Un regalo più grande non potevi farmi, uno zampillo d’acqua fresca dopo giorni e giorni in un deserto che sai bene quanto arido. Sarò all’altezza di questo dono, lo prometto a me stessa.
Etty Hillesum

Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!
Caterina da Siena

domenica 4 maggio 2025

TERZA SETTIMANA DI PASQUA - DOMENICA (ANNO C)

Letture: Atti 5,27-32.40b-41; Salmo 30; Apocalisse 5,11-14; Giovanni 21,1-19

C'è un vino italiano molto famoso proveniente da Montefiascone, vicino a Viterbo, chiamato “Est, Est, Est”. Secondo la leggenda, il nome deriva da un vescovo tedesco che mandò uno dei suoi attendenti in avanscorsa per cercare dei vini, scrivendo “Est” sulla porta dove trovava un vino buono e “Est, Est” dove trovava uno molto buono. Il vino di Montefiascone ricevette tre stelle dal cercatore, “Est, Est, Est”, confermando al vescovo che il vino di quella regione era più che buono.

Dalla Bibbia sappiamo che la parola di tre testimoni conferma qualcosa come definitivo, completo e confermato oltre ogni dubbio. Quando qualcosa viene detto o fatto “ancora e ancora e ancora”, possiamo esserne certi. La testimonianza di due o tre testimoni è necessaria per sostenere un'accusa, leggiamo nel Libro del Deuteronomio (17,6; 19,15) e questo requisito continua nella legge del nuovo Israele, la Chiesa (Matteo 18,16). Quando Samuele viene chiamato tre volte, le cose diventano assolutamente chiare al sacerdote Eli che si prende cura di lui (1 Samuele 3). Gesù tornò tre volte dai discepoli durante l'agonia nel giardino (Marco 14; Matteo 26) e la visione di Pietro a Joppe viene riportata tre volte (Atti 10). Questo potrebbe anche essere il significato dell'affermazione di Paolo che chiese al Signore «tre volte» di togliergli la debolezza che era diventata una spina nel fianco (2 Corinzi 12). È improbabile che lo intenda letteralmente, che abbia chiesto tre volte e poi non più, ma piuttosto che abbia pregato «ancora, ancora e ancora» fino a quando finalmente ha compreso qualcosa della grazia di Dio.

La debolezza di Pietro di fronte al tradimento di Gesù è confermata dal suo triplice rinnegamento e nel Vangelo di oggi gli viene data la famosa opportunità di rimediare a quel rinnegamento con una triplice professione del suo amore per Gesù (Giovanni 21). Proprio come aveva detto «no» alle tre domande che gli erano state poste durante la passione, ora dice «sì» alla domanda che Gesù gli pone tre volte: «Mi ami più di questi?». E questo accadde «la terza volta che Gesù si manifestò ai suoi discepoli dopo essere risorto dai morti».

Nella Prima Lettera di San Giovanni ci viene detto che tre testimoni rendono testimonianza dell'opera del Signore risorto nella Chiesa, lo Spirito, l'acqua e il sangue, e che questi tre sono concordi (1 Gv 5, 8). L'acqua e il sangue sgorgarono dal costato di Gesù mentre giaceva morto sulla croce e sappiamo dal suo Vangelo che questo momento è di particolare importanza per Giovanni (Gv 19,34). Lo Spirito è il terzo testimone, che sigilla la testimonianza degli altri due. Insieme rimandano al battesimo, all'Eucaristia e alla carità, alla vita sacramentale e spirituale della comunità cristiana. Questa è la testimonianza più potente al mondo della nuova vita che scaturisce dal Signore risorto: una comunità che vive secondo la nuova legge, condividendo la nuova vita di fede e di amore sigillata dallo Spirito di Dio.

Lo Spirito stesso è il terzo, l'amore che completa la Santissima Trinità, il sigillo, il bacio, il respiro, il legame che unisce il Padre e il Figlio. La triplicità tanto spesso menzionata nella Bibbia - testimoniare, confermare, rendere definitivo - è un segno che rimanda alla triplice unità di Dio. In relazione soprattutto al Padre, al Figlio e allo Spirito, al mistero della Vita divina rivelato nel mistero della morte del Figlio, possiamo dire «est, est, est»: è buono, è molto buono, è sovrabbondante eccellenza.

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