modo ancora più potente la bellezza della sua opera.
Possiamo dire questo non solo della storia della salvezza in generale, ma di ogni singola storia della salvezza. Ad esempio, San Paolo, nella nostra seconda lettura, descrive la sua esperienza con frasi meravigliosamente musicali: turbato, ma non angosciato; perplesso, ma non disperato; perseguitato, ma non abbandonato; abbattuto, ma non distrutto. Continua fino al culmine del brano, 'portando nel corpo la morte del Signore Gesù, affinché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo.'
Questo è l'accordo cristiano distintivo, la frase al centro della nostra fede, la meldia del canto della nostra vita - così professiamo nel nostro battesimo e cerchiamo di vivere di giorno in giorno - morire con Cristo, al peccato, per vivere con lui, per grazia, e per voi.
Alcune traduzioni della “grazia”, o benedizione, con cui termina 2 Corinzi si riferiscono all'“armonia dello Spirito Santo”, laddove noi siamo più abituati a parlare di “comunione” (koinonia). Ci sono molte immagini e metafore dello Spirito nella tradizione cristiana - altre bellissime come il bacio, o la risata - ma restiamo per ora sull'armonia, perché è la festa di Santa Cecilia.
Alcuni teologi recenti - penso in particolare a Hans Urs von Balthasar - parlano di Padre e Figlio “tesi” dall'opera di rivelazione e di salvezza, con il Figlio che viaggia in un paese lontano per salvare i perduti, mettendo a dura prova la relazione stessa tra Padre e Figlio, che scende persino negli inferi. L'uomo giusto a cui si riferisce la prima lettura, sottratto “all'ammaliamento della cattiveria e al vagabondaggio della concupiscenza”, il Figlio, il Verbo, si è fatto carne ed è entrato pienamente in quel luogo di cattiveria e concupiscenza per guarirlo e rafforzarlo dall'interno.
Questo viaggio del Figlio ha minacciato l'armonia tra Padre e Figlio? È questo il significato di quelle dure grida nel Getsemani e nel Golgota? La creazione che è in travaglio, che geme nel suo unico grande atto di partorire, testimonia la propria trasformazione nel corpo del Figlio incarnato. La grande sinfonia della creazione e della redenzione è incentrata su quel momento di silenzio in cui Egli ha emesso il suo Spirito, l'armonia, l'amore del Padre e del Figlio, e di Dio per il mondo, che sopporta la più grande dissonanza e, dal lato opposto di essa, dà inizio al movimento radicalmente nuovo della risurrezione, una nuova creazione.
Crediamo che Dio abbia aperto il suo cuore e rivelato la sua vita in quel momento di profondo silenzio. Ciò che si rivela è la vita d'amore che Dio è e, lungi dall'essere una minaccia per l'armonia di queste relazioni, il sangue di Gesù suggella una nuova ed eterna alleanza. Questo momento non ha minacciato l'armonia tra Padre e Figlio. È stato piuttosto il momento in cui tutta l'umanità, e la creazione stessa, sono state incorporate nell'armonia della sinfonia divina che è la vita della Santissima Trinità. Dio è una nota complessa, o un accordo, o una frase, che esprime potenza, saggezza e amore, accogliendo, riconciliando e portando in un'armonia più alta e duratura il mondo turbato, angosciato, perplesso, perseguitato e abbattuto.
Celebriamo la nostra fede in questo mistero non solo cantando un nuovo canto nel coro, ma cantando un nuovo canto nella nostra vita. Gli amanti cantano, ci ricorda Sant'Agostino, e i portatori di un nuovo amore devono cantare un nuovo canto.
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