Letture: Genesi 37:3-4,12-13,17-28, ; Salmo 105; Matteo 21:33-43,45-46
Giuseppe, figlio di Giacobbe, è uno dei personaggi dell'Antico Testamento la cui esperienza diventa figura o “tipo” dell'esperienza di Gesù. Era un innocente, tradito dai suoi fratelli e consegnato alla morte. Nella parabola letta oggi si parla di un figlio mandato dal padrone di una vigna ai fittavoli, pensando che lo rispetteranno. Ma viene ucciso da loro.
L'aspetto più interessante delle letture è il contrasto tra la risposta della gente alla domanda di Gesù e la sua stessa risposta. La domanda è: “Che cosa farà il padrone della vigna a quegli inquilini?”. Il popolo dice due cose: farà morire miseramente quei disgraziati e consegnerà la vigna ad altri conduttori che la faranno fruttare.
Anche Gesù dice due cose. La seconda parte della sua risposta è più o meno la stessa della risposta del popolo: il regno di Dio vi sarà tolto e sarà dato a una nazione che produrrà frutti. Ma guardate la prima parte della risposta di Gesù. Non c'è alcun riferimento a una morte miserabile, alla distruzione dei miserabili. Egli cita invece il Salmo 118: “La pietra scartata dai costruttori è diventata la pietra d'angolo, opera del Signore, meravigliosa ai nostri occhi”.
C'è una differenza abissale tra la prima parte della risposta del popolo e la prima parte della risposta di Gesù. Vengono infatti presentate due concezioni di Dio completamente diverse. Gesù cita un passo che è centrale nella predicazione pasquale della Chiesa: dopo Pasqua sentiremo questo passo ancora e ancora, la pietra scartata è diventata la chiave di volta. È la risposta del Padre di Gesù all'uccisione del Figlio. Il “padrone della vigna” della parabola riflette una concezione pagana di Dio: è solo un umano più potente, capace di una maggiore distruzione, ma mosso dagli stessi sentimenti, dalla stessa logica della vendetta, un potente partecipante al ciclo di violenza che perseguita il mondo.
Ma Gesù è venuto a rivelarci il vero Dio, Dio vivo, onnipotente ed eterno, Creatore di tutte le cose e Redentore di tutti. Questo Dio è libero dai sentimenti che determinano le nostre reazioni. Dio è libero dalla logica che governa le nostre relazioni. La sua rabbia non si esprime nella morte e nella distruzione, ma nella resurrezione e nella nuova creazione.
Per noi è più facile vivere con gli dei pagani. La loro natura e le loro azioni ci sono più facilmente comprensibili perché sono solo uomini (o donne) troppo cresciuti. Spesso questo è il tipo di dio con cui viviamo anche quando usiamo la terminologia della fede cristiana. Ma il vero Dio è un'altra cosa, radicalmente diversa da tutto questo, con una natura e un'azione che sono entrambe semplicemente descritte come “amore”. Gesù ci apre una finestra attraverso la quale possiamo già intravedere questo nuovo Dio che è venuto a insegnarci. Il Dio Padre di Gesù esprime in modo infinitamente più potente la sua profonda rabbia per la morte del Figlio, dando sfogo alla sua rabbia non attraverso un'ulteriore distruzione della creazione, ma attraverso la resurrezione, attraverso una nuova creazione.
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