Un regalo più grande non potevi farmi, uno zampillo d’acqua fresca dopo giorni e giorni in un deserto che sai bene quanto arido. Sarò all’altezza di questo dono, lo prometto a me stessa.
Etty Hillesum

Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!
Caterina da Siena

giovedì 20 marzo 2025

Quaresima Settimana 2 Giovedì

Letture: Geremia 17,5-10; Salmo 1; Luca 16,19-31

Entrambe le letture di oggi hanno un pungiglione nella coda. A prima vista sembrano molto familiari e facili da accogliere. In Geremia c'è la bella immagine dell'albero piantato in riva al mare, un'immagine ripetuta nel salmo. L'uomo che guarda al Signore è come un albero di questo tipo rispetto a quello che si affida ai poteri e ai valori di questo mondo passeggero e che si ritrova ad appassire alla radice, cercando di sopravvivere in una terra arida. C'è la storia del ricco e di Lazzaro, che sembra ripetere la stessa morale: non confidare nelle ricchezze di questo mondo passeggero, ma nelle vere ricchezze che si trovano in cielo con Dio.

Il pungiglione nella coda della prima lettura è l'improvvisa riflessione sulla perversità del cuore umano: tortuoso, senza rimedio, chi può capirlo? In altre traduzioni il cuore è subdolo sopra ogni cosa e disperatamente corrotto. Così il bel paragone presentato all'inizio della lettura, la contrapposizione tra l'albero piantato vicino all'acqua e l'albero che cerca di fiorire nel deserto, che sembra una scelta facile e ovvia, non è così facilmente perseguibile, considerando la perversità del cuore.

Il pungolo nella coda della lettura del Vangelo è la curiosa osservazione che se gli uomini non credono a ciò che viene dato loro nelle Scritture, non ci crederanno nemmeno se qualcuno dovesse risorgere dai morti. E sembra che sia la stessa cosa. È facile capire la scelta che si sta affrontando, non è altrettanto facile fare quella scelta e perseverare in essa.

La Quaresima è un tempo per ripensare al mistero del peccato. Possiamo usare la parola “mistero” in modo appropriato: il peccato è una realtà teologica, una valutazione dei pensieri, delle parole, delle azioni e delle omissioni umane alla luce della santità di Dio. La Bibbia ci presenta due tradizioni principali sul peccato, che rimangono descrizioni accurate della nostra esperienza di questo mistero.

Da un lato il peccato è qualcosa di deliberatamente scelto, una scelta umana, fatta con consapevolezza e libertà, scegliendo ciò che è male a scapito di ciò che è bene. Dovremmo essere abbastanza adulti da accettare la responsabilità di queste cose e chiedere perdono per esse.

D'altra parte c'è qualcosa di misterioso nel peccato, che è un potere che opera in noi e attraverso di noi senza essere completamente sotto il nostro controllo. È collegato al desiderio e alle distorsioni del desiderio. È legato alle fantasie che inevitabilmente sorgono nella mente umana e che sono le radici dei peccati capitali: superbia e invidia, lussuria e ira, gola e cupidigia, accidia e vanagloria. È la forza che Paolo cataloga, insieme alla Legge e alla Morte, come nemici dell'uomo, il peccato accovacciato alla porta, che disturba il nostro pensiero e le nostre scelte affinché finiamo per fare il male che non vogliamo.

La scelta è abbastanza chiara: affondare le radici sulla riva del mare e prosperare o andare nel deserto e perire, riporre la propria fiducia nel Signore e nelle ricchezze che promette e non nella ricchezza e nel potere di questo mondo. È più difficile fare la scelta giusta e mantenerla. Il desiderio, la dipendenza, l'umiliazione, la paura, la complessità del cuore e le sue vie di fuga: tutto questo è sempre presente, ci spinge e ci tira, ci distrae e ci paralizza.

È chiaro che dobbiamo pregare sempre più urgentemente per ottenere la grazia della conversione, una conversione che non si basa sui nostri deboli sforzi, ma che viene come un dono di Dio, un incontro avvincente e che cambia la vita con la sua bontà, un incontro già disponibile per noi nelle parole delle Scritture. Se non ascoltiamo Mosè e i profeti, non saremo persuasi nemmeno se qualcuno risorgesse dai morti. Il cuore subdolo troverebbe subito un'altra spiegazione e tornerebbe al suo triste egocentrismo.

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