Letture: Atti 22,30; 23,6-11; Salmo 16; Giovanni 17,20-26
“Dividi e conquista” è la strategia di Paolo di fronte ai capi dei sacerdoti e al Sinedrio. Conosceva meglio di chiunque altro la composizione di quell'organismo: da un lato i sadducei delle famiglie sacerdotali con il loro stile teologico liberale e riduttivo, dall'altro i farisei, più zelanti e religiosi, che credevano non solo negli angeli e negli spiriti, ma anche nella «risurrezione dei morti». Non è chiaro se i farisei intendessero questo come un altro tipo di realtà «spirituale». Forse sì, mentre Paolo era giunto a credere nella resurrezione in un senso completamente diverso.
Ma questo non aveva importanza in quel momento. Dal punto di vista strategico, la cosa più importante era che Paolo li aveva messi l'uno contro l'altro. Dal punto di vista della Strategia Divina degli Atti, la cosa più importante è che Paolo, dopo aver reso testimonianza al Signore a Gerusalemme, riceve (dal Signore, in una visione) l'ordine di rendere testimonianza anche a Roma.
È giusto che Paolo di Tarso, cittadino dell'Impero Romano, una delle figure più significative del mondo antico, finisca la sua carriera nella capitale di quel mondo. In lui si adempirà la profezia di Gesù all'inizio degli Atti, secondo cui gli apostoli avrebbero reso testimonianza di Gesù a Gerusalemme, in Samaria e fino agli estremi confini della terra (At 1,8). Paolo pensava di andare in Spagna (un altro tipo di «fine del mondo»), ma lo Spirito di Gesù lo condusse invece a Roma.
Il brano del Vangelo di oggi conclude la preghiera «sacerdoziale» di Gesù. Si tratta, opportunamente, di una dossologia che celebra la gloria che il Figlio ha con il Padre prima della fondazione del mondo. Una misteriosa unità nella conoscenza e nell'amore reciproci (ciò che di solito chiamiamo semplicemente “lo Spirito Santo”) è condivisa con gli esseri umani attraverso la vita e l'insegnamento, la morte e la glorificazione di Gesù. È un'intimità nella conoscenza e nell'amore, un'unione di vita e amore, per la quale le nostre esperienze d'amore più appaganti sono analogie preziose ma ancora molto povere.
È chiaro in cosa non consiste e in cosa consiste la gloria: non è una luce splendente e un tuono fragoroso, non è una tempesta infuocata o un terremoto devastante, ma qualcosa di simile a una voce calma e sommessa, o a un agnello condotto al macello. Unità, amore, conoscenza reciproca. Che cosa sono queste cose in un mondo rumoroso, pieno di conflitti, lotte e discussioni? Paolo non ha alcuna speranza di riuscire a insegnare ai suoi accusatori qualcosa di questo ricco mistero che è il Padre in Gesù, Gesù in noi e quindi il Padre in noi. C'è il Vangelo e la ricca promessa di vita eterna che esso porta con sé, una vita condivisa anche adesso nella Santissima Trinità. Ma ci sono sempre anche coloro che ascoltano e ricevono il messaggio. Anche in loro deve accadere qualcosa se vogliono credere a ciò che ascoltano, qualcosa come una conversione, un cuore nuovo, una vera e propria resurrezione dei morti spirituali.
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