Letture: Geremia 7,23-28; Salmo 94; Luca 11,14-23
Il più noto “dito di Dio” è quello dipinto da Michelangelo sul soffitto della Cappella Sistina. Attraverso lo spazio tra la punta del dito di Dio e la punta del dito di Adamo viene trasmessa la misteriosa energia della creazione. La frase è entrata a far parte anche dell'inno Veni, Creator Spiritus come titolo per lo Spirito Santo che è dextrae Dei digitus, il dito della mano destra di Dio.
L'immagine non è usata molto spesso nella Bibbia, ma ogni volta che lo è, è in relazione alle cose più significative. Nel Libro dell'Esodo, i maghi del Faraone descrivono il potere che opera attraverso Aronne come il dito di Dio (Esodo 8:19). La legge o la sapienza di Dio è stata iscritta dal dito di Dio sulle tavole di pietra consegnate a Mosè (Esodo 31:18). Il Salmo 8 celebra il potere di Dio come Creatore: “quando vedo i cieli, opera delle tue dita”.
Quindi, nella creazione, nel dare la Legge, negli eventi misteriosi, nello scacciare i demoni, il “dito di Dio” significa che la potenza di Dio è all'opera.
Ci sono altri due riferimenti, meno chiari, ma ognuno dei quali è intrigante. Al banchetto di Belshazzar, come raccontato in Daniele 5, la scrittura sul muro è fatta dalle dita di una mano umana. Ma è un altro intervento divino, una rivelazione della provvidenza di Dio per il popolo interessato. In Giovanni 8 Gesù scrive per terra con il dito in presenza della donna presa in adulterio. Nessuno sa cosa abbia scritto o cosa significhi il gesto, ma presumibilmente qualcosa che ha a che fare con la provvidenza di Dio nei confronti della donna e dei suoi accusatori.
Così un oggetto ordinario, il dito, applicato a Dio come immagine, è usato raramente nelle Scritture ma sempre in contesti di grande significato: creazione, rivelazione, alleanza, provvidenza. Di conseguenza, si trova in uno dei grandi inni della liturgia e sul soffitto della cappella più famosa della cristianità.
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