Un regalo più grande non potevi farmi, uno zampillo d’acqua fresca dopo giorni e giorni in un deserto che sai bene quanto arido. Sarò all’altezza di questo dono, lo prometto a me stessa.
Etty Hillesum

Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!
Caterina da Siena

martedì 28 maggio 2024

Settimana 08 Martedì (Anno 2)

Letture: 1 Pietro 1,10-16; Salmo 98; Marco 10,28-31

Allora, cosa c'è da fare, si chiede Pietro. La sua domanda ci ricorda quanto sia difficile cambiare idea, convertirsi e aprirsi a vivere secondo la grazia. L'interesse di Pietro è il tasso di cambio, la moneta con cui valutare la relazione con Gesù: E noi, che abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito". La sua domanda viene subito dopo il commento di Gesù sull'impossibilità per un ricco di entrare nel regno e Pietro, suo malgrado, dimostra di essere ancora "ricco", ancora desideroso di conoscere "il risultato finale".

Ha davvero lasciato tutto per seguire Gesù se questa domanda lo tormenta ancora? All'inizio Gesù sembra rispondere nei termini stabiliti da Pietro: chi ha lasciato tutto riceverà tutto indietro, e lo riceverà centuplicato (un tasso di interesse impressionante). Ecco quindi l'accordo: rinuncia a tutto e riavrai tutto, e lo riavrai con il suo valore accresciuto. Questo ci invita a pensare in termini di economia spirituale. San Giovanni della Croce, ad esempio, sviluppa una comprensione del distacco da tutte le cose, abbracciando il nada, il nulla, della croce, ma poi ricevendo tutto indietro: "Ho le montagne, le valli silenziose e boscose, la solitudine perfetta". Si rinuncia a tutto per Cristo e si riceve tutto indietro con Cristo.

Meister Eckhart parla in modo simile: chi si distacca da tutte le cose diventa tutte le cose, quindi si possiede tutto in modo molto più radicale se si decide di non possedere nulla. Se vi distaccate da loro, amerete di più la vostra famiglia, dice Eckhart commentando la lettura del Vangelo di oggi (Libro del Divino Conforto, Parte II): diventeranno cento volte più cari di quanto lo siano ora. Inoltre, tutti gli altri ti diventano più cari di quanto non lo sia la tua famiglia per natura e così ti ritrovi con molti padri, madri, fratelli e sorelle.

Potrebbe sembrare irriverente, presuntuoso, mettere in discussione le interpretazioni di geni spirituali come Giovanni della Croce ed Eckhart. Ma resta da chiedersi se nell'insegnamento di Gesù ci sia qualcosa che resiste a essere contenuto anche dalla loro logica spirituale.

Una qualifica che Gesù aggiunge è che questo distacco deve essere "per me e per il Vangelo". Cosa deve succedere se vogliamo trovarci capaci di una tale motivazione? Solo perché penso che sia per questo che voglio farlo, non significa che lo sia davvero. Quando una persona può dire onestamente "questo è il motivo della mia azione, Gesù e il Vangelo"? Se ancora coviamo la domanda di Pietro da qualche parte dentro di noi, non stiamo ancora comprendendo i termini in cui Gesù sta parlando.

Una seconda qualificazione che Gesù aggiunge è questa: "con persecuzioni". Anche questo fa parte dell'accordo. Se la gloria è offerta, allora non è senza sofferenza, una sofferenza che accompagna ogni nascita. E se dobbiamo nascere in un nuovo modo di vivere, come possiamo sapere quale sarà prima di nascere? Come "fare un accordo" quando siamo ancora nel grembo materno e non sappiamo come sarà la vita al di fuori del grembo materno, cosa potrebbe significare "vita eterna"? La prima lettura di oggi usa il termine "grazia" e poi lo spiega in termini di gloria e speranza, una gloria che si accompagna alla sofferenza e che è accompagnata dalla sofferenza, una speranza che significa guardare oltre i desideri della nostra ignoranza, e come possiamo farlo?

La terza e ultima qualificazione aggiunta da Gesù sembra sovvertire non solo la domanda ordinaria e comprensibile di Pietro, ma anche le soluzioni di maestri spiritualmente sofisticati come Giovanni della Croce ed Eckhart. Molti sono i primi che saranno ultimi, e gli ultimi i primi. Questo sembra far saltare ogni logica, distruggere ogni tentativo di sviluppare un'"economia" del rapporto con Cristo. I primi saranno ultimi e gli ultimi primi: questo non mette fine a tutte le misurazioni e valutazioni del nostro operato e ci catapulta nello sconcertante mondo della grazia e della santità, un mondo in cui siamo estranei (per quanto ci sforziamo di ridurlo a termini più gestibili).

Dobbiamo essere santi come Dio è santo, conclude la prima lettura. Come è possibile essere in presenza della santità di Dio, percepirla, comprenderla, non esserne completamente confusi e sopraffatti? Possiamo solo permettere che si riveli a noi, che ci sveli le sue vie, che ci dia il coraggio di seguire e affidarci alle sue leggi e ai suoi criteri. La prima lettura ci insegna che il potere o la capacità di fare questo è "lo Spirito di Cristo" o "lo Spirito Santo" che opera in noi. È quello che cerchiamo, come lo hanno cercato gli angeli e i profeti, ma nel trovarlo perdiamo noi stessi e arriviamo a vivere per gli altri fino a dimenticare noi stessi. È saggio pensare in questi termini? La santità di Dio è una follia? Abbiamo davvero rinunciato a qualcosa per seguire Cristo?

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