Letture: 1 Timoteo 6,13-16; Salmo 99; Luca 8,4-15
Ancora una volta ascoltiamo la parabola del seminatore che esce a seminare il suo seme, e ancora una volta ascoltiamo l'interpretazione della parabola che è data anche in Matteo 13 e in Marco 4. Non è complicata: il seme cade lungo il sentiero, sulla roccia, tra le spine, sul terreno fertile. Ci sono vari modi in cui possiamo accoglierla, aiutati dall'interpretazione.
È così chiaro che ci si chiede quale sia il senso dell'avvertimento di Gesù: chi ha orecchi per intendere, intenda. Perché qualcuno dovrebbe avere difficoltà ad accedere alla parabola, almeno non appena ne ascolta anche la spiegazione? Cos'altro potrebbe offrire Gesù ai discepoli insieme a questa interpretazione?
A meno che ciò a cui devono accedere i discepoli non sia solo il significato di una parabola ricevuta come allegoria, ma il significato racchiuso nel seme stesso. Poiché è la parola di Dio, il seme porta in sé «i misteri del regno di Dio». Una piccola cosa destinata a crescere fino a diventare qualcosa di straordinario: questo è un seme. La realtà finale della sua vita va ben oltre la sua forma iniziale. Quindi chiunque può capire l'interpretazione della parabola – il seme è la Parola di Dio – ma non tutti comprendono la vita che il seme contiene – i misteri del regno di Dio.
Per il momento i discepoli possono andare avanti, pensando di aver capito qualcosa. Il Vangelo di Marco è più forte sul fatto del segreto messianico (che la piena verità della persona e della missione di Gesù rimane nascosta) e sull'ottusità dei discepoli (che continuano a non capire). Presto Gesù parlerà loro della sua esperienza pasquale ancora da venire, dell'esodo che deve compiere a Gerusalemme, ed essi entreranno in un nuovo livello di incomprensione, dimostrando che anche se comprendono che «il seme è la Parola di Dio», i misteri del regno di Dio sono ancora fuori dalla loro portata.
Infatti il cuore di quei misteri rimane nascosto a tutti, per quanto aperte siano le loro orecchie o acuti i loro occhi. Queste sono realtà che solo Dio ci mostrerà alla fine, Dio che, come ci dice Paolo nella prima lettura, abita nella luce inaccessibile. Non possiamo entrare in quella luce, possiamo solo essere portati nel suo splendore.
Quindi ci è stato dato molto e siamo stati in qualche modo introdotti al significato della parabola, alla chiamata della Parola di Dio, e abbiamo persino intravisto i misteri del regno di Dio. Ma rimaniamo in gran parte sordi, ciechi e incapaci di comprendere. Anche per i cuori sinceri e buoni, il terreno fertile su cui cade il seme, i loro occhi non hanno visto né le loro orecchie hanno udito, né è entrato in quei cuori sinceri il bene che Dio ha preparato per coloro che lo amano.
Coloro che credono sanno che il seme è la Parola e che la Parola contiene i misteri del regno. Solo con lo Spirito di Dio possiamo entrare in quei misteri, tuttavia, per vedere la Croce come gloriosa, per comprendere l'amore divino che si rivela nel mistero della Croce.
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