Letture: Ebrei 4:12-16; Salmo 19; Marco 2:13-17
L'occhio onniveggente di Dio era uno strumento utilizzato per ricordare che Dio è ovunque, conosce ogni pensiero, ascolta ogni parola e vede ogni azione. Egli è anche a conoscenza di ogni omissione, cosicché la nostra confessione a Dio dei nostri peccati, siano essi di pensiero, di parola, di azione o di omissione, non è una vera novità per lui: egli sa già tutto.
Può sembrare un po' terrificante, e in effetti incuteva paura nel cuore di molti, essere sotto la costante sorveglianza di un “grande fratello” celeste. A volte si dice: “Sono stato cresciuto come cattolico e ho le colpe che lo dimostrano”. (Lo stesso si dice all'interno di varie forme di protestantesimo e anche di altre tradizioni religiose). È strano come le comunità cristiane siano arrivate a posizionarsi, o a essere posizionate, al servizio di una morale vittoriana e puritana che è riuscita semplicemente a ribaltare ciò che Gesù dice nel Vangelo di oggi, convincendo la gente che in realtà era venuto per i sani piuttosto che per i malati. I malati, soprattutto quelli morali, erano disprezzati e rifiutati, scacciati dalla società, scacciati spesso guidati da congregazioni cristiane che servivano gli interessi di quella società.
Come ne parla la Lettera agli Ebrei, questo esame da parte di colui al quale dobbiamo rendere conto, può essere facilmente percepito come una sorta di minaccia. Sembra piuttosto chirurgico: una spada che penetra tra le giunture e le midolla, tra l'anima e lo spirito. Tuttavia, la provvidenza universale e particolare di Dio, di cui parliamo in entrambe le letture di oggi, dovrebbe essere una buona notizia per noi. Possiamo immaginare che l'interesse che i genitori e gli altri nutrono nei confronti di un neonato sia una buona analogia con l'interesse che Dio nutre nei confronti dei suoi figli, vegliando su ogni loro respiro ed esaminando ogni dettaglio di come stanno. Ogni capello del vostro capo è contato: e se questa fosse una testimonianza d'amore piuttosto che un'istigazione alla paura?
Ebrei ci indica subito Cristo e il modo in cui si è esercitata la provvidenza universale e particolare di Dio. Questa provvidenza sta attuando il proposito di Dio attraverso colui che conosce la nostra debolezza ed è stato tentato in ogni modo come noi. Allo stesso modo, nella lettura del Vangelo, vediamo come la sua conoscenza dei peccatori porti Gesù all'ufficio di Levi, un esattore delle tasse. Viene quindi criticato dagli osservatori della morale pubblica per aver mangiato con gli esattori delle tasse e altri peccatori: come può essere che uno che pretende di essere un maestro e una guida si mescoli con queste persone?
Facciamo invece questa semplice inversione: il Vangelo è amore e non paura, un amore perfetto che scaccia ogni paura. Gesù è venuto davvero per i malati, per chiamarli a stare con lui e ad accompagnarlo nella costruzione del regno. È venuto a portare l'amore del Padre nella vita dei peccatori come Levi e per farlo è obbligato a mescolarsi con loro, a vivere in mezzo a loro, a passare i suoi giorni in loro compagnia. Deve conoscerli e così facendo ci insegna che la conoscenza divina di tutte le cose deriva dall'amore divino di tutte le cose. È lo stesso Spirito che scruta le profondità di Dio e che scruta i cuori degli uomini, aiutandoci a vedere non una spada che pende su di noi, ma i doni che abbiamo ricevuto, i doni che vuole ancora portarci.
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