Letture: Ebrei 12:18-19, 21-24; Salmo 48; Marco 6:7-13
Ci riferiamo ancora al discorso indirizzato agli Ebrei come a una lettera, anche se non è molto simile a una lettera. Non c'è nessun saluto all'inizio. Si va subito al sodo. C'è un po' di ordine alla fine, una specie di firma, con un riferimento a Timoteo e i saluti dei santi in Italia. L'autore dice “vi ho scritto brevemente”, il che non sembra corretto se si riferisce all'intero documento. Forse si riferisce alla nota aggiunta alla fine. E per fortuna non è corretto, perché Ebrei è un testo ricco, ricco.
Sembra e sembra più un'omelia che una lettera, una conferenza che spiega come Gesù realizzi i tipi e le figure bibliche. Egli porta una nuova alleanza, è un tipo diverso di sacerdote, stabilisce una nuova liturgia, dà una nuova legge, offre un nuovo sacrificio, rinnova la creazione, salva il popolo e realizza profondamente le promesse e le anticipazioni che troviamo nell'Antico Testamento.
Il brano letto oggi nella Messa è una sorta di culmine del testo. Ciò a cui siete giunti...”, il punto in cui siete arrivati, il luogo in cui vi trovate. Se, come pensano alcuni studiosi, si tratta di un'omelia, allora assomiglia molto a un'omelia liturgica, un'omelia pronunciata durante l'Eucaristia. Il testo ricorda la teofania del Monte Sinai e il sigillo dell'alleanza, i modi in cui Dio ha rivelato la sua presenza, la sua potenza e la sua maestà. C'è rumore e tuono, fiamma e tempesta, oscurità e paura. Ma “ciò a cui siete venuti” non è il Monte Sinai, bensì l'Eucaristia. Siete venuti alla Messa.
Alcuni anni fa un collega decise di prendere Gesù più o meno in parola e si mise in viaggio per attraversare l'Irlanda senza prendere nulla per il viaggio. (Immagino che abbia portato con sé un equipaggiamento per la pioggia. E andò da solo piuttosto che con un compagno). Quando la giornata volgeva al termine, chiedeva ospitalità in qualche casa vicina al luogo in cui si trovava, offrendosi di celebrare la Messa in cambio di pernottamento e colazione. Non aveva difficoltà a trovare alloggio e portava il dono dell'Eucaristia nelle case della gente.
Ciò che siamo venuti a vedere quando ci raduniamo per l'Eucaristia sembrerà semplice e ordinario, potrebbe essere magari una routine. Ma è comunque maestoso, impressionante e straordinario. Quando il mio collega ha celebrato l'Eucaristia in un tranquillo salotto irlandese, con poche persone riunite intorno al focolare o in cucina, ciò che ha portato con sé in quella casa è stato il Monte Sion, la città del Dio vivente, la Gerusalemme celeste, innumerevoli angeli riuniti in festa, l'assemblea dei primogeniti iscritti in cielo, un giudice che è Dio di tutti, gli spiriti dei giusti resi perfetti, Gesù mediatore di questa nuova alleanza e il sangue asperso (perché un'alleanza deve essere suggellata dal sangue) che parla più benevolmente del sangue di Abele.
Quindi, dopo tutto, non stava viaggiando da solo. In cambio del pane che gli avevano dato, aveva il privilegio di condividere con loro il pane del cielo. Lo hanno invitato a varcare la loro soglia ed egli li ha condotti oltre un'altra soglia, che li ha introdotti in spazi eterni e infiniti, rendendoli partecipi della liturgia celeste, riempiendo la loro casa con la corte del cielo. E al centro di questa corte colui che ci manda e ci chiama, Gesù, mediatore della nuova ed eterna alleanza sigillata nel suo sangue graziosamente eloquente.
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