Un regalo più grande non potevi farmi, uno zampillo d’acqua fresca dopo giorni e giorni in un deserto che sai bene quanto arido. Sarò all’altezza di questo dono, lo prometto a me stessa.
Etty Hillesum

Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!
Caterina da Siena

domenica 13 luglio 2025

Settimana 15 Domenica (Anno C)

Letture: Deuteronomio 30,10-14; Salmo 69; Colossesi 1,15-20; Luca 10,25-37

La parabola del buon samaritano è una delle storie più perfette che troviamo nei Vangeli, talmente perfetta che ogni ulteriore commento sembra superfluo. Ciò non impedisce però che tali commenti vengano fatti, anche qui.

L'intenzione del dottore della legge è quella di mettere alla prova Gesù, di sconcertarlo, come dice un'altra traduzione. Gesù sconcertò il dottore della legge in modo molto più profondo di quanto non fece quest'ultimo. Innanzitutto con la sua risposta radicale alla domanda del dottore della legge «chi è il mio prossimo?». Tagliando corto qualsiasi dibattito potesse esserci in merito nei circoli accademici o religiosi, Gesù risponde semplicemente «chiunque e tutti quelli che incontri e che hanno bisogno del tuo aiuto». Non si tratta di cercare di decidere dove fissare i confini della vicinanza: chiunque, tutti, chi ha bisogno del tuo aiuto, è qualcuno che ti chiede di essere suo prossimo.

E questo è il secondo aspetto sconcertante della risposta di Gesù. Come spesso accade, egli ribalta la domanda trasformandola da passiva ad attiva: «Chi è il mio prossimo (così che io debba essere gentile con lui)» è la domanda del dottore della legge; «Chi di loro era il prossimo dell'uomo caduto nelle mani dei briganti?» è la domanda di Gesù. L'aspetto passivo della domanda è stato chiarito: chiunque può essere qualcuno verso cui dovresti essere prossimo. Ma cosa significa essere prossimo e come troviamo dentro di noi le risorse per vivere in questo modo?

Questo può far sembrare la parabola una semplice favola morale: seguite l'esempio del samaritano della storia, andate e fate lo stesso. Ma dove trovare la capacità di agire in questo modo, soprattutto quando il nostro prossimo non è qualcuno verso cui proviamo una naturale attrazione? È qui che può aiutarci un'interpretazione molto antica della parabola. Secondo questa interpretazione, il buon samaritano è Gesù. Colui che è caduto sulla strada è l'uomo comune, l'essere umano bisognoso di salvezza. La Parola di Dio, il Figlio eterno, viene ad aiutarci, a sollevarci e a riportarci alla salute e alla vita. Altri aspetti della storia vengono poi interpretati in modo da adattarsi a questa visione: l'olio e il vino sono i sacramenti della Chiesa che guariscono e rafforzano, la locanda è la Chiesa, l'albergatore sono i ministri della Chiesa, e così via.

In questo contesto, con le letture dal Deuteronomio e dalla Lettera ai Colossesi, sembra opportuno ricordare questa antica lettura cristologica della parabola. La Parola è molto vicina a te, sentiamo nella prima lettura. Sì, nel prossimo, possiamo dire, la chiamata alla fratellanza è proprio accanto a me, davanti a me, dietro l'angolo. Ma nel Verbo incarnato, la legge si è avvicinata molto a noi e attraverso le Scritture che ascoltiamo e i sacramenti che riceviamo, il Verbo entra in noi e dimora in noi. Quindi, più conosciamo Gesù e il suo modo di essere verso di noi, più apparteniamo a Lui e viviamo del suo Spirito, più forte è la nostra speranza di trovare dentro di noi le risorse per vivere come il Buon Samaritano.

Egli è l'immagine del Dio invisibile, sentiamo nella seconda lettura. Dio presente in Gesù viene in nostro aiuto per sollevarci dalle nostre difficoltà e rimetterci in piedi. Quindi non è solo un racconto morale, una storia incoraggiante di un'azione ammirevole per spingerci a essere morali a nostra volta. In questa interpretazione, la liturgia odierna nel suo insieme è anche un richiamo a come possiamo diventare simili a Cristo, conoscendolo, ricordando i modi in cui siamo stati aiutati quando eravamo bisognosi e afflitti, trovando in noi stessi la capacità di portare conforto agli altri che sono afflitti proprio come noi stessi siamo stati confortati.

È quindi una storia perfetta, non solo come meraviglioso racconto morale del mondo antico. È anche un'altra porta verso la Storia Perfetta, la venuta tra noi del Verbo di Dio, pieno di saggezza e compassione, che condivide con noi la sua vita e il suo spirito affinché possiamo avere qualche speranza di vivere secondo il grande comandamento che egli ha indicato.

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