Un regalo più grande non potevi farmi, uno zampillo d’acqua fresca dopo giorni e giorni in un deserto che sai bene quanto arido. Sarò all’altezza di questo dono, lo prometto a me stessa.
Etty Hillesum

Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!
Caterina da Siena

domenica 7 settembre 2025

Settimana 23 Domenica (Anno C)

Letture: Sapienza 9,13-18; Salmo 89/90; Filemone 9-10, 12-17; Luca 14,25-33

Fin dai primi tempi della Chiesa, le parole di Gesù nel brano odierno tratto da Luca hanno causato problemi. A dire il vero, solo una parola: la parola "odiare". Essa sopravvive nella traduzione qui citata: "Se qualcuno viene a me senza odiare suo padre, sua madre... persino la propria vita, non può essere mio discepolo". Tuttavia, in molte altre traduzioni "odiare" scompare per essere sostituito da qualcosa di più vicino alla versione di Matteo: "Se qualcuno non ama me più di quanto ami suo padre, sua madre... e persino la propria vita, non può essere mio discepolo".

I problemi legati all'odio sono evidenti. La Bibbia, dopotutto, ci dice di onorare nostro padre e nostra madre, e Gesù stesso ci dice di amare i nostri nemici. Cosa può significare allora parlare di odiare i nostri genitori, i nostri figli, i nostri coniugi e persino la nostra stessa vita per seguirlo? Predicatori, insegnanti, Padri della Chiesa, interpreti e traduttori - tutti si contorcono di fronte a questa parola e spesso finiscono per tradurla in modo da eliminare lo scandalo dell'odio: non devi amare tuo padre o tua madre più di me. Sappiamo cosa disse Gesù, come riportato da Luca, ma questo deve essere ciò che intendeva dire.

Ma questo porta con sé altri problemi. Uno di questi è che diventa accettabile e tollerabile per noi, e non c'è nulla di troppo radicale o sorprendente in questo. Ma la prima lettura di oggi ci ricorda che «le deliberazioni dei mortali sono timide e i nostri piani sono incerti». E continua: «Chi può conoscere il consiglio di Dio o concepire ciò che il Signore intende?». Lo scandalo dell'odio, il modo in cui ci blocca, può in realtà essere essenziale se vogliamo essere sollevati dai nostri normali modi di pensare ed essere portati a pensare in un modo nuovo, aperti ai modi in cui il consiglio di Dio è incline, aperti agli scopi che Dio intende.

Ecco il secondo e più grave problema della traduzione più morbida: essa colloca Dio tra gli altri oggetti del nostro amore e implica che esista una sorta di confronto quantitativo che possiamo fare tra tutti loro. Quindi posso amare il cioccolato, il gatto e la mia nuova auto. Passando alle persone, posso amare i miei amici, il mio coniuge, i miei genitori e i miei figli. E tutto questo va bene, purché io ami Dio più di tutti. È questo che insegna il cristianesimo? Un problema è che crea una sorta di competizione tra il mio amore per Dio e il mio amore per le altre persone, come se potessero essere misurati l'uno rispetto all'altro, e questo non può essere giusto. Il problema più fondamentale è che trasforma Dio in un altro oggetto del mio amore, uno tra gli oggetti del mio amore, quando Dio è il fondamento di tutto l'amore, la ragione per cui esiste l'amore.

È Dio, che è Amore, che rende possibile l'esistenza delle creature, e che esse siano buone, e quindi amabili. Quindi Dio non può essere semplicemente incluso nella classe degli oggetti amabili, anche se è il più desiderabile di essi. Dio come Creatore e Redentore è la fonte di tutto ciò che è amabile e l'origine di tutto l'amore. Gesù è venuto per rivelare questo mistero dell'amore divino e per farlo deve condurci ai limiti della nostra saggezza naturale. Deve condurci oltre i limiti della nostra esperienza e delle nostre intenzioni. Avendo la mente di Cristo, come dice San Paolo, siamo guidati da Gesù a vedere, forse solo in un lampo, qualcosa del mistero dell'amore divino al di sotto, al di dentro e al di là di tutto ciò che esula dalla nostra esperienza dell'amore.

L'altro modo in cui Gesù parla di questo qui è in riferimento alla croce: «Chi non porta la propria croce e non mi segue, non può essere mio discepolo». Anche questo è scandaloso, ma ci siamo talmente abituati che non ci scandalizza più. (Non dimentichiamo che, sebbene a questo punto grandi folle seguano ancora Gesù, quando arriverà alla sua croce saranno pochi, se non nessuno, quelli in grado di restare con lui: l'intera vicenda sarà diventata troppo scandalosa, troppo inquietante).

Ogni giorno dobbiamo, secondo le parole di Papa Francesco, «entrare nel silenzio della croce». La croce è la chiave e la porta attraverso la quale possiamo intravedere il mistero dell'amore divino che Gesù è venuto a mostrarci. Non si tratta solo del «più grande amore che esista», uno tra tanti, anche se è il migliore. È una realtà ben diversa, al di là della nostra immaginazione, il cuore di Dio rivelato nella storia del mondo. L'oscurità aperta dalla croce, che noi contempliamo, è l'oscurità di un mistero troppo luminoso per i nostri occhi. Le uniche vie d'accesso sono la meditazione e la preghiera, e il cercare di seguire Gesù ogni giorno vivendo secondo gli insegnamenti che ci ha impartito, ciascuno di noi prendendo la propria croce per seguirlo nel suo cammino.

Non è attraverso il pensiero e la riflessione ordinari che possiamo svelare questo mistero, perché «le deliberazioni dei mortali sono timide e i nostri piani sono incerti». È solo attraverso la preghiera e seguendo la via indicata dalla nostra croce che possiamo intravedere la verità verso cui Gesù conduce i suoi discepoli. È un nuovo modo di pensare, meditando su una morte il cui significato è la vita, su una schiavitù il cui significato è la libertà, su un «odio» che ci guida all'Amore, e in effetti alla Fonte di tutti gli amori.

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